Legge sulla cittadinanza: una battaglia per la civiltà

Legge sulla cittadinanza
Enrico Letta – Foto di Niccolò Caranti

“L’Italia vive un inverno demografico che la porterà come tanti altri Paesi europei a un declino”. Così il nuovo segretario del Partito Democratico Enrico Letta, nel suo discorso di insediamento, ha rilanciato la riforma della legge sulla cittadinanza. Bisogna affrontare il tema degli immigrati “che hanno fatto nascere nel nostro Paese delle persone”, le quali “sono italiane a tutti gli effetti”, e che quindi “essendo nate e soprattutto cresciute da italiani è bene che siano integrate completamente”. Secondo il neosegretario “bisogna uscire dalla propaganda”, perché chi accomuna la riforma della legge sulla cittadinanza e gli sbarchi compie “un’operazione scorrettissima”, essendo “due questioni che non hanno nulla a che vedere. Non stiamo parlando di immigrazione – conclude il segretario –, ma di chi è già qui in Italia, è nato qui, parla italiano meglio di tanti italiani e pensa da italiano meglio di tanti italiani”.

La risposta a Enrico Letta

Youness Warhou, uno dei fondatori del movimento Italiani senza cittadinanza ed ex studente della Scuola di Politiche di cui Enrico Letta è fondatore e presidente, ha scritto una lettera di risposta, alle parole del segretario del PD, di cui riportiamo un estratto.

Caro Professor Letta, sono un ex studente della sua Scuola di Politiche e uno degli Italiani cresciuti in questo nostro Paese ma non riconosciuti per legge”. Warhou scrive perché, dopo il discorso di Letta nel quale viene citato lo ‘Ius Soli’, “si è ripresentata l’ennesima polemica su questo argomento molto delicato e che prendo come missione personale, visto anche che mi riguarda direttamente. Le Destre ovviamente non hanno perso tempo a disinformare ancora una volta sul tema e a deviarne il significato. Di ‘Cittadinanza facile per gli immigrati’ ha erroneamente parlato il leader della Lega, sbagliando in pieno perché noi, qui cresciuti, non siamo immigrati ma figli di immigrati portati in Italia dai nostri genitori”. Nella lettera Warhou appare amareggiato perché gli italiani senza cittadinanza sono “utilizzati o come mascotte a cui applaudire perché emozionano, o come una voce di menù da scegliere se conviene e da sbandierare a ogni giro elettorale. Forse se venissimo ascoltati con attenzione potremmo mettere in evidenza i problemi incostituzionali della legge attuale, avremmo ad esempio segnalato che forse solo sburocratizzando il processo della cittadinanza avremmo migliorato la vita di tante persone”. “La pandemia – prosegue Warhou nella lettera – ha peggiorato ancora di più la situazione, con i DPCM sono state sospese anche le decorrenze delle domande depositate. Già abbiamo difficoltà di accesso ai concorsi, dalle pubbliche amministrazioni ad incarichi prestigiosi in questo nostro Paese. Il mio desiderio è di non essere esclusi anche dal processo di ricostruzione di un ampio fronte che deve riconoscerci parte del Paese anche attraverso miglioramenti delle leggi. Se vogliamo ripartire dai temi e non dalle poltrone allora è il momento di insistere sulla Cittadinanza perché questa è la madre delle battaglie perché ne va della qualità della nostra democrazia”.

Qui la lettera completa

Una questione di coraggio

Secondo Youness Warhou, nonostante le varie proposte di riforma succedutesi negli anni, non c’è mai stato un quadro favorevole al cambiamento della legge sulla cittadinanza. “Credo che sia una questione di coraggio – spiega –. Per modificare la legge sulla cittadinanza servono persone che ritengono che questa sia una battaglia da portare avanti e da condurre a termine. Ovviamente con i metodi possibili e democratici. Per esempio con il decreto semplificazioni si sarebbe potuto semplificare anche il percorso burocratico della legge sulla cittadinanza. Invece non è stato fatto. In tutte le occasioni che si offrono non viene fatto qualcosa di incisivo perché la riforma della legge sulla cittadinanza viene vista come qualcosa di ideologico, di simbolico, e non una risoluzione di un problema concreto. La riforma dovrebbe riguardare tutti gli italiani, non solo la sinistra o la destra. Infatti concedere la cittadinanza a più di un milione di italiani viene vista dalla destra come un milione di voti in più per il Partito Democratico o la sinistra. In realtà ho amici di origine straniera, e che adesso hanno la cittadinanza, che votano la destra. Questo mi sembra anche scontato, perché le persone hanno i loro pensieri indipendenti e le loro idee politiche”.

La cittadinanza italiana è “imprendibile”

Si parla spesso del numero delle cittadinanze erogate in Italia – continua Warhou –. Alcuni affermano che siamo fra le nazioni più ‘generose’ in Europa. Ma in realtà bisogna considerare a quale categoria viene data la cittadinanza: a persone che non hanno mai vissuto in Italia, ma che hanno un nonno italiano? In questo caso la cittadinanza viene erogata nel giro di tre mesi. Gli altri, che effettivamente vivono l’Italia tutti i giorni, contribuiscono alla sua economia, partecipano e fanno impresa, devono invece affrontare un percorso molto complicato. Con i decreti sicurezza si è infatti resa la cittadinanza italiana imprendibile e addirittura revocabile. Inoltre la burocrazia non garantisce che i tempi previsti vengano rispettati e che non si allunghino ulteriormente di anni. Non si tiene neanche conto delle differenti singolarità degli individui. Per esempio la Francia prevede diversi percorsi per l’integrazione e l’ottenimento della cittadinanza: per chi arriva sotto i dieci anni di età, per chi arriva da minorenne, per chi arriva da adulto, per chi frequenta le scuole superiori e le università. Ognuno ha un percorso preciso per poter accedere alla cittadinanza francese. Questo tenendo conto dell’effettivo inserimento nella società e non del ‘sangue’. Ma io sono convinto che anche l’Italia sia una società che abbia superato il concetto di ‘iure sanguinis’”.

Uniti contro le ingiustizie sociali

“Purtroppo, chi vuole imporre le proprie idee tende a dividere le istanze sociali tra prioritarie e non prioritarie, tra quelle da fare subito e quelle per cui si può aspettare. Io credo invece, come i movimenti femministi hanno dimostrato con il concetto di ‘intersezionalità’, che tutte le battaglie possono e devono essere fatte insieme. Le battaglie non sono tra poveri, non sono tra deboli, ma sono contro le ingiustizie sociali. Per questo – conclude – ho definito la riforma della legge sulla cittadinanza come la madre di tutte le battaglie, perché riconoscere i diritti degli italiani senza cittadinanza avrà anche l’effetto di contrastare fenomeni di razzismo ed etnocentrismo, di cancellare stereotipi e di rendere tutta la società più inclusiva, democratica e coesa”.

Iure sanguinis, ius soli, ius culturae

Nel suo discorso Letta fa riferimento a diverse “opzioni possibili”: lo “ius soli”, lo “ius soli temperato” e lo “ius culturae”. Attualmente in Italia il concetto di cittadinanza è disciplinato dalla legge 91/1992. La cittadinanza italiana si acquista “iure sanguinis”, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani, ma può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali e di non essere un pericolo per la sicurezza della Repubblica. Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio, ma l’interessato deve dimostrare di avere un’adeguata conoscenza della lingua italiana. Allo “iure sanguinis” in vigore si contrappone lo “ius soli”, il quale fa riferimento per l’acquisto della cittadinanza alla nascita sul “suolo”, ovvero sul territorio dello Stato. Lo “ius soli temperato” prevede che un bambino nato in Italia diventi italiano se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni. Un’altra alternativa allo “iure sanguinis” è lo “ius culturae”, secondo cui i minori stranieri possono acquisire la cittadinanza a condizione che abbiano concluso un ciclo di studi o abbiano compiuto percorsi formativi per un determinato numero di anni.

Le proposte di riforma

Nelle ultime legislature sono state oggetto di esame parlamentare diverse proposte di riforma della legge sulla cittadinanza, senza tuttavia giungere mai all’approvazione di un testo definitivo. Nel 2003 la commissione Affari Costituzionali della Camera elabora un testo per riformare la cittadinanza e nel 2006 in Consiglio dei Ministri si propone lo “ius soli”, ma nel 2008 il cambio di governo fa naufragare la proposta. L’anno successivo viene elaborata una proposta di legge d’iniziativa dei deputati Sarrubi (Pd) e Granata (all’epoca PdL), ma le forze del Centro destra non sostengono la proposta. Nel 2012 la commissione Affari Costituzionali riprende i lavori e si concentra sulla cittadinanza ai minori, ma non si riesce a definire un testo base. Un anno dopo riprendono i lavori in Commissione affari costituzionali della Camera con l’esame di 25 proposte di legge e una indagine conoscitiva. Con il decreto legge del 21 giugno 2013 n. 69 si riescono a introdurre semplificazioni per la richiesta e l’ottenimento della cittadinanza. Nel 2015 la camera approva la proposta di legge per estendere la cittadinanza ai nati (ius soli temperato) o ai formati in Italia (ius culturae) e nel 2017 il testo viene discusso in Senato, senza però raggiungere il numero per l’approvazione. Con il decreto legge del 4 ottobre 2018, si allunga ulteriormente la pratica della cittadinanza, portandola da 24 a 48 mesi. Anche il costo per le richieste di cittadinanza aumenta da 200 a 250 euro e viene inserita la revoca della cittadinanza in caso di condanna definitiva per reati di terrorismo ed eversione. Nel 2019 in Parlamento riprendono i lavori per l’approvazione di una legge sulla cittadinanza e il decreto Immigrazione del 21 ottobre 2020 riporta i tempi di attesa a 24 mesi, estendibili a 36. Ma, come scrive Warhou nella sua lettera, con l’arrivo dell’emergenza Covid-19 i decreti del Presidente del Consiglio hanno sospeso le decorrenze delle domande fino a ora depositate. Oltre un milione di italiani senza cittadinanza restano ancora in attesa.

Vincenzo Lombardo
(24 marzo 2021)

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