GUERRA – che mette alla prova l’idealismo dell’Europa

Niente sarà come prima? L’interrogativo che la guerra in Ucraina ci pone inquieta ma, come ogni crisi, può aprire ad altre possibilità. Finora l’idealismo su cui è stata fondata l’Europa non è apparso in forma smagliante nelle scelte di politica migratoria e nell’accoglienza dei profughi dai tanti Paesi in guerra che ci sono nel mondo, anzi! Non possiamo dirci soddisfatti della capacità della UE di armonizzare gli ideali su cui è nata – primi fra tutti la pace, la libertà, i diritti della persona – con gli interessi di un sistema economico globalizzato e con quelli delle singole nazioni.

Guerra in Ucraina. Bombardamento a Kiev. Foto da Google
Guerra in Ucraina. Bombardamento a Kiev. Foto da Google

Però oggi questa guerra sconvolge anche i parametri culturali con cui guardiamo il mondo. Ci troviamo a fare i conti con dilemmi a cui non eravamo più abituati: il pacifismo è messo in discussione da una politica miope, che non è stata capace di trovare soluzioni ai conflitti; la coscienza morale si deve confrontare con la Realpolitik; la libertà con la sopravvivenza. Perché dobbiamo riconoscere che la guerra non è mai diventata un tabù e tempo ci vuole perché l’utopia di Gino Strada – che ha messo la sua professione di chirurgo di guerra al servizio del diritto di ogni persona alla salute e alla cura – diventi davvero la forza delle democrazie (Gino Strada, Una persona alla volta, Feltrinelli 2022).
In situazioni estreme si è costretti a scegliere e quindi a verificare la propria capacità di coerenza tra principi e realtà, a decidere cosa è giusto o cosa conviene, e questo inevitabilmente chiama in causa l’idea di Europa che vogliamo difendere o cambiare.
E allora certamente, ciò che ci è prossimo ci commuove e turba di più, l’ondata di solidarietà verso i profughi ucraini scalda il cuore e la capacità della UE di prendere decisioni unitarie in tempi brevi conforta. Ma al nostro confine nord-orientale poco lontano dai profughi ucraini che stanno arrivando ci sono altri profughi – siriani, afghani, pakistani, iracheni. Le immagini dei primi ci commuovono, quelle dei secondi non ci sono (a parte qualche reportage di giornalisti coraggiosi) perché si devono nascondere altrimenti vengono ricacciati indietro. Per non parlare del Mediterraneo attraversato continuamente da barchini e barconi che spesso non approdano neppure (l’8 marzo sono morti in un naufragio 50 migranti).
La guerra in corso, insomma, ci obbliga a “vedere” anche le altre guerre. Nel corso degli anni sono state raccontate (ad es. Guerre nere. Guida ai conflitti nell’Africa contemporanea di Mario Giro, Guerini e Ass. 2020, che spiega il nesso tra guerre e mercato). Dal 2009 l’Associazione 46° parallelo, allo scopo di promuovere una cultura democratica attiva, cura l’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, Ed. TerraNuova, arrivato nel 2021 alla sua decima edizione. Ma queste pubblicazioni non sono mai diventate stimolo per l’azione politica.
L’Atlante elenca circa 30 guerre in atto nel mondo, tante in Africa. Di ogni guerra si analizza la complessità delle cause: cambiamento climatico e riduzione di risorse alimentari, lotte etniche e tribali, conflitti religiosi e jihadismo… E ovunque il business delle armi, che qualche giorno fa, 9 marzo, è stato celebrato in una grandiosa fiera internazionale in Arabia Saudita.

Luciana Scarcia
(15 marzo 2022)

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