I Paesi più potenti del nostro mondo globalizzato hanno in comune lo stesso modello di sistema economico, mentre forti sono le tendenze a nazionalismi e sovranismi. A farne le spese sono i più poveri e i migranti.
Il nazionalismo non dà risposte credibili in un mondo globalizzato
Senso di sradicamento e perdita di punti di riferimento caratterizzano il nostro tempo; trovare risposte che vadano nella direzione di un benessere comune è difficile, ma contrari a questo sono i nazionalismi.
Da una parte ci troviamo tutti a far fronte a comuni problemi: mutazione ambientale, sviluppo autonomo del sistema economico e di tecnologie di cui non riusciamo a capire usi e effetti, dissoluzione della politica come capacità di governare i processi, crescita delle diseguaglianze. Dall’altra la tendenza che si sta affermando non è quella della cooperazione: la diffusione di nazionalismi e sovranismi non solo mette in discussione le istituzioni democratiche e i processi che hanno dato vita alla Unione Europea, ma promette di rinforzare i conflitti e dunque le guerre.
Nazione e patria nella Storia e nell’esperienza di un immigrato
Quale significato attribuiamo all’idea di nazione? E questa si sovrappone a quella di patria? I fattori di differenziazione tra i popoli sono davvero quelli di appartenenza e identità nazionale o non piuttosto le diseguaglianze tra Paesi ricchi e Paesi poveri, e le ingiustizie sociali?
A questi interrogativi è stato dedicato un incontro tenutosi il 21 febbraio nella libreria Eli: Patria e Nazione – Qual è la nostra patria? Come cambiano i concetti di patria e nazione nel mondo globale e in movimento. Relatori: Simona Colarizi (storica); Zakaria Mohamed Ali (videomaker – Archivio Memorie Migranti).
Mentre la patria è il luogo degli affetti, dunque un sentimento privato — ha detto Simona Colarizi —, la nazione ha sì anche una dimensione sentimentale, ma non esiste senza un pensiero politico che ispira un processo storico in cui si costruisce lo Stato–nazione. Dopo l’Unità d’Italia il concetto di nazione diventa maturo quando lo Stato non è più oppressivo e può essere associato a un’idea di libertà, cioè dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Dopo il 1989, si accelera il processo di costituzione di un’entità sovranazionale, l’Unione europea (Maastrict 1992 e trattato di Lisbona 2007), oggi messa in discussione dall’insorgere, appunto, di tendenze nazionaliste e sovraniste. Ma è il concetto stesso di nazione a costituire una risposta di conservazione, che allontana da una prospettiva di pace.
La presenza nei territori nazionali di tanti immigrati conferma questa tesi. Come ha sostenuto Zakaria Mohamed Ali, la sua stessa esperienza di cittadino italiano nato in Somalia testimonia la difficoltà di concepire l’appartenenza a una sola identità nazionale. La Somalia resta la patria degli affetti, ma l’orgoglio dell’appartenenza a un territorio non ha certo potuto sentirlo, dato che la Somalia era un Paese distrutto e diviso da conflitti, da cui era fuggito perché perseguitato per la sua attività di giornalista free lance. L’Italia è il Paese che lo ha accolto, in cui non solo vive e lavora, contribuendo al suo sviluppo e condividendo i valori democratici, ma ha anche costruito una nuova famiglia, con i figli che si sentono italiani. Insomma, lui si sente somalo e si sente italiano.
La prospettiva per un futuro di pace e prosperità è la cooperazione tra le diverse comunità nazionali nell’affrontare i comuni problemi e non l’illusoria pretesa di risolverli curando gli esclusivi interessi della propria nazione e ancor meno la supremazia di una nazione sulle altre.
Luciana Scarcia
24 febbraio 2024
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