Nata e cresciuta a Mogadiscio, dove da ragazza è stata eletta Miss Somalia, Shukri Said, 46 anni, è arrivata in Italia nel 1991, poco prima dello scoppio della Guerra civile nel suo paese. Un compagno e due figli, Alessandro e Adriano, oggi Shukri è portavoce dell’associazione “Migrare”, Osservatorio sul fenomeno dell’immigrazione che ha fondato nel 2008. Cronista ed editorialista sulla politica italiana per El Pais e blogger per Repubblica.it con il suo “Primavera Africana”. Shukri ha fondato due anni fa, insieme al compianto Massimo Bordin, voce e anima di radio radicale, la rubrica della radio “Africa Oggi” ”quando – dice – della politica africana non si occupava e non si interessava nessuno, tantomeno al nostro ministero degli Esteri”.Una protagonista di quella minoranza colta e laica, composta da persone che hanno acquisto la cittadinanza del nostro paese, che dovrebbe essere chiamata dai media e dalla politica a partecipare in prima linea al dibattito in corso sul fenomeno dell’immigrazione, ma che, invece, ne resta ai margini.
Al 41 °congresso radicale
L’incontro con Shukri Said avviene nel corso della prima giornata dei lavori del 41° congresso del partito radicale, mentre si stanno risolvendo con gli sbarchi a Lampedusa e a Malta le ultime tragiche vicende che riguardano le navi Axel e Alan Kurdi delle Ong.Di migranti oggi si parla tutti i giorni ma quasi a livello di “merce” da trasferire da un posto a un altro, nel tempo più breve possible, per poi rapidamente dimenticarsene. Quando qualcuno di loro viene intervistato emerge lo stereotipo del profugo “accattone” in cerca di lavoro o in fuga dalla guerra, quasi che presi separatamente non avessero, ognuno, dignità di persona. Perchè? “Tutti parlano degli immigrati, a loro insaputa. Si trascura il fatto che l’immigrazione è un fenomeno geoeconomico che non può e non deve essere impedito perché appartiene al diritto di ogni uomo di cercare la felicità. Un fenomeno che può e deve essere gestito affinché non si trasformi in fonte d’infelicità per il migrante e per chi lo ospita. Contribuire alla gestione dell’immigrazione è un impegno ambizioso perché coinvolge aspetti sociali, economici, politici, culturali, antropologici e non solo. Comporta l’approfondimento dell’uomo in tutte le sue caratteristiche e aspirazioni moltiplicate per l’interpretazione che se ne dà in tutti i meridiani e in tutti i paralleli. Uno studio affascinante, che affonda le sue radici nel concetto più straordinario che sia mai stato intuito: libertà. L’attuale classe politica invece di incalanare e interpretare i desideri del popolo, riuscendo a bilanciarli con l’interesse comune di una nazione progredita, conferisce dignità di interesse nazionale alla pancia del popolo. I giornali e i media si muovono di conseguenza”. L’Europa critica l’atteggiamento del nostro ministro dell’Interno Salvini, ma allo stesso tempo non riesce a sbloccare la riforma del trattato di Dublino che dovrebbe portare a una gestione maggiormente condivisa, da da parte di tutti i paesi dell’Unione, del fenomeno dell’immigrazione e a una condanna corale di quanto sta accadendo in Libia con il massacro dei migranti. Chi deve fare il primo passo a questo punto? “Il trattato di Dublino che affida al paese di prima accoglienza la richiesta d’asilo da parte del rifugiato è stato firmato nel 2003 dal governo Berlusconi di cui faceva parte anche la Lega che ora con il ministro Salvini lo condanna. E’ stato proprio questo il primo sbaglio, poi riconfermato nel 2013 dal governo a guida Pd. Un passo che ora lo stesso Renzi disconosce, addossandone la responsabilità al solo ministro Minniti, come se lui non fosse stato a quel tempo il segretario del partito. L’Italia non è un paese capace di strutturare l’accoglienza come gli altri stati europei, non siamo attrezzati per questo. Ci saremmo dovuti concentrare solo sulla prima accoglienza, lasciando poi che le persone raggiungessero le loro destinazioni finali”.Esattamente il contrario di quanto sta accadendo ora“Il fatto grave è che l’Europa e l’Italia per prima, che ha fatto accordi con i capi delle milizie libiche pur di “risolvere” il problema degli sbarchi, conosce perfettamente le condizioni in cui vengono da sempre detenuti i migranti una volta arrivati o riportati in Libia: torturati, ricattati, con i bambini venduti per il traffico d’organi. Ma al momento i paesi Ue non sono disposti a salvare questa gente, piuttosto pensano di mettere un “tappo”per turare la falla”.
