Piuculture intervista AlarmPhone, Borderline-Europe e Frontex

Sono in aumento le partenze, i respingimenti ma anche gli sbarchi dei migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Secondo gli ultimi dati a disposizione, aggiornati al 3 luglio e diffusi dal Ministero dell’Interno, dall’1 gennaio sono 7.314 i migranti sbarcati in Italia. Comparando i dati con quelli relativi all’intero 2019, sono oltre 4.500 in più. Come riportato in un recente comunicato stampa di Oxfam, dall’inizio dell’anno ci sono state oltre 230 vittime lungo la rotta del Mediterraneo centrale, almeno 5.500 dalla firma dell’accordo tra Italia e Libia, siglato nel 2017. Secondo il documento, l’Italia avrebbe intenzione di continuare ad aumentare gli stanziamenti alla Guardia Costiera libica, con 3 milioni in più nel 2020.

La drammatica situazione è resa ancora più complicata dall’emergenza Covid-19 che ha imposto nuove misure straordinarie, come dimostrato dal caso della Ocean Viking: la nave di Sos Mediterranée, che da più di 10 giorni ospita 180 migranti a bordo, e che ha dichiarato lo stato di emergenza. Si tratta di un passo senza precedenti per la ONG, una decisione estrema presa dopo sette richieste, rimaste inascoltate, di assegnazione di un Place of Safety (POS) alle autorità marittime e una tensione crescente che ha portato a scontri fra gli stessi sopravvissuti e a sei diversi tentativi di suicidio. Oggi è arrivata l’autorizzazione, da parte delle autorità italiane, a far sbarcare i migranti a Porto Empedocle, località che la Ocean Viking raggiungerà nella mattinata di domani. Precedentemente era stato disposto il trasbordo dei migranti sulla nave-quarantena Moby Zazà, dove alloggiano già altri 211 naufraghi, di cui 30 risultano positivi al Covid-19, che stanno ultimando il periodo di isolamento.

Per comprendere meglio la difficile situazione in atto nel Mediterraneo centrale, Piuculture intervista Chiara Denaro di AlarmPhone, Judith Gleitze di Borderline-Europe e Chris Borowski, portavoce, capo del team editoriale e dei social media dell’Agenzia europea Frontex.

AlarmPhone e Borderline-Europe

Emergenza migranti e Covid-19

“Il Covid-19 ha portato all’introduzione di nuove restrizioni, con Italia e Malta che hanno dichiarato i propri porti non sicuri – dichiara Chiara Denaro di AlarmPhone –. In entrambe le nazioni sono state individuate navi come luoghi di quarantena, destando grave preoccupazione per la tutela dei diritti fondamentali delle persone a bordo, sottoposte de facto a detenzione. Il timore è legato all’attuazione di misure preventive discriminatorie rispetto ad altre persone in arrivo in Italia; allo scarso accesso alla salute pubblica per le persone trattenute a bordo; ai rischi connessi alla detenzione in mare di persone traumatizzate; al limitato accesso della stampa a bordo e al mancato accesso delle organizzazioni internazionali, con possibili conseguenze in termini di mancata informativa legale. L’Italia vuole ad ogni costo che i migranti si fermino in Libia. Se nei prossimi mesi si verificherà un aumento dei viaggi e, conseguentemente, dei respingimenti dipenderà non solo dalle condizioni metereologiche e dalle evoluzioni connesse alla guerra in Libia, ma anche da come procederà la discussione sul Memorandum fra l’Italia e la Libia”. Si è infatti riunito a Roma il 2 luglio, presso il ministero dell’Interno, il comitato misto italo-libico che ha avviato il negoziato per la modifica del Memorandum bilaterale del 2017 sulla cooperazione in campo migratorio.

