Migranti in Libia, politiche reticenti e emergenza umanitaria

• Hanno tentato la traversata del Mediterraneo e sono stati riportati nei centri di detenzione più di 8.600 migranti nel 2019; almeno 953, di cui 136 donne e 85 bambini, nelle prime due settimane di gennaio di quest’anno. (Fonte: Oim)• 4.500 sono le persone trattenute nei centri di detenzione ufficiali in Libia, a cui sono da aggiungere i circa 4.000 nei centri non ufficiali. (Fonte: Ispi)

Migranti in Libia Fonte fanpage.it
Migranti in Libia. Fonte fanpage.it

Migranti in Libia, quale sarà la loro sorte?

Nella bozza di rinegoziazione del Memorandum — resa nota da avvenire.it il 12 febbraio — l’Italia chiede alla Parte libica l’impegno a:• migliorare le condizioni dei migranti attraverso interventi coordinati dall’Onu, con il “conseguente progressivo adeguamento dei centri” e l’esclusione del personale “che non abbia adeguate credenziali in materia di diritti umani”;• procedere “al rilascio di donne, bambini e individui vulnerabili dai centri” nelle zone più esposte ai rischi della guerra;• favorire “l’istituzione di un sistema di strutture posto sotto il controllo del Ministero della Giustizia libico e basato sullo Stato di diritto… nel rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951”.Ora, tralasciando il fatto che la Libia non ha mai sottoscritto la Convenzione e che i tempi e le modalità di attuazione di ciò che l’Italia chiede sono del tutto vaghi, sorgono alcune domande:• perché adesso, in una situazione aggravata dalla guerra, quel pezzetto di Stato che è il Gna di Serraj dovrebbe garantire un impegno che nei 3 anni precedenti ha palesemente disatteso?• Perché il Governo italiano non esige con fermezza il rispetto dei diritti umani come condizione della fornitura di finanziamenti, mezzi e risorse, prevedendo delle sanzioni?• Perché, pur essendo note le responsabilità di quel Governo nelle pratiche di violenza nei centri e la sua commistione con la criminalità, il linguaggio usato nella bozza non esprime l’urgenza di impedire che i diritti umani vengano violati e usa, invece, formule ambigue e reticenti?Le azioni dell’Unhcr per i migranti in Libia e l’opinione di chi opera nell’accoglienza e per l’integrazione.Nella situazione drammatica della Libia come agisce l’Unhcr? E quali scelte politiche sono necessarie?Le interviste aCarlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa e Simone Andreotti, presidente della Cooperativa Sociale InMigrazione, impegnata nella ricerca e nell’accoglienza in Italia.Il Governo italiano, nella bozza di rinegoziazione del Memorandum, ha presentato delle richieste al Governo di Serraj per garantire il rispetto dei diritti umani. Sono credibili?

Carlotta Sami, portavoce Unhcr Sud Europa
Carlotta Sami, portavoce Unhcr Sud Europa

Sami: “L’Unhcr non commenta i contenuti della bozza, essendo questa solo il punto di partenza per una negoziazione bilaterale dai contorni ancora da definire. Nel frattempo, l’Unhcr continuerà le sue operazioni in Libia, dove la situazione dei diritti umani rimane fonte di grande preoccupazione. Sappiamo bene quali e quanti siano i limiti e le difficoltà per il nostro operato: milizie estremamente potenti si spartiscono il terreno e non abbiamo altra scelta se non quella di dialogare con interlocutori lì presenti. Abbiamo accesso esclusivamente sporadico a un numero limitato di centri di detenzione governativi. Ve ne sono molti altri, alcuni gestiti da trafficanti di esseri umani, cui non abbiamo alcun accesso.Il numero delle persone in detenzione nei centri “ufficiali” è però diminuito rispetto al 2019, anche grazie alla costante attività di richiesta di liberazione: sono ora meno di 2.000, contro le oltre 5.000 nello stesso periodo del 2019.L’Unhcr chiede ancora la fine della detenzione indefinita e arbitraria. Ha, inoltre, esteso l’assistenza ai 43.000 rifugiati che si stima vivano nelle aree urbane e, in collaborazione con altri partner e agenzie delle Nazioni Unite, cerca di assistere i cittadini libici colpiti dal conflitto, stimati ad oltre 350 mila.”