Rilasciare i visti ai richiedenti asilo attraverso le ambasciate
Dunque secondo lei tutti i migranti detenuti nei centri libici andrebbero liberati così come starebbe valutando di fare il ministro dell’Interno libico Fathi Bashagha?“Sì, devono essere evacuati con l’intervento congiunto delle istituzioni europee. Non c’è altro tempo da perdere. E per scongiurare in futuro situazioni del genere penso che l’unica cosa da fare sia quella di dotare le ambasciate dei vari paesi europei dei moduli per il rilascio sul posto dei visti per i richiedenti asilo. Sarebbe anche ora di smettere di piangersi addosso sui migranti e di cambiare piuttosto la politica estera nei confronti dei paesi terzi dai quali l’Europa si approvvigiona da sempre di materie prime. Costringere i governanti di quei paesi, quasi sempre dei dittatori, a rispettare accordi internazionali di pace, in modo che la gente non sia costretta a lasciare il proprio paese. D’altra parte la forza che spinge gli individui a migliorare la propria posizione economica o a fuggire da un pericolo per la propria vita imminente non si può fermare”.Prima di dedicarsi alle politiche migratorie Shukry Said ha interpretato nella fiction “Don Matteo”accanto a Terence Hill, la parte di Jamila, prima, avvenente, carabiniera di colore. E’vero che è stata estromessa in seguito a una politica di discriminazione razziale? “Il personaggio di Jamila, scritto “incautamente” dagli sceneggiatori della serie tv nel 2008, annunciava sulla prima rete l’apertura verso il processo di integrazione degli stranieri. Era troppo in vista, tanto da oscurare lo stesso protagonista Terence Hill, e troppo “rivoluzionario” per i dirigenti dell’epoca. Già nella conferenza stampa di presentazione mi misero in una posizione nascosta al tavolo degli attori e non mi fecero rilasciare dichiarazioni. Io avevo firmato un contratto come personaggio fisso della fiction, dopo la prima apparizione l’audience fu altissima, ma la Rai non ebbe il coraggio di difendere il suo personaggio. Fui “mobbizzata” andavo sul set e non mi facevano lavorare, tenendomi in disparte e a disposizione. In seguito il mio nome non comparve più tra quelli del cast”. Ma non ci fu nessuno nel consiglio della Rai, nemmeno a sinistra che prese le sue difese, anche in nome del messaggio di convivenza e integrazione tra “bianchi” e “neri”rappresentato dal suo personaggio? “Nessuno. Non volevano sollevare “polveroni” . Alla fine fui costretta a lasciare per non perdere la mia dignità e per un problema etico: rappresentavo il 10 per cento di una popolazione, quella minoranza italiana che ha la cittadinanza ma che non deve emergere, limitandosi a ricoprire solo incarichi di serie b: badanti, lavoratori dei campi ecc. Ci ho rimesso il ruolo, ma ho preso le distanze da tutto ciò pagando un prezzo altissimo nel mondo del cinema e della fiction italiani, dove sapevo, non mi avrebbero più fatto lavorare”.E’ stato allora Shukry Said che ha cambiato mestiere diventando giornalista?“I miei familiari mi hanno aiutata, mi sono stati vicini e sono ripartita. Ho creato l’Osservatorio perchè mi sono resa conto che serviva un contraddittorio culturale che provenisse dalla minoranza italiana di questo paese. Io non mi sento una straniera, ho giurato sulla Costituzione Italiana e appartengo a tutti gli effetti a questo paese insieme ai miei figli e al mio compagno e pretendo rispetto per i miei diritti”.
Francesca Cusumano(10 luglio 2019)
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