Le partenze dalla Tunisia

“La situazione nel Mediterraneo centrale è attualmente abbastanza complessa. Le imbarcazioni che partono dalla Tunisia raggiungono generalmente l’Italia in maniera autonoma, dunque senza essere intercettate o soccorse nell’ambito di operazioni di Search and Rescue. Tra le principali località di partenza ci sono le zone di Sfax e talvolta Zarzis, ma chi arriva direttamente in Sicilia parte anche dal nord della Tunisia. Prevalentemente si tratta di cittadini tunisini, ma occasionalmente si trovano a bordo delle barche anche cittadini di Paesi subsahariani i quali, il più delle volte, dopo aver attraversato il confine con la Libia decidono di proseguire il loro viaggio. Ad oggi la Tunisia non ha un vero sistema di asilo: le condizioni di accoglienza sono completamente inadeguate e l’accesso ai diritti civili, politici e sociali per i richiedenti asilo e i rifugiati, ma anche per coloro che si spostano nell’intento di cercare condizioni lavorative maggiormente dignitose, appare estremamente limitato, se non inesistente”.

Il coinvolgimento della Libia

“Per ciò che concerne i migranti provenienti dalla Libia si è osservato come le persone che oggi allertano Alarm Phone (AP) siano maggiormente traumatizzate rispetto al passato, e condividano spesso racconti di torture, stupri e violenze di ogni genere. Le maggiori località di partenza dalla Libia sono le zone a nord della costa tra Al Khoms e Zuwarah. Nella stragrande maggioranza dei casi non si rileva la presenza di ‘scafisti’ a bordo, quanto piuttosto la conduzione delle barche da parte di semplici migranti con eventuale esperienza pregressa di navigazione. La cosiddetta Guardia Costiera (GC) libica è sempre coinvolta dalle autorità maltesi ed italiane quando Alarm Phone annuncia un caso di imbarcazione in difficoltà. In realtà la GC libica è composta da diverse Guardie Costiere e queste non lavorano come dovrebbero, risultando spesso non raggiungibili. Proprio nei giorni scorsi (26 giugno, ndr) abbiamo potuto constatare come le navi della missione Irini (EUNAVFOR MED) e Nauras, pur essendo nei pressi di un’imbarcazione in pericolo e consapevoli delle difficoltà, non hanno prestato soccorso ma hanno preferito aspettare i libici per far portare indietro i migranti”.

Gli accordi con la Libia

“La politica UE degli accordi con i Paesi di origine, partenza e transito dei migranti è in continua evoluzione e ampliamento. Gli accordi con la Libia rappresentano un esempio di aperta violazione dei principi di tutela dei diritti umani. Essi si fondano sul presupposto che la Libia sia un Paese sicuro e che sia in grado di gestire una propria zona SAR (Search and Rescue) attraverso l’operato della cosiddetta Guardia Costiera libica. Tale presupposto non trova riscontro nella realtà di un Paese in guerra dove le pratiche di detenzione, tortura a fini di estorsione e utilizzo sistematico di diverse forme di violenza fisica, psicologica e sessuale trovano ampia applicazione. Durante le nostre attività, che hanno tra le finalità quella di ascoltare e amplificare la voce dei migranti che attraversano il Mediterraneo, raccogliendone e diffondendone le testimonianze, abbiamo avuto la possibilità di osservare l’utilizzo da parte della cosiddetta GC libica, finanziata dall’Italia e dall’UE, di modalità operative non rispettose dei diritti umani fondamentali, sia in mare che in momenti immediatamente successivi allo sbarco. Da un punto di vista legale, a nostro avviso le operazioni di intercettazione dei migranti da parte della GC libica, spesso coordinate dall’Europa, violano il principio di non-refoulement (l’obbligo di non trasferimento di un rifugiato o di un richiedente asilo in un luogo nel quale la sua vita o la sua libertà sarebbero in pericolo, ndr). Questo perché la Libia non è un Paese sicuro, non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra ed è teatro di molteplici abusi e violazioni nei confronti dei migranti, anche perché alcuni di loro, che a caro prezzo sono riusciti a fuggire dai lager libici, preferirebbero morire in mare piuttosto che essere respinti”.

