Manca meno di una settimana all’appuntamento elettorale del 25 settembre e un dato sembra essersi imposto nelle previsioni dei vari sondaggi: il 35% degli italiani ha scelto l’astensionismo.
Allo schieramento di coloro che scelgono di non votare, si oppone quello di coloro che, pur volendo, non possono votare perché privi del requisito fondamentale del possesso della cittadinanza italiana. Si tratta di tutta quella popolazione con background migratorio che include, oltre ai molti cittadini stranieri in attesa di ottenere il riconoscimento della cittadinanza in base alla L. 91/92, molti esponenti delle cosiddette “seconde generazioni”, o nuovi italiani o italiani senza cittadinanza. È una componente sempre più in crescita nella società italiana: nel 2020, riporta Save the Children, sono stati 877 000 gli studenti senza cittadinanza italiana iscritti nelle scuole italiane. Senza una riforma della cittadinanza, anche per loro quello al voto rischia di essere un diritto da conquistare, niente affatto garantito.
Daniela Ionita: attivismo e politica ma senza voto
Daniela Ionita è una studentessa ventitreenne di Cooperazione internazionale e sviluppo, nonché attivista presso diverse ONG che operano in campo nazionale e internazionale. “Sono un’italiana senza cittadinanza perché sono arrivata in Italia dalla Romania soltanto a 7 anni. In realtà, allo stato attuale, sono un’aspirante cittadina italiana nel limbo della burocrazia per la conclusione della pratica. Ho avuto la sfortuna di trovarmi a presentare la domanda di cittadinanza in Questura ad agosto 2020, quando era ancora in vigore l’allungamento a quattro anni dei tempi per l’accertamento dei requisiti per l’ottenimento della cittadinanza, disposto dall’allora ministro dell’Interno Salvini con il D.L. 113/2018. Con la L. 137/2020 il termine è stato di nuovo ridotto a 24 mesi, ma senza valore retroattivo per le pratiche presentate prima del 21 dicembre 2020, come nel mio caso.”
Daniela, in realtà, è consapevole di appartenere a una categoria privilegiata di italiani senza cittadinanza, perché cittadina comunitaria: pur non avendo la possibilità di votare per le elezioni politiche, può comunque esercitare il diritto di voto alle elezioni amministrative, previa iscrizione presso la lista elettorale aggiunta del comune di residenza, e alle elezioni europee. “La cittadinanza europea mi ha permesso di muovermi liberamente da un paese all’altro dell’Unione e di vivere questi anni libera dall’assillo del rinnovo del permesso di soggiorno. Per una persona come me, che fin dagli anni del liceo si è dedicata all’attivismo sotto varie forme, non poter incidere sulla vita politica di quello che è il paese in cui sono cresciuta e in cui vivo rappresenta una privazione importante. Io ho sempre cercato di impegnarmi politicamente per il miglioramento della società che mi circonda, ma non posso farlo da protagonista. Senza cittadinanza italiana non solo non puoi votare ma, per esempio, non puoi partecipare a molti concorsi pubblici. In alcuni casi una piccola quota dei posti a bando viene riservata ai cittadini comunitari o non comunitari. Per alcune professioni in ambito pubblico, come quelle relative all’ambito sanitario, l’accesso al mondo del lavoro è di fatto precluso: i medici senza cittadinanza italiana possono esercitare soltanto privatamente”.
Il voto che verrà
Non poter votare il prossimo 25 settembre non ha impedito a Daniela di farsi un’idea sulle misure politiche che vorrebbe venissero adottate e le priorità che il paese dovrebbe affrontare. “Se avessi potuto votare avrei sicuramente favorito coloro che promuovono un approccio più concreto alle realtà sociali più marginali e alle problematiche sociali più urgenti. Avrei premiato, inoltre, l’attenzione ai temi della lotta alle mafie e alla tutela delle persone nei centri di accoglienza, spesso abbandonate a un destino di disservizi e abusi. Mi avrebbe fatto piacere sentire qualche discorso in più sul grande tema dell’accoglienza e del razzismo istituzionalizzato che ancora sembra vigere in Italia, ma anche il riconoscimento, a un livello più pratico, dell’inferno burocratico che permea tutto il mondo dell’accoglienza, dalla richiesta di asilo, alle pratiche per il riconoscimento della cittadinanza.”
