Il riconoscimento del titolo, la mia ultima possibilità in Italia

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Volevo fare un cambiamento nella mia vita e volevo andare via dalla Turchia, soprattutto per motivi economici e politici. Io e il mio compagno abbiamo quindi deciso di venire a vivere in Italia, dove siamo arrivati verso la fine del 2018”. A parlare Soner Karasu, 32 anni, in Turchia un lavoro come assistente sociale. “Ora non posso farlo più. Per guadagnare lavoro come rider, ma sono anche un mediatore culturale. Infatti una volta arrivato in Italia ho seguito un corso come mediatore e adesso assisto i migranti, soprattutto provenienti dalla Turchia, negli SPRAR e alle volte negli ospedali. Ho lavorato anche nelle commissioni per i richiedenti asilo”.

Il percorso per il riconoscimento dei titoli di studio

In Turchia ho studiato per diventare assistente sociale: un corso di laurea della durata di quattro anni. Poi ho cominciato a lavorare. Ma – prosegue Soner – per svolgere la stessa professione in Italia è necessario portare a termine una procedura chiamata ‘Riconoscimento dei titoli di studio’. Questa procedura è un bel po’ complicata, considerando anche che qui, a parte il mio compagno, non ho nessuno e non conosco nessuno che abbia già fatto questa esperienza. Mentre cercavo di capire come ottenere il riconoscimento ho trovato, sul sito del Ministero della Giustizia, una lista con i contatti di tutte le ambasciate italiane all’estero. Questo mi ha aiutato molto, perché dopo aver contattato l’Ambasciata italiana in Turchia ho capito quali documenti dover inviare. Hanno quindi controllato i documenti e mi hanno detto che presto potrò ottenere la ‘dichiarazione di valore’, un documento che attesta l’autenticità della documentazione presentata. Ecco, io mi trovo in questa fase: ora stanno arrivando in Turchia gli ultimi documenti. Fortunatamente ho un cugino che vive ad Ankara, dove si trova l’Ambasciata italiana, l’unica sede in Turchia a svolgere questo procedimento. Ho quindi inviato una delega a mio cugino così da farmi aiutare. La procedura richiede tempo, da quando ho iniziato le pratiche sono passati quasi tre mesi. Ovviamente bisogna anche pagare sia per ottenere i documenti che per tradurli. La burocrazia italiana è lentissima, e probabilmente l’emergenza Covid-19 non  aiuta. Devo però dire che l’Ambasciata italiana in Turchia mi risponde sempre e questo vuol dire molto, così come la Clinica Legale dell’Università Roma Tre. È anche grazie a loro se ho capito cosa fare, e adesso mi sento molto meglio perché loro hanno già l’esperienza necessaria. Una volta arrivati gli ultimi documenti li chiamerò e prenderò un altro appuntamento per vedere insieme come procedere”.

Il futuro in Italia

In Italia è difficile trovare un lavoro: io ho cercato, ho cercato tantissimo. Faccio il mediatore culturale, il rider, a volte anche il cameriere. Ma è difficile. Vorrei rimanere in Italia, vorrei continuare a vivere in questo Paese bellissimo. Ma i problemi economici e le condizioni dei lavori non aiutano. Adesso cerco di tornare a lavorare come assistente sociale. Questa sarà, probabilmente, la mia ultima possibilità di continuare a vivere in Italia. Sono fiducioso, secondo me ci posso riuscire: ho già mandato alcuni curriculum, però tutti mi chiedono l’iscrizione all’Albo degli assistenti sociali. Ovviamente l’iscrizione si può fare solo se si è in possesso del riconoscimento del titolo. Se non dovesse andare bene non credo che tornerò in Turchia, almeno per il momento. Mi viene in mente la Germania: a Berlino c’è una grande comunità turca e lì ho tantissimi amici. Conosco anche un po’ di lingua tedesca, che in passato avevo iniziato a studiare. Ci devo pensare, ma non vorrei lasciare l’Italia, dove però ho sentito molte storie di persone in difficoltà. Per esempio quando partecipavo al corso di mediatore culturale avevo un’amica bangladese. Lei faceva l’avvocato in Bangladesh, ma diceva che era difficilissimo, se non impossibile, fare il riconoscimento del titolo in Italia. Infatti molto dipende dagli accordi con il Paese di origine. Per noi che siamo soli, che siamo stranieri, è difficile capire le procedure. Ma tutto è possibile, basta sapere a chi si può chiedere informazioni e farsi aiutare”, conclude Soner.

La Clinica Legale dell’Università Roma Tre

Nata nel 2010 come laboratorio permanente dell’Università Roma Tre in Diritto delle migrazioni e della cittadinanza, la Clinica Legale dal 2011 diviene uno sportello di orientamento e assistenza legale gratuita, aperto al pubblico durante tutto l’anno, in cui gli studenti e le studentesse incontrano le persone migranti sotto la supervisione di avvocati e docenti. La Clinica Legale di Roma Tre è stata la prima nella Capitale e in assoluto una delle prime esperienze di insegnamento clinico del diritto in Italia.

