Qual è lo stato di salute dell’Europa, patria dei diritti, in questo passaggio d’epoca?
Nel libro L’Europa e la sua ombra Giorgia Serughetti, insieme a Gilles Gressani, descrivono il nostro continente indebolito, alla ricerca di risposte alle grandi crisi del presente, insidiato da nazionalismi e sovranismi.
Oggi il tempo corre velocissimo e ci spinge dentro un vero passaggio d’epoca:
– guerra considerata inevitabile e terrorismo;
– sicurezza e difesa obiettivi prioritari rispetto alla tutela dei diritti;
– politica subordinata all’economia;
– valori fondanti annebbiati.
L’Europa è già diventata la sua ombra, incapace di assumersi la responsabilità del futuro?
Lo chiediamo a Giorgia Serughetti.
C’è una convergenza dei Paesi europei verso l’assunzione della stessa logica di potenza in atto al di fuori dei suoi confini, nella convinzione che un’alternativa oggi non sia possibile. Questa posizione l’avevamo già riscontrata quando si decise di rispondere alla recessione del 2008 con politiche di rigida austerità, considerate necessarie in coerenza con il neoliberismo, unica dottrina economica imperante, a danno delle conquiste sociali. La crisi oggi è meno economica e più politica, ma come allora, per una presunta necessità, l’Europa rinuncia all’idea di costituire uno spazio alternativo a quello della politica guidata dall’economia, della crescita governata dai mercati, del riarmo.
In questo modo tradisce le sue premesse fondative di un’entità sovranazionale basata su tutela dei diritti e rifiuto della guerra come soluzione dei conflitti; dando così fiato ai nazionalismi, che fomentano l’idea di una potenza competitiva all’esterno ma distruttiva all’interno, perché si fanno prevalere gli interessi dei singoli Stati. Vedi, per esempio, la transizione ecologica anch’essa trascinata nella contesa nazionalista per gli interessi di imprese e settori economici implicati.
A che serve oggi stare in Europa? E perché votare alle elezioni di giugno?
Oggi più che mai nel nostro mondo multipolare c’è bisogno di difendere il progetto europeo. I soggetti politici ancorati a quei principi fondanti devono costruire programmi coerenti, nella convinzione che un’altra Europa è possibile. Finora ci siamo illusi che il sogno europeo fosse già realizzato e non abbiamo costruito gli anticorpi; facendo sì che lo spazio vuoto venisse occupato dalle destre, che puntano a un’agenda conservatrice sul piano dei diritti civili e sociali, all’ “entusiasmo bellico”, al freno sulla transizione ecologica, alla disponibilità al neoliberismo. Quindi più visione del futuro e più proposta di alternative!
Certo, guardando alla realtà, bisogna essere consapevoli che l’idea di un’altra Europa oggi è meno leggibile rispetto a prima, ma ugualmente, o forse a maggior ragione, è necessario attivare l’immaginazione per prefigurare il futuro.
Le politiche migratorie degli ultimi vent’anni, volte alla difesa dei confini e all’esternalizzazione, hanno anticipato questa svolta?
Sì, ha prevalso l’idea di un’Europa-fortezza, con la pace garantita al suo interno e proiezione della guerra all’esterno e verso chi non è già dentro, come i migranti. Mentre durante la pandemia si era scelta la strada della solidarietà, in tema migratorio la scelta è stata di costruire muri. Sottovalutando il rischio che la non accoglienza e la insufficiente integrazione di migranti e immigrati ingenerasse rabbia, leva possibile del terrorismo, superficialmente attribuito solo a motivi religiosi. Parliamo quindi di un deficit di comprensione della realtà.
Nel libro indica la direzione verso cui l’Europa dovrebbe guardare: costruire il futuro insieme ai migranti, con politiche di accoglienza regolata e integrazione. È realistica oggi?
No, non lo è, tanto più che in questi decenni non sono stati creati gli anticorpi e le premesse istituzionali contro la possibilità di inversioni di tendenza. Però se ci si ferma al calcolo delle probabilità prevale l’impotenza e quindi la resa allo stato di cose esistente. Ricordo che il progetto europeo nasceva da esuli e confinati durante una dittatura. L’immaginazione politica di questi esuli (Spinelli, Rossi, Colorni) andava contro la logica di realtà, ma il loro esempio ci insegna che va fatto lo sforzo di trasformare la visione in proposta politica.
Luciana Scarcia
(26 marzo 2024)
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