Io sono con te – storia di Brigitte è il titolo dell’ultimo romanzo della scrittrice Melania Mazzucco edito da Einaudi che sarà presentato giovedì alle ore 18:00 alla Biblioteca europea in occasione dell’inaugurazione della mostra “Siriani in transito”.
“Amo molto la biblioteca europea, come utente, è un piacere presentarci il mio libro” esordisce la Mazzucco. E quale storia si adatta meglio ad un evento del genere se non quella di Brigitte, infermiera trentottenne che viene dal Congo, lasciata a Termini un pomeriggio senza sapere niente: né dove si trova, né la lingua, né tantomeno il valore dei venti euro che ha in tasca. Sa solo di essere di fronte a un bivio, quello rappresentato sulla copertina del libro, la sua vita precedente inevitabilmente perduta e quella a cui sta andando incontro inconsapevolmente, così diversa. Una storia colta nella sua totalità, che parte dall’arrivo e ricostruisce sprazzi delle due esistenze della protagonista, così simile a molte altre nella sua stessa condizione, eppure unica come ogni storia.
“Subiamo la dittatura dell’emergenza, senza ragionare sulla durata né concepire una prospettiva. Chi o cosa pensano, sono o diventeranno ci riguarda. Conoscerli e fare in modo che conoscano noi è necessario” dice la scrittrice nel suo libro.
La protagonista era un’infermiera madre di quattro figli, in Congo aveva creato due ospedali in cui si offrivano cure a basso prezzo. Posta dal governo di fronte ad una scelta scomoda, che andava contro i suoi principi e il giuramento di Ippocrate, decide di rinunciare ai soldi e a tutto. Verrà infatti perseguitata e sottoposta a tremende umiliazioni e violenze.
“Mi sembrava un modo giusto per far capire l’importanza delle scelte”afferma la scrittrice e aggiunge “Volevo raccontare la storia dei rifugiati diversa da quella presentata al livello mediatico; una sola storia, di una persona, non numeri e moltiplicazioni. E ho scelto di raccontare quella di una donna simile a me, per quanto più giovane, nei panni della quale potessi mettermi. Le donne rifugiate sono un numero esiguo rispetto agli uomini, ma sono quelle che spesso subiscono più traumi e per cui il viaggio è più difficile”.
L’autrice è entrata in contatto con il Centro Astalli nel 2011 in seguito ad una richiesta di collaborazione per delle prefazioni di libri nel progetto Terre senza promesse e poi come giurata per i concorsi letterari per le scuole la Scrittura non va in esilio e Scriviamo a colori. In un secondo momento, grazie a loro, è nata l’idea del libro.
Il tema della migrazione è qualcosa che sente radicato nella sua storia personale, come già espresso in Vita, vincitore del premio Strega nel 2003, ed esplorato nei documentari sui migranti del centro sperimentale di fotografia.

“Era importante parlare di questa tematica perché è un cambiamento epocale che sta succedendo. Si è sempre verificato nella storia ed è qualcosa che spaventa ma è anche una grande opportunità”.
L’incontro con Brigitte è stato un lungo viaggio: “era una persona di cui non sapevo niente ma di cui volevo conoscere tutto”.
“Ci sono voluti mesi per capire chi era prima del “naufragio. Ci siamo viste una volta alla settimana da luglio 2015. Ho iniziato con la parte italiana. La storia africana, più dolorosa me la sarei dovuta meritare, me la doveva donare lei” afferma l’autrice.
Inizialmente lei e Brigitte erano “vagabonde e derelitte” e si incontravano dove potevano. Poi la scrittrice è stata coinvolta nella vita dell’altra: “ho scelto di narrare di una persona in divenire, non volevo una storia di arrivo conclusa e risolta, ma una persona che battagliava”.
Ha vissuto l’arrivo di due dei suoi figli, le nuove dinamiche che la vedevano dopo tanto tempo tornare ad essere una madre e in questo è stata aiutata: “era vita vera che accadeva”.
Le informazioni contenute nel libro sono di prima mano per la parte vissuta insieme dalle due donne, invece la storia a ritroso è stata ripercorsa passo passo. “I posti dove è stata, perfino la panchina su cui dormiva. l’unica persona che non abbiamo rintracciato è padre Antoine, che gli ha dato il contatto iniziale del centro Astalli ma che non si è mai più trovato”.
E’ stata un’investigazione: “dovevo avere dei punti fermi e volevo raccontare le cose con lo sguardo di Brigitte, lo sguardo innamorato e riconoscente che aveva verso Francesca Napoli, la legale di Astalli che l’ha seguita e il dottor Santone, lo psichiatra del SaMiFo che l’ha avuta in cura. Dovevo incontrarli”.
Brigitte successivamente è stata ospitata tramite il progetto del San Bellarmino e ora si trova in un centro d’accoglienza temporaneamente con i figli. Il piccolo, di dodici anni, è bene integrato e frequenta le scuole medie a piazza Fiume, l’altro di 18 anni, è arrivato minorenne tramite il ricongiungimento familiare, e ora, dopo aver finito il corso di italiano, è alla ricerca di lavoro. Le bambine sono ancora in Africa e Brigitte aspetta di trovare un alloggio fisso e un lavoro più redditizio per farle venire. Lavora infatti al Regina Mundi ma fa turni di notte mal conciliabili con la cura dei bambini.
“Non è facile, è sola senza marito come molte donne rifugiate, la difficoltà di integrazione è doppia, lavorare con i figli non è facile senza parenti su cui contare”. Melania e Brigitte stanno cercando insieme di ottenere il riconoscimento dei titoli che aveva nel suo Paese.
Tra le due donne si è creato un bel rapporto di amicizia. “Ci siamo sentite anche questa mattina per organizzare l’incontro, purtroppo facendo il turno di sera non potrà esserci domani ma spera di essere presente a quello del 19 marzo all’Auditorium Libri come”.
La situazione romana dell’accoglienza, al momento, è considerata dalla scrittrice un imbuto: ci sono più persone di quante se ne possono contenere e si riproduce in chiave ridotta quello che è un problema internazionale. “Credo che la pecca di Roma sia legata a quello che poi è anche il suo vanto: nel nord Italia se ne occupano strutture laiche, qui è stato dato tutto in mano alla chiesa, a Sant’Egidio, alla Caritas e a strutture più piccole, e questo ha impigrito le istituzioni, come se fossero giustificate nella loro inerzia”.

In Io sono con te è l’autrice stessa ad entrare nella storia: mentre va a studiare a Piazza Venezia, ignara che nella panchina adiacente ci potrebbe essere Brigitte che lotta contro il freddo notturno e i mostri del suo passato, sulle rive del lago Son-Kol a 4000 metri, mentre l’altra disperata viene cacciata da Casa di Giorgia dopo un anno e mezzo, finché le due vite non si intersecano consciamente, sempre di più, fino a camminarsi accanto.
“La dobbiamo scrivere la loro storia che ormai è anche la nostra. Non soltanto per loro. Ma per noi. Mi pare diventato necessario” scrive nel libro.
Elena Fratini
(22-02-2017)
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