I mezzi di ricerca e soccorso

Secondo AlarmPhone e Borderline-Europe, “attualmente la presenza di mezzi incaricati di svolgere operazioni di ricerca e soccorso è estremamente limitata. In passato si era visto un forte coinvolgimento dell’Italia con l’operazione Mare nostrum, e successivamente una riduzione del suo raggio di azione e delle capacità operative con le operazioni Triton e Sofia. Ma oggi gli unici attori presenti nel Mediterraneo con funzione di soccorso risultano essere le ONG. Infatti anche nei casi in cui mezzi navali della recente operazione Irini sembrino essere nelle vicinanze delle imbarcazioni che ci contattano, non si constata un loro intervento tempestivo, nonostante noi allertiamo sempre la Guardia Costiera italiana e quella maltese. Spesso la GC maltese non risponde e se lo fa, così come la GC italiana, ci suggerisce di chiamare i libici. Le ONG, oltre a essere l’unica forma di intervento SAR attualmente in campo nel Mediterraneo centrale, contribuiscono alla definizione di counter-narratives sulle migrazioni, mantenendo alta l’attenzione sulle violazioni sistematiche subite dai migranti e sulla necessità di condurre le persone soccorse verso un POS che non può di certo essere la Libia”.

Frontex

I respingimenti restano illegali

Nei primi cinque mesi del 2020 oltre 5.700 migranti irregolari hanno attraversato il Mediterraneo centrale, quasi tre volte in più rispetto allo stesso periodo nel 2019 – specifica Chris Borowski, portavoce, capo del team editoriale e dei social media dell’agenzia europea Frontex –. Solo nel mese di maggio 2020 circa 1.300 migranti hanno attraversato il Mediterraneo, con un aumento del 75% rispetto al mese precedente. La nostra agenzia attualmente supporta gli Stati membri dell’UE alle frontiere esterne per far fronte all’afflusso di migranti, incluso il sostegno alla loro registrazione e alla determinazione della nazionalità. Inoltre forniamo navi e aerei per aiutare a pattugliare i confini nazionali. Attualmente ci sono molti fattori che influenzano i movimenti dei migranti, non da ultimo quello relativo alla pandemia Covid-19, della quale è quasi impossibile prevedere lo sviluppo futuro. Abbiamo visto i numeri di casi di Coronavirus scendere a livelli minimi ad aprile e rimanere piuttosto bassi anche a maggio, ma è troppo presto per fare previsioni attendibili. Tuttavia, nonostante il Coronavirus, l’unica politica sui respingimenti è che sono e restano illegali ai sensi delle leggi internazionali ed europee. Questo non cambia”. Sul ruolo svolto dalla Guardia Costiera libica nel contrastare il fenomeno migratorio, il portavoce di Frontex dichiara chenon collaboriamo con la Guardia Costiera libica, quindi non siamo in grado di rispondere a questa domanda”.

Covid-19 e gestione delle frontiere

Durante l’emergenza Covid-19 abbiamo ridotto il numero di dipendenti che lavorano nella nostra sede di Varsavia e siamo passati a un sistema di lavoro a turni per il personale essenziale in ufficio. Per quanto riguarda le nostre operazioni, ci siamo concentrati sulle quelle che richiedevano il massimo supporto, soprattutto in Grecia. Continuiamo ad avere una grande presenza lì, mentre abbiamo ridotto la nostra presenza in altre operazioni. Infine, abbiamo reso ‘online’ la formazione per le reclute presso il corpo permanente di Frontex, il primo servizio di polizia in uniforme dell’UE, per la prima parte della formazione di base. La pandemia ha dimostrato che la gestione delle frontiere non riguarda solo la migrazione irregolare o la lotta alla criminalità transnazionale, ma anche la corretta gestione della mobilità umana. Questa emergenza ha anche evidenziato la necessità di un approccio europeo al controllo delle frontiere e di norme sanitarie comuni. Qualora l’andamento della pandemia dovesse peggiorare, considereremo come adattare nuovamente il nostro lavoro e le nostre operazioni”.

Non si può fermare la migrazione

Sulla necessità della riforma della legge sull’asilo, attualmente in discussione a Bruxelles, Borowski risponde che “questa domanda dovrebbe essere rivolta ai responsabili politici, in particolare alla Commissione europea, nonché ai leader politici nazionali. Personalmente, dubito che i politici stiano prendendo in considerazione l’arresto della migrazione come uno scenario possibile. Il problema è più la capacità di controllarlo, fornendo modi sicuri e legali per le persone di viaggiare in Europa. Una cosa è certa: il controllo delle frontiere è solo una parte del puzzle. Non è una panacea. Ovviamente Frontex è pronta a sostenere i Paesi dell’UE alle frontiere esterne e reagirà di conseguenza alle nuove sfide”.

Vincenzo Lombardo
(5 Luglio 2020)

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