Forum per cambiare l’ordine delle cose: Territori Accoglienti

Forum per cambiare l’ordine delle cose è arrivato alla terza assemblea nazionale: Territori Accoglienti che si è conclusa sabato 26 marzo, alla Casa Internazionale delle Donne. Il tema di quest’anno è strettamente legato alle conseguenze della guerra in Ucraina e ai tanti conflitti in corso nel mondo.
Nella giornata del 25 marzo l’incontro si è incentrato su tre focus: l‘abitare, il lavoro e il welfare. Per questa ragione, nella seconda giornata del Forum per cambiare l’ordine delle cose era previsto un confronto con le istituzioni; che c’è stato, seppure con una grande assenza, quella del Ministero degli Interni, la prefetta Francesca Ferrandino la cui assenza è stata segnalata solo a pochi minuti dall’inizio dell’assemblea. Nell’incontro s è discussoi delle criticità del sistema accoglienza. In particolare Gianfranco Schiavone, presidente di ICS (Consorzio italiano di Solidarietà), ha denunciato il SAI, definendolo un non sistema di accoglienza che presenta troppo lacune, basandosi ancora su un’organizzazione ad adesione volontaria.
Tema questo che è stato ripreso nella giornata successiva quando si è evidenziato che
il sistema dell’accoglienza, che potrebbe essere messo a dura prova dai tanti ucraini che con tutta probabilità arriveranno in Italia, ha subito un forte colpo d’arresto coi Decreti Sicurezza, introdotti quando era ministro dell’Interno Salvini, con i quali si è spezzato il sistema pubblico di accoglienza, in particolare di quella diffusa(SPRAR). Ad oggi non si è riusciti a ripristinare un’organizzazione pubblica di accoglienza. Il sistema SAI  è ancora lungi dal funzionare.
Tale concetto è stato ribadito a più riprese dai vari interventi. Per prima l’ha fatto Teresa Menchetti di “Cambiare l’ordine delle cose” la quale afferma che “il tema dell’accoglienza deve appartenere alla comunità. Bisogna perciò creare un sistema di accoglienza che sia unico, pubblico, dove la tutta la cittadinanza sia coinvolta”.

La guerra è guerra: in Ucraina come in Afghanistan

L’incontro alla Casa Internazionale delle Donne ha avuto come obiettivo anche quello di ricordare che vi sono molti conflitti nel mondo e che non possiamo essere interessati solo a quelli che pensiamo ci possano coinvolgere più direttamente.
In questo senso da segnalare, tra i numerosi interventi, quello della giovane attivista e giornalista afghana Rahel Saya che da 8 mesi vive e studia in Italia: “L’Afghanistan ha 34 milioni di abitanti e conta 34 province, gran parte di queste sono state distrutte dai conflitti. Oggi milioni di persone sono sotto il controllo dei talebani. Da quando c’erano i talebani, 20 anni fa, non avrei mai pensato che quella storia si sarebbe potuta ripetere.
La crisi Ucraina la posso vedere, riesco a immaginare e percepire il dolore di quelle persone. Ciò che mi chiedo è che differenza ci sia fra le due guerre. Capisco gli interessi italiani ed europei, ma tutte le guerre producono sofferenze. Insomma, la guerra è guerra e mi auguro che tutti i conflitti possano finire”.

Siria: una targedia annunciata

In videocollegamento interviene Asmae Dachan, giornalista e attivista, creatrice e autrice del blog Diario in Siria “dal 2014/2015 le navi militari russe sono nel Mediterraneo, nei porti siriani. C’erano perciò già navi russe vicino a noi. Si tratta di una tragedia annunciata, se ci fossimo mobilitati in tempo avremmo potuto salvare i tanti ucraini che già sono caduti a causa della guerra”. Anche Dachan lamenta il diverso trattamento riservato agli ucraini rispetto a quello che hanno avuto i siriani. Questi ultimi, quando hanno provato a difendersi, sono stati bollati come terroristi.
Dachan parla anche del vento bellico che soffia in Italia da quando la Russia ha invaso l’Ucraina “per quanto possa toccare una guerra, prendere uno zaino e andare a combattere non è la soluzione. Nello zaino vanno messi i libri per capire come evitare le guerre. Si usi il dialogo, non cediamo alla lusinga delle armi”.

Duccio Facchini di Altreconomia: La “Sporca Frontiera” del Mediterraneo

Interviene Duccio Facchini, giornalista e direttore di Altreconomia, che ha presentato il dossier di Altreconomia uscito il 24 febbraio, La Sporca Frontiera, nel quale si documentano le responsabilità politiche dell’Italia e dell’Europa nei respingimenti forzati. In particolare nel dossier si denuncia la connivenza dell’Italia con la Libia. Tale collaborazione si traduce nella fornitura, da parte dell’Italia, di motovedette al paese nord africano.  “Questi respingimenti non producono una riduzione del numero di migranti che arrivano in Ue bensì una diversificazione delle rotte, ciò vuol dire che i viaggi diventano sempre più pericolosi”.
Facchini poi fa notare, mostrando dati con tanto di tabelle, come qualche mese fa quando in Polonia tentarono di arrivare circa 8 mila anime dalla Bielorussia si era parlato di “attacco ibrido”, adesso che gli ingressi degli ucraini in Polonia sono un numero molto maggiore, non v’è lo stesso allarmismo. Anche Facchini menziona gli altri conflitti del mondo, da quello siriano a quello nello Yemen, alla Somalia fino ad arrivare all’Afghanistan.

Raccontano la propria esperienza una famiglia d’Arezzo che ha accolto due bambini afghani

Il Forum per cambiare l’ordine delle cose è composto da diverse anime: esperti, studiose/i, associazioni, collettivi attivi nei territori e nuclei familiari. A testimonianza di ciò viene sale sul palco una famiglia d’Arezzo che da 5 mesi ha deciso di accogliere due bambini rifugiati siriani. A parlare è Massimiliano che con grande spontaneità dice “sono stato invitato a parlare per spiegare quali fossero le ragioni che mi hanno portato a fare questo passo. Più che perché sì viene da chiedermi perché no, lo spazio c’è in quanto viviamo in campagna. Si tratta di una questione di stretta umanità.” Questo racconto è significativo  perché ci aiuta a capire meglio la realtà, come emerge anche dalle parole di Marah Kutaini e Naseem Alkhatib, anch’essi provenienti dalla Siria, cioè che la rete di accoglienza è affidata al volontariato; manca invece un sistema strutturale nel territorio.

Marco Marasà
28/03/2022

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