MSNA nel circuito della prima accoglienza, le testimonianze

MSNA in Italia, la prima accoglienza secondo le testimonianze dei ragazzi. Foto di Carolina Munzi presso il centro A28

Sono 6.612 i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, secondo i dati ministeriali aggiornati a marzo di quest’anno. La maggior parte di loro ha tra i 16 e 17 anni, quindi prossimi a diventare maggiorenni e a lasciare il sistema di accoglienza dedicato per iniziare una nuova fase della vita nel nostro Paese. Ma come avviene la prima accoglienza dei minori? Quali sono state le tappe principali del loro percorso e, soprattutto, quanto si sono sentiti realmente accolti? Sullo sfondo il nuovo vademecum del ministero sulla presa in carico e l’accoglienza dei Msna, ma la parola ora va ai ragazzi stranieri arrivati in Italia che hanno direttamente vissuto l’esperienza e che, negli anni, hanno preso parte al laboratorio audiovisivo e di scrittura “Niente Paura” promosso dalla redazione Piuculture.


Leggi l’approfondimento sul Vademecum del Ministero per la presa in carico e l’accoglienza dei MSNA


 

Msna e accoglienza, l’esperienza di Daby

Daby ha 20 anni, viene dal Mali e ha carisma da vendere. È arrivato in Italia nel 2017, a soli sedici anni e ha vissuto in varie città siciliane prima di stabilirsi definitivamente a Roma. “Sono arrivato via mare a Palermo, ma ci sono rimasto solo un giorno prima di essere trasferito a Partinico. Al mio arrivo c’erano dei mediatori culturali perché non capivo nessun’altra lingua se non l’arabo, che avevo imparato in Libia, e il bambara”. Il primo approccio di Daby con gli operatori di prima accoglienza è stato positivo, si è sentito ascoltato rispetto alle proprie vulnerabilità e necessità. Ma il primo Cas nel quale entra non sembra fare al caso suo: “non è andata molto bene, non mi è piaciuto stare lì. Io non volevo solo accomodarmi, quindi mangiare, bere e dormire ma volevo studiare e avere il tempo e il modo per recuperare tutto quello che non sono riuscito a fare in Africa”.

Ha lasciato quella struttura per un altro centro siciliano, a Salemi. “Lì ho cominciato a studiare due giorni a settimana, oltre a dare una mano agli operatori in tante altre attività. Quando il centro ha chiuso sono dovuto ritornare a Partinico in un’altra struttura e per fortuna mi è andata bene”.
Compiuti i 18 anni ha avuto la possibilità di scegliere in quale città trasferirsi, scelta sulla quale non ha avuto alcun dubbio perché “Roma è la capitale e penso ci sia molta più possibilità di trovare un lavoro, di conoscere persone. In Sicilia la gente non mi salutava e io ho bisogno di vivere a contatto con le persone”.
Della sua quotidianità romana Daby è abbastanza soddisfatto ed è alla ricerca di un lavoro ma a causa dell’esito negativo della commissione per l’ottenimento di un permesso di soggiorno regolare non riesce a trovare un impiego. “Senza i documenti in regola è difficile lavorare, le persone si comporteranno sempre male nei tuoi confronti. Il rischio è quello di diventare una persona che non sei tu”. Rispetto al lavoro delle comunità, Daby non generalizza perché “ci sono comunità che lavorano bene e altre male. Alcuni mi avevano promesso che mi avrebbero aiutato a comprare delle cose per soddisfare i miei bisogni e poi non è stato così”.

Daby continua a studiare, attualmente segue dei corsi di diritto commerciale e arte. “Le esperienze che ho avuto in Mali non hanno un riconoscimento in Europa. Ad esempio, so fare il pane perché ho spesso dato una mano ad un amico che gestiva un panificio. Quando sono arrivato in Italia ho fatto subito un corso per panettieri e ho dovuto apprendere cose nuove: ad esempio ad usare le macchine e le impastatrici, perché in Mali lavoriamo tutto a mano”.

Msna e accoglienza, i primi passi di Armando

Armando ha 17 anni, viene dal Texas e non è mai stato in uno stesso posto per tanto tempo. Prima di arrivare in Italia un anno fa ha vissuto in Giamaica, Pakistan e Danimarca per motivi familiari. È arrivato in Italia con sua madre ma attualmente vive in una casa famiglia a Roma. “Quando sono arrivato ho vissuto in albergo per qualche settimana, prima di essere rintracciato e accompagnato in una casa famiglia”. Al primo colloquio dice di aver dovuto rispondere a tante domande, “principalmente su me stesso e non sulle mie necessità”.

Non sa descrivere la propria esperienza al centro perché “non conosco il funzionamento degli altri luoghi di accoglienza, non so come trattano gli stranieri, ma parlando con amici ospiti in altre case famiglia mi hanno raccontato di quanto siano brutte le loro esperienze”. Prima di arrivare in Italia non conosceva nulla della lingua, se non “sì, no, grazie” ma è riuscito a completare gli studi di scuola media e attualmente continua a seguire altri corsi. “Al momento alla mia casa famiglia non hanno corsi che possono aiutarmi in quello che vorrei fare come lavoro, infatti mi piacerebbe specializzarmi in informatica”.

Rispetto alla sua esperienza nell’accoglienza Armando non sembra molto entusiasta: “sento solo che tutto è molto lento e che gli educatori non impiegano molto tempo nell’ascoltare i nostri bisogni. Penso che dovrebbero preoccuparsi di più e cercare di prendersi più cura di noi”.

Giada Stallone
(21 aprile 2021)

Leggi anche: