L’integrazione linguistica è una delle priorità per gli stranieri che iniziano la loro vita in un paese diverso da quello di origine. E non solo per quanto riguarda la sfera del lavoro: “Lo studio dell’italiano è lo strumento che favorisce la nascita di un legame con il mondo e la realtà“, afferma Paola Maddaluno, una dei numerosi insegnanti volontari della Rete Scuolemigranti.
Laureata in economia e bibliotecaria, Paola si è specializzata nella didattica dell’italiano L2: “volevo fare qualcosa per i migranti che vivono qui. Nutro una grande passione per il mio paese, lo reputo un posto capace di accogliere”.
E così, nel 2016, nasce per Paola l’esperienza dell’insegnamento, che il lockdown ha posto davanti a una sfida decisiva, quella della didattica dell’italiano A2 a distanza: “all’inizio della pandemia Gian Lorenzo Gatti, il coordinatore della scuola della parrocchia S. Giuseppe al Trionfale, che fa parte della Rete Scuolemigranti, ha creato un presidio fisico per ricevere gli stranieri che volevano imparare la lingua italiana e li ha affidati agli insegnanti per le lezioni a distanza”.
Minicorsi al telefono: la didattica in tempo di pandemia
L’attività di Paola rientra nel programma di minicorsi online di lingua italiana, che la Rete Scuolemigranti sta portando avanti per sopperire all’impossibilità della didattica in presenza: i minicorsi sono un servizio gratuito che permette agli stranieri di poter continuare a studiare l’italiano utilizzando semplicemente un cellulare.
Italiano per lavoro, italiano per rapporti con la scuole dei figli, italiano A2 per la questura: alle esigenze degli apprendenti la Rete risponde offrendo una didattica individualizzata e che può attivarsi in orari molto flessibili.
Gli spazi urbani all’aperto sostituiscono così le aule; l’esperienza per Paola parte da Casa Africa: “con Herman, studente 55enne del Togo, facevamo lezione al Circo Massimo. Ho un bellissimo ricordo di quando un giorno, a lezione, abbiamo cantato i nostri inni nazionali, è stato molto emozionante”, racconta.
Una piccola classe “familiare”
Attualmente Paola insegna su Zoom a una famiglia venezuelana, arrivata in Italia da quattro mesi. Josè, Anyela e Maria Josè “sono una piccola classe, con cui mi collego in orari molto flessibili”, spiega. “È vero che la comunicazione ha bisogno di un luogo fisico e di un contatto visivo tra alunni e insegnante, ma anche se a distanza le nostre lezioni sono un modo per stare vicini”.
“Siamo arrivati in Italia in agosto, dalla città di Maracaibo, in Venezuela”, comincia Josè, felice di raccontarsi nella nuova lingua con cui sta muovendo i primi passi. “Abbiamo lasciato il nostro paese che viveva un’esperienza molto critica riguardo la pandemia. Arrivati in Italia, abbiamo vissuto solamente in casa, non abbiamo conosciuto ancora nessun italiano, né straniero, né connazionale. Per fortuna riusciamo a dedicarci molto allo studio della lingua. In questo momento è la nostra principale occupazione”.
Imparare l’italiano per trovare lavoro è l’obiettivo di Josè e Anyela: lui in Venezuela era un contabile nel settore finanziario e qui vorrebbe poter continuare a fare il suo mestiere. Anyela invece, è un ingegnere industriale, ma ora vorrebbe mettere a frutto una sua passione, quella della pasticceria. La loro figlia, Maria Josè, invece vuole iscriversi all’università a settembre per studiare architettura. “Sono questi i nostri sogni per il 2021”.
“La nostra insegnante ci sta aiutando a raggiungere questi nostri obiettivi”, spiegano: “senza conoscere l’italiano, non potremmo farcela. E poi le lezioni di italiano sono un bel momento per parlare con qualcuno e sentirci meno isolati”.
In questi mesi difficili, uno dei ricordi più preziosi per questa famiglia è stato proprio l’incontro con la loro insegnante: “è stato a distanza, ma comunque bello”.
“Ci siamo visti una volta dal vivo”, dice Paola, “ci siamo scambiati gli auguri e io ho parlato loro di una racconto tradizionale di Natale. Loro, mi hanno regalato una pietanza tipica venezuelana”.
In un presente in cui la quotidianità è stata stravolta, la scuola, che da tempo ha dimenticato lavagne, classi affollate e l’apprendimento nella sua dimensione collettiva, sembra aver davvero cambiato forma, ma forse non la sostanza.
Elisabetta Rossi
(05 gennaio 2021)
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