Ouidad Bakkali: la politica è (anche) un discorso di identità

Ouidad Bakkali, 36 anni, è stata eletta alla Camera con il Partito Democratico nelle elezioni del 25 settembre, per il collegio plurinominale di Ravenna. Insieme ad Aboubakar Soumahoro (Alleanza Verdi e Sinistra Italiana) e a Sara Kelany (Fratelli d’Italia) rappresenta la componente di deputati con background migratorio afrodiscendente eletta in Parlamento: quali le istanze e i temi che vorrà far valere nel suo mandato politico?

ouidad bakkali
Dall’impegno politico territoriale a Ravenna fino al Parlamento: intervista a Ouidad Bakkali. Foto Facebook

Ouidad Bakkali: una candidata legata al territorio

Donna, giovane, origini marocchine, Ouidad porta in Parlamento un’esperienza politica decennale maturata a livello territoriale, essendo stata a più riprese assessore presso il Comune di Ravenna. L’ambizione è quella di portare in Parlamento e dare sbocco politico a tutti questi ‘pezzi di identità’. “Non penso che la mia candidatura sia condizionata o comunque legata all’aspetto identitario, alle mie origini”, spiega “Mi sento più che altro espressione di un legame con il territorio. Il percorso per la mia candidatura viene da lì, da un lavoro lungo anni per i diritti sociali e civili, per le politiche di genere, con un’attenzione speciale alle politiche scolastiche, di cui sono stata assessore al comune di Ravenna. Guardo con interesse e partecipazione al nuovo e crescente protagonismo dei giovani e delle giovani con background migratorio sul piano dell’associazionismo, ma anche su quello strettamente politico: nelle ultime amministrative le nuove generazioni hanno ottenuto forti successi, mi sembra un dato importante.”

Il grande tema della riforma della cittadinanza

Per Ouidad la politica si dovrebbe attuare attraverso un costante dialogo tra “il dentro” e “il fuori” dal Parlamento, soprattutto quando si tratta di riforme importanti come quella della cittadinanza, arrivata lo scorso luglio alla discussione alla Camera grazie all’impegno e alla forza propulsiva delle associazioni di nuove generazioni e della società civile. “Sul tema della cittadinanza mi piacerebbe che si riuscisse ad intavolare un discorso trasversale tra le forze politiche, libero quando più possibile da posizioni preconcette. In questo caso ci troviamo di fronte non soltanto a un’ingiustizia, ma ad un vero e proprio vuoto normativo, che dà origine a una parte sempre più consistente di popolazione di cittadini di fatto ma non di diritto. Con lo Ius scholae si è cercato proprio di cercare un accordo per dare finalmente una risposta a queste istanze, partendo anche da una posizione di compromesso.

Io, da parte mia, sarei per lo Ius soli – a Ravenna siamo riusciti come amministrazione a concedere la cittadinanza a tutti i nati nel 2004 – però nel gioco politico parlamentare bisogna talvolta acconsentire a passare per una porticina invece che dal portone principale. Brescia (il deputato promotore del progetto di riforma basato sullo Ius scholae, ndr) ce l’ha messa tutta per portare a compimento questo progetto, promuovendo soprattutto quel continuo dialogo tra il dentro e il fuori di cui parlavo prima. Poi però sappiamo com’è andata a finire. Mi piacerebbe, qualora si riuscisse a riproporre in Parlamento il tema della cittadinanza, che la discussione si focalizzasse anche sul piano pratico, definendo con precisione, per esempio, tempistiche e procedure, perché nel discorso astratto difficilmente si riesce a comprendere cosa significa dover aspettare più di 24 mesi per avere risposta alla propria istanza.”

Assomigliare di più alle persone per essere credibili

Ouidad entra in Parlamento tra le fila di un partito che ha registrato un sensibile calo di consensi rispetto agli ultimi anni. Il PD, alla soglia del congresso nazionale, nelle ultime settimane ha espresso la volontà di un serio ripensamento sulla propria identità e sul proprio futuro. “Credo che dobbiamo assomigliare di più alle persone che vogliamo rappresentare. La mia candidatura è risultata vincente perché fortemente ancorata al territorio: un conto è proporre un candidato calato dall’alto, ben altra cosa invece è creare una lista di candidate amministratrici locali, come è successo nel mio caso, che hanno avuto modo di lavorare e approcciarsi direttamente ai problemi di quello specifico territorio. Anche questo è un modo per assomigliare alle persone, che poi si traduce in un problema di credibilità.

Noi come partito oggi soffriamo proprio di un deficit di credibilità: non solo siamo stati penalizzati dall’esperienza di governo, ma soprattutto non abbiamo fatto abbastanza per rimarginare la ferita del 2017 e di tutto ciò che ne è conseguito – rifiuto di trattare temi ritenuti divisivi come lo Ius soli, allontanamento dai temi sociali e dalla base elettorale. In queste elezioni abbiamo scontato in pieno gli errori del passato. Nel nostro programma elettorale abbiamo messo in evidenza alcuni temi e battaglie sociali che ritengo di fondamentale importanza – matrimonio ugualitario, fine vita, questione giovanile, lavoro – ma non siamo riusciti a farli diventare parte della nostra immagine, come se non li avessimo per niente trattati. Io credo che il PD debba recuperare una sua posizione identitaria netta e chiara, che permetta di affrontare senza tentennamenti e con una linea ben definita temi decisivi come la coesione sociale, il nostro posizionamento sull’attuale modello economico e di sviluppo che non risponde più alle persone, il tema fondamentale del lavoro e delle minoranze.”

Il ritorno della paura dei migranti

Il nuovo Governo che si andrà definendo in questi giorni è già al centro dell’attenzione nazionale e internazionale per molte questioni, non ultima quella dell’immigrazione. La posizione dei principali partiti della coalizione di centro-destra sul tema è rimasta ancorata a formule di un passato che si credeva interrotto dalla parentesi pandemica, in cui il fenomeno migratorio figurava lontano dal podio delle principali fonti di inquietudine degli italiani. “Blocco navale”, “porti chiusi”, “freno dell’immigrazione illegale”, “decreti sicurezza”, “difesa dei confini” tornano ad essere le parole d’ordine di una linea politica che lascia ben poco spazio all’immaginazione.

“In questi anni abbiamo capito che l’immigrazione è stato un tema fortemente strumentalizzato. Ma non possiamo accontentarci di ridurre la questione alla responsabilità di chi ha cavalcato la paura dello straniero per puri fini elettorali. Se gli slogan hanno trovato terreno fertile è perché sono riusciti a dare in qualche modo – per noi ovviamente sbagliato – risposta a domande sociali rimaste per lungo tempo ignorate, penso per esempio alla minaccia del ‘furto del lavoro’. Le paure fomentate contro i migranti continueranno a trovare seguito finché non sapremo dare risposte a queste domande. Un altro versante su cui dobbiamo svolgere un lavoro di attenta vigilanza e opposizione è quello del posizionamento sul piano internazionale ed europeo: è nota la facilità con cui si stringono accordi sulla pelle dei migranti. Non possiamo permetterci passi indietro.”

Silvia Proietti
(12 ottobre 2022)

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