Le persone morte in mare dagli inizi del 2020 sono almeno 900, mentre 11.000 sono quelle riportate in Libia (dati OIM). E non si fa in tempo ad aggiornare il conteggio dei naufragi che altri se ne aggiungono: a distanza di 24 ore dal naufragio dell’11 novembre in cui è morto anche il neonato Joseph, 74 persone annegate, seguite da altre 20, sempre al largo della Libia.
La Open Arms – che in soli 2 giorni ha operato ben 3 soccorsi, salvando 263 naufraghi – è rimasta l’unica imbarcazione a soccorrere vite umane, perché, dopo la cessazione di Mare Nostrum (fine 2014), non esiste un sistema istituzionale di ricerca e soccorso in mare. Qualora quest’ultimo venisse ripristinato le Ong diventerebbero superflue e ne sarebbero felici.
È per questa assenza che le Ong: Proactiva Open Arms, Sea Watch, Medici senza frontiere. Mediterranea – Saving Humans, Sos Mediterranée, Emergency e ResQ hanno promosso la costituzione di un Comitato per il diritto al soccorso, di cui fanno parte il senatore Luigi Manconi (responsabile), giuristi e personalità, tra cui Luigi Ferrajoli, Armando Spataro, Sandro Veronesi.
Gli obiettivi del Comitato sono:
- liberare le Ong dai veti che ne impediscono l’attività;
- contribuire al ripristino di un sistema istituzionale di ricerca e soccorso in mare;
- favorire la collaborazione con i Ministeri competenti e la Guardia Costiera.
“La costituzione del Comitato per il diritto al soccorso – afferma Luigi Manconi – è un atto di tutela morale di un principio costitutivo della civiltà giuridica: il diritto-dovere di soccorrere vite umane in pericolo è consequenziale a quel diritto alla vita sul quale si fonda l’intero sistema dei diritti e che è basato sulla reciprocità. Il diritto al soccorso fonda il legame sociale, costituisce il passaggio dall’individuo isolato a membro della collettività. Oggi questo principio è stato messo in discussione in modo aggressivo, addirittura assimilato a atto di illegalità, sanzionato penalmente. Si è diffusa una corrente d’opinione che non ritiene il soccorso un dovere, e questa è la cosa più preoccupante”.
Che significa concretamente soccorrere vite in mare
“Nelle operazioni di salvataggio di questi giorni l’equipaggio della Open Arms con 5 – dico 5 – soccorritori ha lavorato ore e ore per riuscire nell’impresa di salvare vite umane, coinvolgendo anche i fotografi imbarcati per documentare l’azione. I cadaveri recuperati sono stati per due giorni sulla stessa imbarcazione. Una situazione estrema, di grande stress, che richiede il sostegno di psicologi.
Dal 2015 è stata sospesa ogni attività di ricerca e soccorso da parte dello Stato italiano, tanto che Open Arms e Sea-Watch si rivolgevano a me tutte le volte che scattava una segnalazione di necessità di soccorso, e io a mia volta avvisavo il Ministro dell’Interno, perché – ed è, questa, un’enormità – dallo Stato italiano non partiva nessuna telefonata, non c’erano relazioni con le Ong, quasi fossero meno dei corsari. Ora le relazioni tra Ministero dell’Interno e Ong sono migliorate”.
La delegittimazione delle Ong è il risultato di una politica che come priorità ha quella di tenere fuori dai confini europei i migranti, politica confermata in questi giorni dalla rinuncia della Commissione europea a procedere alla riforma del diritto d’asilo. Come si colloca il ruolo del Comitato in questo quadro politico?
“La costituzione del Comitato è dichiaratamente un atto difensivo. Questa affermazione non appaia minimalista, semplicemente essa nasce dalla consapevolezza della difficoltà massima in cui è oggi il soccorso in mare: 6 imbarcazioni delle Ong stanno in fermo amministrativo per ragioni capziose e formalismo eccessivo e ci vorranno tempi lunghissimi per sbloccarlo.
La conseguenza è che il Mediterraneo è ora totalmente sguarnito di presidi di soccorso; la cosiddetta Guardia costiera libica sembra essere passata sotto la direzione di militari turchi, presenti proprio sulle motovedette; fatto che conferma la determinazione della Turchia a controllare i flussi migratori e a farne arma di ricatto nei confronti della UE; già è successo con i profughi siriani e ora si dispone a farlo con l’Italia. Contemporaneamente le Ong sono bloccate, vittime di criminalizzazione, quasi fossero complici della tratta di migranti.
La funzione del Comitato è quella di agire come lobby democratica, non solo per rafforzare nell’opinione pubblica il principio del soccorso ma, nell’immediato, per creare le condizioni favorevoli all’approvazione in Parlamento degli emendamenti, già presentati, al Decreto Immigrazione, volti a liberare le Ong da veti e interdizioni. Per questo il nostro primo atto è stata l’audizione alla Camera”.
Com’è stato possibile nelle nostre democrazie arrivare al punto di mettere in discussione uno dei principi inalienabili come il diritto alla vita e il mutuo soccorso?
“Progresso e diritti sono soggetti ai processi sociali: quando una crisi economica introduce smarrimento e insicurezza la reazione più immediata e diffusa è di chiusura, in virtù di un meccanismo elementare ma fatale, cioè l’introduzione della discriminazione che contrappone Noi a Loro. La tragedia del 3 ottobre 2013 in cui morirono 383 persone suscitò nell’opinione pubblica una reazione emotiva forte, ma già da 20 anni era in corso una strage di vite nel Mediterraneo, in 20 anni sono morte oltre 20.000 persone. Così ora la morte del piccolo Joseph scuote le coscienze, ma ci si dimentica dei naufragi che continuano da decenni. Indifferenza e chiusura si instaurano quando non consideriamo i migranti come noi”.
La destra ha avuto gioco facile a egemonizzare il discorso pubblico sul tema immigrazione per debolezza della sinistra?
“Non sono state opposte difese contro il dilagare di atteggiamenti di chiusura e ostilità nei confronti dei migranti. Però questi atteggiamenti non si combattono con nuove retoriche, ma con una politica colta e intelligente, capace di dare risposte alla crisi economica e sociale e di trovare obiettivi condivisi tra immigrati e residenti. La debolezza della sinistra è rispetto alla crisi economica piuttosto che all’egemonia della destra. Ma fare politica oggi è impresa difficilissima, la crisi economica e sociale va avanti perlomeno dal 2008 e la frattura tra partiti sinistra e popolo risale agli anni ’80”.
Luciana Scarcia
(16 novembre 2020)
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