Perché anche lo sfruttamento lavorativo è tratta di esseri umani

Tavola rotonda sulla tratta di esseri umani, Roma, 9 gennaio 2014“Perché si tratta di te” la tavola rotonda del 9 gennaio 2014 nella “Sala Gonzaga” del Campidoglio, ha nel titolo stesso il suo senso più profondo. L’argomento manifesto è la tratta di esseri umani, quello sottinteso è che sia una fenomeno del quale chiunque può diventare oggetto, anche semplicemente scegliendo di partire per un lavoro, affidandosi a qualcuno che poi si rivela essere uno sfruttatore.

Gli stranieri, in questo squallido traffico di vite, si trovano ad avere ancor meno difese, illusi dalla prospettiva di una vita finalmente felice, si fidano di chi invece è subito pronto a venderli.  Lo racconta Betty Pedraza Lozano, direttrice di Espacio de Mujer (Medellin, Colombia) fornendo una visione internazionale attraverso l’esperienza della sua associazione in Colombia “con la quale cerchiamo di aiutare le donne vittime di tratta attraverso la creazione di alternative, lavorative e sociali, in modo da provare a prevenire il rischio d’incorrere nella tratta stessa e soprattutto nelle persone che subdolamente la alimentano”.

Riportando la discussione in Italia, ed in particolare nella capitale, Elena Improta, consigliera del II municipio di Roma, ribadisce il merito delle associazioni radicate sul territorio Welcome e Piuculture che operano nel II municipio e forniscono da anni risposte concrete ai problemi degli immigrati, attraverso l’insegnamento dell’italiano agli stranieri ed il giornale, ad esempio, cercando così di ridurre il disagio con il quale si trovano a confrontarsi quotidianamente, di cui la tratta può essere una drammatica conseguenza”.

Elena Improta, consigliera II municipio Roma, tavola rotonda
Elena Improta, consigliera II municipio Roma

D’altro tipo è l’esperienza di Francesca de Masi, coordinatrice sportello per donne vittime di tratta, Cooperativa BeFree, che parla delle donne del CIE di Ponte Galeria “in quella realtà, già di per sé ai limiti e fortemente degradata, la collocazione di donne potenzialmente vittime di tratta, aumenta i problemi e le probabilità che finiscano in questa terribile rete”. In tal senso ribadisce Carla Quinto, avvocata di BeFree, come sia impellente intercettare tali vittime sin dai CIE e dai CARA “luoghi che oggi sono diventate di frontiera, e dove bisogna guadagnarsi, con grande difficoltà, la fiducia di donne che hanno paura, tanta”.

La denuncia della Quinto è chiara “si sta indebolendo il rapporto di sinergia tra i partner, ovvero istituzioni, associazioni e professionisti. La lentezza nei tempi di risposta rispetto ad un permesso di soggiorno, chiesto per una donna che abbia denunciato i propri aggressori, complica il suo inserimento esponendola ad un ulteriore rischio,” e chi non ottiene il permesso di soggiorno permane nella condizione di clandestinità.

L’avvocata della Caritas Caterina Boca, avvocata della Caritas, sottolinea come l’Italia sia stata la prima a dotarsi di norme tanto all’avanguardia in materia d’immigrazione “l’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione comprende infatti anche l’aspetto umanitario”. La difficoltà maggiore che la Boca incontra, per quanto riguarda i casi di sfruttamento lavorativo, concernono il fatto che spesso non ci si renda conto di esserne oggetto e quindi non si veda la necessità di denunciarlo “ma lavorare tutto i giorni l’intero giorno spesso senza alcun giorno libero, è sfruttamento”, punto.

La chiosa di Alessandra Sannella, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, mette l’accento su un punto dolente “lo sfruttamento è alimentato dalla società italiana, fatta dei nostri uomini, padri, fratelli, mariti e figli, che perpetrano modelli negativi. Spesso incorriamo, ancora, nell’errore di non educare i nostri figli al rispetto, giustificandone comportamenti, che alla lunga e nella peggiore declinazione, portano allo sfruttamento dell’altro”.

La tratta di esseri umani continua ad essere un fenomeno attuale, e denunciare e sensibilizzare, sono alcune tra le azioni impellenti e necessarie da promuovere per porvi fine.

Per ulteriori approfondimenti è disponibile il documento scaturito dalla tavola rotonda.

Piera Francesca Mastantuono

(16 gennaio 2014)

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