Mariacarla Indice, Amnesty International, Leonardo Palmisano, sociologo in collegamento telefonico, Domenico Verdoscia, operatore umanitario esperto in MSNA, Gianluca Nigro, operatore sociale e scrittore, Refugee Welcome e Baobab Experience, tutti seduti in cerchio, oratori e ascoltatori, intorno alla parola “Accoglienza” per ripercorrerne il significato dallo sbarco dei migranti, l’ingresso e uscita dagli Hotspot fino all’arrivo a Roma, tappa di snodo verso il “futuro”. L’evento, svoltosi presso la Libreria Assaggi giovedì 23 febbraio, è stato organizzato dal Gruppo 1 di Amnesty International Italia che, nella persona di Francesco Pietanza, ha moderato l’incontro.
L’intento della tavola rotonda è quello di raccontare attraverso la narrazione oggettiva degli attori delle diverse fasi, il percorso dell’accoglienza per darne una visione d’insieme che esuli dalle etichette sia del “buonismo” che del “razzismo”.
Inizia Mariacarla Indice che riassume le pratiche a cui appena sbarcati, ed è fondamentale quel “appena”, vengono sottoposti i migranti. Il recente rapporto annuale 2016-2017 di Amnesty International, che già dalla sua introduzione ben riassume l’attuale quadro storico-politico-sociale, riporta la definizione di hotspot della Comunità Europea che si può schematizzare in un iter di 3 tappe: identificazione, screening, accoglienza o espulsione. “Sempre in quel tempo “appena sbarcati” avviene lo screening preceduto da una breve introduzione informativa ad opera degli operatori UNHCR e Save the Children che cercano di spiegare ai migranti i moduli che andranno a compilare. Ecco il modulo:
E’ evidente la poca chiarezza di questo modulo che si presta a risposte confuse. Molti sono i dinieghi e un esiguo numero di richiedenti asilo rientra nel programma Relocation, in Italia solo per i Siriani e gli Eritrei. Questo fa sì che gli hotspot diventino veri e propri centri di permanenza a tempo indeterminato in uno stato di sospensione”.
Leonardo Palmisano, in collegamento telefonico dalla Puglia dove si è recato per i recenti sviluppi sul caso di Paola Clemente, evidenzia l’assenza dell’accoglienza “informale”, quella che tiene conto dell’umanità e della persona in quanto “essere umano”. Un clima culturale che costruisce l’idea del migrante come ostile, vedi il caso Mafia Capitale e quanto ha generato, soffoca proprio quell’accoglienza umana creando terreno fertile per manifestazioni di violenza, soprattutto dove è assente un lavoro di inclusione sociale da parte delle istituzioni.
Le conseguenze più gravi di un sistema accoglienza che non funziona le pagano, come sempre, i più deboli, come evidenziato da Domenico Verdoscia, ossia i minori stranieri non accompagnati e le donne.
Il suo esempio vivo è l’hotspot di Pozzallo in Sicilia: “è importante evidenziare le discriminanti all’interno di questi veri e propri contenitori, forniti di barriere e recinzioni. La capienza massima ufficiale dell’hotspot Pozzallo dovrebbe essere di 180 persone senza diversificazione di genere, età, religioni, nazionalità: tutti insieme, spesso per tempi abbastanza lunghi, tutti sospesi in attesa cercando di capire come poter uscire. Per l’operatore di polizia loro sono numeri sequenziali in base allo sbarco, per l’operatore umanitario sono esseri umani da ascoltare, comprendere e aiutare in un momento drammatico a tradurre dinamiche negative in positive. Chiedere a un migrante “come stai?” non lo fa nessuno!” Parlando di numeri concreti riferendosi a MSNA e donne con bambini Verdoscia prosegue “il 27 Gennaio ne sono arrivati 482, il 28 altri 240: a voi i calcoli e immaginare quanta gente c’era in un hotspot con capienza massima di 180. Nello stesso spazio mangiano, dormono, svolgono tutte le attività: come possono vivere in condizioni umane? Pensate a una coppia di siriani con una bimba di pochi mesi idrocefala, come è possibile aiutarla in un contesto del genere? “
Gianluca Nigro, grazie alla sua esperienza con i braccianti e il caporalato, racconta quel che accade una volta usciti dagli hotspot. L’elemento più importante messo in evidenza è il trattamento di un fenomeno ormai strutturale come se fosse ancora un’emergenza, con luoghi di accoglienza mai all’altezza dei numeri che quindi generano condizioni non vivibili. Il problema del lavoro viene scarsamente trattato, si chiudono gli occhi, non se ne parla. Lo sfruttamento dei braccianti stranieri ha radici lontane ma soltanto negli ultimi decenni è emerso. Ci sono interi settori economici che si reggono sul lavoro migrante, non potendo accedere ad altri tipi di lavoro o per irregolarità o per assenza di preparazione. “Occorre portare l’attenzione sulla regolarizzazione del loro lavoro, riconoscendone diritti e doveri.”
Refugee Welcome con Sara e Baobab Experience con Valerio presentano la loro esperienza quotidiana.
Per Refugee Welcome “Oltre l’hotspot significa superare la logica dell’emergenza e parlare di integrazione riflettendo sull’inclusione sociale che è il nostro ambito. Proponiamo un modello che parta dal basso costruito insieme ai cittadini che, accedendo alla nostra piattaforma online, vengono informati su come poter partecipare. Il nostro motto? In famiglia tutto è più semplice”. L’ultimo esempio concreto è Nonna Concetta di Catania, 80 anni, che ha aperto le porte della sua casa ad Alpha, diciottenne originario del Gambia.
La Tavola Rotonda si chiude così: con l’entusiasmo e la viva forza di volontà nel far dell’inclusione sociale e dell’accoglienza dal basso quella goccia d’acqua che, giorno dopo giorno, possa far risvegliare e muovere con consapevolezza le istituzioni, che finora hanno seminato solo tante promesse.
La sfida dell’accoglienza continua!
Silvia Costantini
(1 Marzo 2017)
Leggi anche: