Soggetti passivi che arrivano dal mare e tendono a delinquere. Così, in sintesi, i media italiani rappresentano i migranti. Il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza il 19 marzo ha dedicato all’argomento una giornata di studio che è stata l’occasione per presentare il numero Fuori dalle emergenze. Immagini dell’immigrazione nei media italiani della rivista ComunicazionePuntoDoc curata e redatta da dottorandi, docenti e ricercatori di diversi atenei.
“Il 45 per cento delle notizie che parla di flussi migratori sono notizie di sbarchi, nonostante il 2012 sia stato un anno relativamente calmo. Un altro dato che emerge è la rappresentazione passiva dei migranti come soggetti che subiscono azioni”, Djordje Sredanovic si è occupato della stampa per il rapporto Carta di Roma 2013. E aggiunge: “si continua a parlare del tema soprattutto quando si racconta di criminalità”. Valeria Lai, dottore di ricerca presso la Sapienza e curatrice della rivista, conferma le due tendenze: “il giornalismo ha l’abitudine di racchiudere l’immigrazione all’interno della cornice della cronaca nera offrendo uno specchio poco fedele dei fenomeni sociali”.
Un altro dato interessante lo sottolinea Gaia Farina dell’Osservatorio Carta di Roma: “L’immagine della donna resta marginale rispetto a quella dell’uomo. Nel caso delle giovani migranti e figlie di immigrati prevalgono due rappresentazioni: protagoniste del mondo dello spettacolo oppure vittime di famiglie patriarcali. Soltanto il dibattito sullo ius soli pone al centro le opinioni femminili”.
Per Donatella Pacelli, docente di sociologia all’Università LUMSA di Roma, i fatti e la loro rappresentazione sono un punto centrale. Per parlare di altre culture “dovremmo lavorare sulla stampa etnica- come si raccontano loro? E sarebbe necessaria anche una maggiore attenzione ai minori perché quella terminologia confusa che riguarda i migranti adulti è ancora più pesante sui minori. Non possiamo chiamarli la generazione involontaria: sono propositivi, vogliono fare, non sono parte di quel loro, stanno nelle scuole con i nostri figli, sono noi, non loro”. Gaia Peruzzi, infatti, ricercatrice in Sociologia dei processi culturali a La Sapienza, nel video documentario WE MIX ha lasciato che le seconde generazioni e i giovani migranti si raccontassero attraverso le loro passioni: danza, sport, musica.
I mezzi di comunicazione, non tutti e non allo stesso modo, spesso tendono a banalizzare e a mortificare le trasformazioni di una società che assorbe culture diverse, il frutto di quella mescola genetica di cui parla Erri De Luca. Ma lentamente qualcosa sta cambiando, e Mario Morcellini, direttore del dipartimento Coris, riconosce una buona parte del merito alla comunità scientifica che è servita a civilizzare il dibattito e in alcuni casi a influenzare la politica. Ha capito l’importanza del modo in cui si comunicano argomenti delicati come questo, e ha contribuito a percepire l’immigrazione come una risorsa, non più come un problema. “In un mondo cinico, legato agli interessi, la chiave di volta per un cambiamento di paradigma è dimostrare l’indispensabilità economica dei migranti”.
Rosy D’Elia Sandra Fratticci (26 marzo 2014)
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