In occasione delle celebrazioni per la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, è stata organizzata a Civicozero un’iniziativa intitolata “Reti di memoria: il filo dell’accoglienza“, promossa dallo Human Memory Lab – Dipartimento Dynamic and Clinical Psychology and Health studies dell’Università “Sapienza” di Roma. Un pomeriggio di scambio e incontro con i rifugiati, per conservare memoria di tutte le migliaia di vittime delle migrazioni attraverso testimonianze, spazi creativi, performance musicali e teatrali.
Laboratori di integrazione sociale
L’evento, che celebrava la Giornata della memoria e dell’accoglienza del 3 ottobre, istituita per non dimenticare il naufragio avvenuto nella notte del 3 ottobre 2013 che ha provocato la morte di 368 persone davanti alle coste di Lampedusa, si è aperto tra le note della kora, arpa dell’Africa occidentale. Il suono suadente delle corde pizzicate con indice e pollice di entrambe le mani, insieme a un canto che parlava di riscatto, ha avvolto tutti nell’atmosfera accogliente della musica africana. E questa parola “accoglienza” era il filo conduttore di un progetto di cui questa giornata non rappresentava che la fine di un percorso: tutto è scaturito da un’idea di Opera Nazionale per le Città dei Ragazzi, fondazione che accoglie e sostiene i minori stranieri accompagnandoli in un reale percorso di integrazione. L’Opera ha adottato un modello di intervento denominato “Autogoverno” che forma i ragazzi alla convivenza civica e li invita a scoprire le loro doti personali e gli autentici valori che danno un vero significato alla vita. Nel corso della giornata molti di loro hanno, infatti, dato libero spazio al loro talento esprimendo così, in maniera creativa, la loro identità.
Oltre all’Opera, diverse altre realtà di Roma erano presenti “in quel luogo in cui si intrecciano legami, si raccontano storie e si ispirano azioni; uno spazio neutro che offre ai minori l’opportunità di narrarsi, esprimersi, sperimentarsi”. Per prima è intervenuta Francesca Cuomo, responsabile per la comunicazione del Centro Astalli, che ha proposto un laboratorio chiamato “Ti racconto una storia, ti racconto di me” in cui alcuni rifugiati accolti presso il Centro Astalli, avrebbero avuto modo di raccontarsi attraverso il metodo dei libri viventi.
Mara Matta, ricercatrice presso la Sapienza, ha presentato la Scuola di Herat che prende il nome dai giardini di Herat, in passato un luogo di libera espressione artistica: pittura, miniature, fotografia, musica e poesia che oggi sono condannate alla clandestinità. La scuola in esilio a Roma vuole essere uno spazio di azione e trasformazione reciproca tra culture, dove poter tenere vive tradizioni artistiche oggi ridotte al silenzio in Afghanistan. Tra gli studenti la maggior parte erano ragazze che, grazie all’attivazione di un corridoio umanitario sostenuto dalla Sapienza, sono riuscite a uscire dall’Afghanistan e venire qui in Italia per motivi di studio. Le miniature esposte nella sala erano la loro testimonianza artistica, un frammento di Herat. “Non riusciamo a dimenticare l’Afghanistan, ci pensiamo ogni secondo” afferma una delle studentesse a conclusione di un discorso in cui ha ripercorso la presa della città da parte dei talebani e la conseguente perdita della libertà e dei diritti subita dalle donne afghane.
Stefano Battiato, presidente dell’associazione Happy Coaching and Counseling, ha mostrato delle foglie lavorate in argilla; su ogni foglia era inciso un nome e una qualità che ciascuno attribuiva a sé stesso come valore aggiunto alla collettività. Veniva così a crearsi un albero, simbolo di una comunità multietnica, un’opera d’arte collettiva in cui figuravano tanti nomi, sogni, aspettative e speranze per il futuro.
L’associazione Storie di Mondi Possibili ha voluto valorizzare la memoria e l’esperienza umana, individuale e collettiva, utilizzando metodologie di narrazione autobiografica e biografica; in particolare, attraverso il Digital Storytelling, ovvero una breve narrazione di un evento della propria vita che integra diversi linguaggi e forme espressive.
L’arte al servizio della memoria
Performance musicali e teatrali hanno animato il pomeriggio: il pezzo rap di un ragazzo ecuadoregno, la voce vibrante di “Gift“, nome d’arte di una ragazza senegalese, il monologo Fango interpretato da Cédric Musau, originario del Mali; tutte esibizioni che hanno rappresentato un momento di inclusione e condivisione “in un posto in cui lavoriamo al diritto di esistere entrando nel vissuto delle persone”. A conclusione dell’evento, è salita sul palco Alba Marina Ospina Dominguez, una giovane colombiana, per presentare il progetto DiMMi, diari multimediali migranti, che ha l’obiettivo di sensibilizzare e coinvolgere i cittadini sui temi della pace, della memoria e del dialogo interculturale. A Pieve di santo Stefano, paese colpito durante l’ultima guerra, è stato creato un Archivio Diaristico Nazionale che raccoglie circa 500 testimonianze autobiografiche di migranti, rappresentative di 62 differenti paesi di provenienza. “Desideriamo condividere cosa significa essere in movimento. Spostarsi è un atto politico perché ogni paese è diviso da frontiere, da barriere che non ci permettono di attraversare e arrivare dove vogliamo” afferma Alba, vincitrice della settima edizione del concorso promosso dall’Archivio. “Da questo principio nasce il progetto, un archivio di storie cariche di orrori, di speranza, di pregiudizi, di rivalsa. Tante piccole gocce creano una pioggia, tante microstorie creano una macrostoria, un patrimonio culturale per noi tutti”.
Alessandro Masseroni
(4 ottobre 2024)
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