Sonny Olumati: l’impegno per gli “italiani non riconosciuti”
Sonny Olumati è un ballerino, coreografo, autore, attivista. Oltre questo è anche un italiano senza cittadinanza, sebbene sia nato a Roma trentasei anni fa, ma da genitori nigeriani. Nel 1986, anno di nascita di Sonny, non era ancora entrata in vigore l’attuale legge che disciplina il conferimento della cittadinanza italiana, la L.91/92. Ma con questa legge Sonny si trova ancora oggi a fare i conti. “Non ho ricevuto a 18 anni la famosa cartolina che viene inviata ai neo-diciottenni stranieri che possono fare la domanda di cittadinanza, e questo non è stato che l’inizio di un iter complesso che ancora non si è risolto. Per problemi burocratici relativi alla richiesta di documentazioni assurde e non previste dalla legge, spesso a totale discrezione del singolo funzionario, la mia domanda risulta sospesa da ben 18 anni. Non accettata né rifiutata, ma sospesa. Nel frattempo ho continuato a vivere e a lavorare in questo paese con un permesso di soggiorno che devo rinnovare ogni 2 anni, per andare all’estero devo richiedere necessariamente dei visti e recentemente, alla mia richiesta di registrare due aziende da me aperte, mi è stato risposto che devo attendere il prossimo decreto flussi.”
I nati italiani ma non riconosciuti dalla legge, secondo Sonny, rappresentano una categoria specifica all’interno del complesso universo dei non italiani, che meriterebbe un’attenzione mediatica e politica differente rispetto ai discorsi generalmente compiuti sull’immigrazione. “Noi nati da genitori stranieri in Italia non siamo migranti, ma cittadini italiani non riconosciuti. Rappresentiamo la maggioranza dei giovani stranieri in Italia, anche se la nostra specificità non viene mai riconosciuta. Siamo anche quelli che maggiormente subiscono l’impostazione profondamente razzista dell’attuale legge sulla cittadinanza e di buona parte dell’Italia.”
Cittadinanza tra Ius scholae e Ius soli
“Io personalmente sono molto critico rispetto allo Ius scholae, che reputo un compromesso pasticciato tra le istanze dei giovani stranieri che arrivano in Italia e quelli che in questo paese ci sono nati. Una riforma veramente efficace della cittadinanza dovrebbe basarsi sullo Ius soli, ma purtroppo ogni tentativo di mettere mano sull’attuale legge viene bloccata da strumentalizzazioni politiche. Per mia esperienza posso assicurare che buona parte di una certa destra sarebbe d’accordo con il riconoscere la cittadinanza ai nati in Italia da genitori stranieri, battaglia che viene invece monopolizzata dalla sinistra. Penso ad esempio al caso di Renata Polverini, con cui ho anche collaborato. Noi giovani italiani non riconosciuti siamo tendenzialmente molto patriottici e spesso simpatizzanti a destra, di questo i politici sono perfettamente consapevoli. Quando la cittadinanza italiana è un traguardo ambito da raggiungere, il tuo attaccamento al paese cresce: Tony Iwoby e Paolo Diop sono due esempi di questa tendenza. Io, pur avendo una mia personale visione politica di stampo liberale, non sarei andato comunque a votare, anche se ne avessi avuto la possibilità. Per me l’impegno politico si concretizza nell’impegno a portare avanti le istanze dei giovani italiani non riconosciuti e a combattere per il loro – e nostro – diritto alla cittadinanza.”
Silvia Proietti
(21 settembre 2022)
Leggi anche:
- Elezioni politiche 2022: immigrazione e ambiente
- Ius scholae: la propaganda e i rinvii che minacciano la riforma
- Ius Scholae: in discussione alla Camera la riforma della cittadinanza
- Cittadinanza italiana: storie e racconti di 30 anni senza riforma
- Noi siamo pronti, e voi? Cittadinanza italiana per Ius scholae subito
- Ius scholae, sarà la volta buona per la riforma della cittadinanza?