Novità sui Decreti Sicurezza: non tutte sono un successo

Foto di Stefano Romano

Novità sui Decreti Sicurezza: dopo due anni dall’approvazione del primo provvedimento, con il DL Immigrazione che ha ottenuto l’approvazione del Consiglio dei Ministri il 5 ottobre 2020, sono arrivate le modifiche su alcuni punti chiave delle leggi che regolano l’immigrazione: dall’arrivo in Italia fino all’acquisizione della cittadinanza.

Il nuovo testo, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, non abroga i Decreti Sicurezza ma corregge molti passaggi chiave, che avevano demolito alcuni pilastri del sistema accoglienza, come le strutture SPRAR o la protezione umanitaria. Sebbene le novità introdotte riportino in vita, in certi casi, la normativa precedente, non si ritorna al punto di partenza ma si apre un’altra stagione fatta di nuovi pro e di nuovi contro.

Le novità sono un traguardo, dopo le rigidità estrema degli ultimi due anni. Su questo punto associazioni e organizzazioni impegnate in prima linea per la tutela dei diritti dei migranti concordano. Ma non tutte le modifiche ai Decreti Sicurezza sono un successo. Restano delle ombre. 

Novità sui Decreti Sicurezza: non tutte le modifiche sono un successo

Approvazione unanime per la reintroduzione della protezione umanitaria sotto il nome di protezione speciale e dell’anagrafe per i richiedenti asilo, la cui esclusione era stata bocciata anche dalla Corte Costituzionale. Una buona notizia anche la costruzione del Sistema di accoglienza e integrazione che ricalca il modello del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, SPRAR, e sostituisce il SIPROIMI, Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati, introdotto al suo posto.

Ma a una serie di pro corrispondono una serie di contro.

Novità sui Decreti Sicurezza: deboli sulle sanzioni alle ONG

Troppo debole l’intervento sulle sanzioni alle ONG che prestano soccorso in mare per Amnesty International: “desta molta preoccupazione la riformulazione della norma relativa alle sanzioni. Contestiamo l’idea che si debba rispettare il requisito della non violazione del codice della navigazione per non incorrere in multe e carcere: come nell’ipotesi di un intervento di una nave di soccorso in aree di competenza italiana che non rispettasse le disposizioni impartite, ad esempio forzando per necessità un blocco navale. Salvare vite umane non dovrebbe essere considerato reato in alcuna circostanza”.

In questa ottica non basta neanche la precisazione inserita nella norma che conferma la possibilità per il Ministro dell’Interno di adottare provvedimenti per limitare il transito delle navi in acque territoriali ma solo per motivi di ordine e sicurezza pubblica o legati a violazione delle leggi sull’immigrazione, escludendo il soccorso in mare da queste ipotesi.

Si tratta di un punto controverso su cui anche ASGI, Associazione Studi Giurdici sull’Immigrazione, ha espresso in più occasioni delle perplessità. Per le organizzazioni che operano a stretto contatto con i migranti è un intervento poco coraggioso che non sradica l’impostazione del secondo Decreto Salvini. E l’accento non è solo da porre sulle modifiche approvate, ma anche su quelle mancate: nel testo firmato dalla Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese non c’è una revisione delle procedure di frontiera, della detenzione dei richiedenti asilo.

Dalle diverse posizioni emerge chiaramente che, per chi lavora a stretto contatto con i diretti interessati, le modifiche ai Decreti Sicurezza rappresentano delle toppe e che si è ben lontani dal confezionare sulla misura delle esigenze attuali una nuova veste per le leggi che regolano accoglienza e immigrazione.

Eppure potrebbe essere la giusta occasione per cominciare, come commenta Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli: “Finalmente siamo arrivati a modifiche che vanno nella direzione di una continuità rispetto alla situazione precedente ai decreti sicurezza. L’auspicio è di avere ora uno sguardo d’insieme con una prospettiva sul futuro. Piuttosto che continuare a mettere piccole pezze è il momento di rivedere nel complesso la legge Bossi-Fini, che ha un impianto vecchio di 20 anni”.

Rosy D’Elia
(14 ottobre 2020)

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