Simone Andreotti - Presidente Cooperativa Sociale InMigrazione
Simone Andreotti – Presidente Cooperativa Sociale InMigrazione

Andreotti: “La situazione dei centri di detenzione in Libia oggi, dove alla sistematica violazione dei diritti umani si aggiunge la guerra, è tanto drammatica che l’unica soluzione proponibile è l’evacuazione immediata dei rifugiati. Dovrebbe essere l’Europa ad assumersi l’onere di prevedere sanzioni; invece fare accordi con la Libia non mi pare una manifestazione di politica estera lungimirante: se si bloccano in Libia i migranti, si creano i presupposti perché aumentino gli sbarchi irregolari, alimentando il traffico illegale. E non è certo un modo per garantire sicurezza.”Quali sono gli interventi proponibili per tutelare i migranti trattenuti nei centri?Sami: “L’Unhcr chiede all’Italia e agli altri Stati europei di aumentare il numero di posti a disposizione per il reinsediamento dei rifugiati più vulnerabili fuori dalla Libia. Nel 2019 sono stati reinsediati solo 63.696 rifugiati a livello globale, a fronte di un fabbisogno di 1.4 milioni posti. Allo stesso modo, chiede ai Paesi di mettere a disposizione delle evacuazioni umanitarie di emergenza come quelle effettuate verso l’Italia, le quali ci hanno permesso di evacuare circa 800 persone direttamente dalla Libia negli ultimi due anni. Ringraziamo il governo italiano per questo sforzo che ci auguriamo continui anche nel 2020 e possa essere fonte di ispirazione per altri Paesi.Inoltre, l’Unhcr ha bisogno di più partner in Libia che aiutino a fornire assistenza alle persone vulnerabili che vivono nei centri urbani. Infine, chiede alla comunità internazionale di rafforzare il sostegno ai primi paesi d’asilo affinché possano offrire delle opportunità di vita e di lavoro dignitose ai rifugiati per evitare che questi ultimi siano spinti a muoversi verso la Libia e oltre.”Andreotti: “Si dovrebbero individuare delle zone franche in territori sicuri, al riparo da guerra e trafficanti, in cui trasferire i migranti detenuti nei centri, procedere alla valutazione delle domande di asilo e rilasciare visti. È palese che la Libia non solo non è un Paese sicuro e non garantisce né la vita né la dignità delle persone, ma non può nemmeno svolgere queste operazioni, che dovrebbero quindi essere demandate ai Paesi europei di arrivo. La creazione, invece, di strutture nei territori sicuri sarebbe un primo passo per la realizzazione di una politica comune europea.”L’alternativa all’attuale emergenza in Libia è una politica che punti a regolarizzare gli ingressi, con corridoi umanitari e altro?Sami: “I corridoi umanitari sono già una realtà. Ad oggi, oltre 2.000 rifugiati e persone con esigenze specifiche sono stati trasferiti in Italia, soprattutto da Libano e Etiopia, attraverso dei corridoi realizzati nel quadro di una serie di protocolli tra MOI, MAE e quattro realtà religiose. Questo programma, nato nel 2015, è stato anche vincitore regionale per l’Europa dell’edizione 2019 del Premio Nansen per i Rifugiati dell’Unhcr. Programmi simili esistono già in altri Paesi europei. Bisogna rafforzarli e ampliarli per garantire a un numero sempre maggiore di rifugiati e persone con esigenze specifiche un canale sicuro per ricevere protezione e la possibilità di ricostruirsi un futuro migliore in Europa.”Andreotti: “Per situazione dei migranti in Libia, che è davvero un’emergenza, l’unica soluzione è, come dicevo prima, quella della evacuazione e della creazione di zone franche. Ma il problema è che manca una politica seria che affronti la questione dell’immigrazione con lungimiranza e l’Italia, in modo particolare, ha dimostrato di non avere capacità di visione. Questo la rende debole nel momento in cui deve affrontare situazioni internazionali difficili come la Libia. In mancanza di una politica chiara capace di ridisegnare l’intero sistema d’accoglienza, dalle modalità di arrivo alle pratiche di integrazione, procede con piccoli correttivi e toppe. Per esempio, sui Cas questo Governo non è intervenuto con un nuovo capitolato che delineasse il funzionamento di questo pezzo del sistema, ma si è limitato a emanare una circolare alle Prefetture con l’indicazione di aumentare i soldi se i bandi vanno a vuoto. Un segnale chiaro che mi aspetto è che si ritorni al sistema Sprar aperti anche ai richiedenti asilo. Un sistema di accoglienza e integrazione che funzioni è fondamentale anche per combattere le paure e garantire sicurezza nei territori.”

Luciana Scarcia(18 febbraio 2020)

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