“Ogni anno assistiamo circa 200 persone e presentiamo in media 80 ricorsi l’anno, soprattutto per protezione internazionale”, afferma Beatrice Tirinelli, collaboratrice della Clinica. “I principali utenti sono richiedenti asilo provenienti dai Paesi dell’Africa subsahariana, come Nigeria, Mali, Gambia, Senegal, nonché dal Corno d’Africa, in particolare dall’Eritrea. Negli anni, parallelamente a eventi di più ampia portata, abbiamo assistito a incrementi temporanei di richieste di assistenza da parte di cittadini e cittadine ucraini, durante il conflitto del Donbass, e tunisini a seguito delle cosiddette primavere arabe. Sono inoltre molte le richieste che provengono dalla comunità Bangladese di Roma, soprattutto in materia di riconoscimento della cittadinanza e di permessi per motivi familiari. A partire dal 2014 è divenuta centrale l’assistenza alle donne, provenienti in particolare dalla Nigeria, che ci ha spinto a sviluppare una riflessione rispetto al diritto d’asilo in una prospettiva di genere. Un’attività che ha portato a collaborazioni importanti, come quella con la Casa delle donne Lucha y Siesta con cui abbiamo scritto la Guida al riconoscimento dei titoli di studio per cittadini stranieri”.

La Guida al riconoscimento dei titoli di studio per cittadini stranieri

La Guida è un vademecum che mira a fornire le indicazioni necessarie per orientarsi nella complessa materia del riconoscimento di titoli di studio e qualifiche professionali per cittadini extraeuropei. Nel documento vengono esposte le diverse procedure da seguire per ottenere il riconoscimento del titolo, suddivise in base alla finalità che si intende raggiungere. Il fine ultimo è quello di agevolare il più possibile le persone migranti nella costruzione del loro percorso di vita in Italia e di godere delle stesse opportunità dei cittadini italiani.

Qui il link per scaricare la guida

Gli ostacoli da superare

“Abbiamo scritto la Guida – prosegue Tirinelli – perché uno dei maggiori ostacoli che i migranti e richiedenti asilo incontrano è certamente l’accesso alle informazioni rispetto alle diverse procedure di riconoscimento dei titoli accademici e delle qualifiche professionali. Per le persone straniere è molto complesso orientarsi nel dedalo di procedure e autorità coinvolte. La mancanza di una disciplina unitaria è certamente uno degli ostacoli principali. Inoltre, a seconda dell’utilizzo che la persona intende fare del titolo o della qualifica è richiesta una procedura diversa. In altri termini, prima di iniziare una procedura di riconoscimento è necessario individuare preventivamente la finalità che si vuole perseguire, e questo spesso crea problemi. Rendere più chiare e complete le informazioni disponibili on-line rispetto alle diverse procedure, fornendo linee guida tradotte nelle principali lingue veicolari, considerando che si tratta di informazioni rivolte principalmente a persone straniere, aiuterebbe molto. Così come aiuterebbe molto una semplificazione delle procedure: dovrebbero essere ridotti i documenti richiesti, che sono davvero tanti”.

Riconoscimento dei titoli: le tempistiche

“Non si può prevedere una tempistica valida per tutte le procedure. Per finalità accademiche, per esempio, l’autorità competente è il Cimea e questa per rilasciare un attestato di compatibilità e verifica impiega di norma tra i 15 e i 30 giorni lavorativi. Diversamente, per il riconoscimento di una qualifica professionale le tempistiche sono molto più lunghe, talvolta si impiegano anche anni, soprattutto a causa delle difficoltà nel reperire i documenti dal Paese di origine, nonché per le lungaggini dell’iter con le autorità consolari, che possono aggravarsi qualora non vi sia una rappresentanza italiana nel Paese di origine”.

La formazione extra richiesta dall’Italia

“Per quanto riguarda l’effettiva possibilità di svolgere in Italia le professioni svolte nel Paese di origine, questa possibilità formalmente esiste tramite lo svolgimento dell’apposita procedura. Ciò nonostante, nei fatti, le autorità italiane richiedono quasi sempre lo svolgimento di un periodo di formazione in Italia. La complessità aumenta ovviamente per le professioni regolamentate e/o assoggettate a un’abilitazione, come la professione di avvocato, per cui per i cittadini extra-UE è sempre richiesto il superamento di un esame di abilitazione al fine di potersi iscrivere all’albo, dopo la procedura di riconoscimento. I paesi di origine da cui è più difficile ottenere il riconoscimento di un titolo accademico sono quelli che hanno un sistema educativo diverso da quello Italiano. Ovviamente, la grande differenza è tra paesi UE e non UE, perché per i primi il problema non sussiste. Un intoppo può essere rappresentato dal sistema dei crediti formativi universitari (CFU), che non sempre esiste nei sistemi universitari dei paesi extra UE, complicando la conversione dei voti e il riconoscimento degli esami e dei titoli ottenuti. In altri termini – conclude Tirinelli –, più il sistema scolastico e universitario è simile a quello italiano, più è semplice il riconoscimento”.

Vincenzo Lombardo
(31 Marzo 2021)

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