Il 23 settembre, solo pochi giorni fa, è stato presentato a Bruxelles il Patto su asilo e immigrazione. La proposta di revisione del sistema di accoglienza europeo, che modificherà quanto introdotto dal Regolamento di Dublino, agirà su tre diversi livelli: promozione di accordi con i paesi di partenza anche extra Ue, sul rafforzamento delle frontiere esterne e sull’incoraggiamento alla solidarietà. La presentazione era stata fissata al 30 settembre ma, a causa del grave incendio del campo profughi di Lesbo, è stata anticipata.
In Italia, la rotta Balcanica è stata al centro dell’attenzione già quest’estate quando l’onorevole Magi ha sottoposto il Viminale ad un’interpellanza sulla legalità delle riammissioni informali tra Italia e Slovenia. La risposta del Ministero dell’interno sembra non voler lasciare ombra di dubbio, le procedure di riammissioni informali verso la Slovenia sono applicate anche qualora si manifesti l’intenzione di richiedere la protezione internazionale. Un mese e mezzo dopo la ministra Lamorgese, in conferenza stampa a Trieste, ha ribadito il contrario: i respingimenti, che devono avvenire nel pieno rispetto della normativa internazionale, non possono essere assolutamente applicati ai richiedenti asilo.
Nel frattempo, i migranti continuano a testimoniare delle violenze subite su molte frontiere, rispettando un canovaccio ormai sempre uguale. Border Violence, nell’ultimo report di agosto 2020, ha monitorato quanto accade alla frontiera italiana; nonostante i migranti fossero richiedenti di protezione internazionale sono stati respinti illegalmente verso la Slovenia, in virtù di un accordo che lega le due nazioni dal ’96.
Una volta in Slovenia il respingimento continua verso la Croazia dove alcuni raccontano di essere stati privati di cellulari dalla polizia locale e caricati su autobus per essere rimandati ancora più indietro. In Croazia, non sono inusuali violenza e vessazioni da parte delle autorità, “All migrants respect police, but the police say no respect”, riferisce un testimone attraverso BVMV. I respingimenti continuano verso la Bosnia ed Erzegovina che rappresenta il punto più critico di tutto il crocevia dei Balcani. Qui le presenze registrate nel 2019, secondo dati UNHCR, sono state 29.196 contro le 24.067 dell’anno precedente. A rendere difficile il passaggio e la permanenza in territorio bosniaco è la frammentaria situazione politica locale nonché le misure estreme e violente adottate dalle autorità.
Cos’è il respingimento
Il “respingimento” o “pushback” è un provvedimento attraverso il quale chiunque voglia valicare il confine di uno Stato sprovvisto dei requisiti di ingresso viene rimandato indietro, spesso come in una sorta di girone infernale. Il respingimento può essere immediato, attuato fisicamente dagli agenti di frontiera, o differito cioè applicato anche sugli stranieri già presenti sul territorio.
L’applicazione del provvedimento prevede una particolare attenzione nei confronti degli individui in condizioni psicologico-sanitarie precarie. Nella legislazione italiana, all’articolo 19 del T.U, si specifica che in nessun caso possono essere respinti minori stranieri non accompagnati, donne in stato di gravidanza e individui in critiche condizioni di salute se non con modalità compatibili con le singole situazioni personali debitamente accertate.
I dati sugli attraversamenti
Nel corso del 2019, secondo dati Frontex, gli attraversamenti irregolari sulla rotta balcanica occidentale sono stati 15.152, molti di più rispetto all’anno precedente quando ne sono stati registrati 5.689.
Il 2016 è un anno spartiacque per l’immigrazione lungo questa rotta. Il 18 marzo l’UE e la Turchia hanno firmato un accordo per contrastare l’immigrazione illegale, raggiungendo ottimi risultati sugli ingressi regolari nell’Unione. Gli irregolari, però, sono aumentati raggiungendo la soglia dei 130.325. Tornando al 2019 le tre comunità migranti più numerose in ingresso in Italia dalla rotta balcanica sono afghana (5.338), siriana (4.643) e irachena (1.498).
I dati sugli arrivi in Italia dalla rotta balcanica
L’andamento dei permessi di soggiorno rilasciati dalla regione Friuli, prima porta di ingresso per l’Europa, è stato decrescente negli anni. Dai 91.127 concessi nel lontano gennaio 2012 agli 83.895 nel 2019. Le prime nazionalità per presenza sono serba/kosovara/montenegrina (11.096) a seguire albanese (9.382), ucraina (5.382) e bangladese (5.004). La composizione di genere è disomogenea, infatti le donne sono il 47,6% mentre nel 2012 erano esattamente la metà.
I numeri dei MSNA
I territori della rotta balcanica sono particolarmente impervi e l’attraversamento è altamente sconsigliato a famiglie con minori a seguito. Ma l’elevato numero di giovani e Msna intercettati sulla rotta racconta il contrario. Nell’ultimo report di Save the Children si stima che circa 200.000-300.000 bambini hanno viaggiato attraverso i Balcani dal 2015. In questo arco temporale le condizioni di accoglienza dei minori sono peggiorate e i tassi di riconoscimento dell’asilo sono diminuiti. Alcune testimonianze di bambini rifugiati e migranti raccolte dall’Ong in Serbia confermano l’eccesso di violenza da parte dalla polizia o dalle autorità di frontiera. Nel 2019, più di un terzo dei minori in viaggio sulla rotta Balcanica è stato respinto al di la dei confini europei.
In Italia, secondo un report redatto dalla Regione Friuli alla fine del 2019 la presenza dei minori nei nuclei famigliari alla frontiera triestina è il 49%.
Nel secondo trimestre di quest’anno i Msna regolarmente registrati su territorio friulano sono 960, perlopiù maschi. Le principali nazionalità sono afghana (276), pakistana (221), bangladese (180) e kosovara (139) e l’età media è compresa tra i 14 ed i 17 anni. Durante il 2019 i Msna accolti in Friuli sono passati da 676 a 939. Le prime tre nazionalità più numerose si sono differenziate nel corso di tutto l’anno con un’alternanza tra kosovari e pakistani. Appare lampante, piuttosto, una diminuzione di minori albanesi che passano dalle 312 presenze nel 2017 sino alle 65 di quest’anno.
Giada Stallone
(30 settembre 2020)
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