Si è svolto mercoledì 15 maggio, presso la sede di Intersos, il seminario Parlo italiano anch’io, organizzato dall’associazione Piuculture per fare il punto sull’attività di sostegno linguistico svolta nell’anno scolastico 2011-2012 in alcune scuole elementari e medie del Municipio II. Un momento di riflessione che, attraverso il coinvolgimento di volontari, famiglie e istituzioni scolastiche, ha puntato a far emergere punti di forza, difficoltà, nuovi spunti e prospettive di sviluppo. 7 azioni per l’integrazione. “Nell’anno scolastico 2010-2011 dei 711.000 alunni con cittadinanza non italiana presenti negli istituti pubblici la metà sono nati in Italia, 8 su 10 nelle scuole dell’infanzia”. In apertura dell’incontro Vinicio Ongini, esperto del MIUR per l’area intercultura e autore del volume Noi domani. Un viaggio nella scuola multiculturale ha illustrato le linee di azione per l’integrazione degli alunni di cittadinanza non italiana recentemente messe a punto dal Ministero: “Si tratta di 7 interventi, previsti per il prossimo anno scolastico, da realizzare attraverso appositi investimenti”. Le azioni vanno dalla realizzazione di un nuovo dossier statistico “che avrà come focus le scuole ad altissima presenza di alunni stranieri”, all’aggiornamento delle linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri del 1 marzo 2006: “È necessario un nuovo documento che faccia chiarezza sulla normativa, tenendo conto dei cambiamenti intervenuti e dell’esigenza di affrontare tematiche come quelle dei bimbi adottati, dei piccoli rom e sinti, della valutazione degli alunni non italofoni”. E ancora interventi per l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda, la promozione di iniziative rivolte agli alunni e alle famiglie di scuole ad altissima presenza di alunni stranieri, l’empowerment degli alunni rom e sinti: “Dei 12.000 rom e sinti iscritti negli istituti italiani ce ne sono circa 150 che frequentano la scuola secondaria superiore. Vogliamo presentarli come esempi, modelli di riuscita scolastica”. Investire sui ragazzi di seconda generazione affinché possano operare come tutor dei nuovi arrivati è l’obiettivo del sesto intervento. Infine un seminario nazionale di formazione sui linguaggi dell’arte e il patrimonio museale, rivolto a insegnanti, dirigenti scolastici e genitori punterà infine a: “Mettere in gioco il ‘petrolio’ dell’Italia, cioè la sua arte, per promuovere l’incontro”. Piuculture nelle scuole: i punti di forza. Tra i fattori di successo dell’esperienza condotta da Piuculture c’è la flessibilità delle azioni di sostegno e l’adattamento ai bisogni individuali: “Abbiamo in media un volontario ogni due bambini” spiega Vanda Giuliano presentando la relazione sull’attività nelle scuole: “Questo ci permette di affiancare al lavoro di gruppo, fondamentale per la socializzazione tra i ragazzi, interventi personalizzati per il singolo partecipante. Siamo disponibili ad aumentare le ore di presenza”. L’approccio ludico centrato sul protagonismo dei bambini offre uno stimolo importante: “Non si sentono penalizzati perché restano a scuola e sono interessati e partecipi”. Grazie alla continuità di presenza le volontarie diventano un punto di riferimento. Nelle classi si istaura un clima familiare: “Per i bimbi noi non siamo delle maestre, ogni tanto qualcuno ci chiama nonna”.“La nostra scuola ha aderito con molto entusiasmo alla proposta di Piuculture” esordisce Anna Allerhand, dirigente della scuola elementare Principessa Mafalda “In un momento in cui le nostre risorse sono vicine allo zero e ad essere penalizzati sono proprio i bambini che hanno maggiori difficoltà siamo ben contenti di poter contare su qualcuno che ci aiuti”. Anche Michele Donatacci, preside delle scuole medie Esopo e Boccioni, si dichiara soddisfatto: “L’associazione si è sempre mossa con molta cordialità e professionalità”. Potenziare l’intervento. “In base all’esperienza realizzata come volontarie di Piuculture pensiamo che due incontri settimanali nelle scuole elementari e uno nelle medie non sono sufficienti. Siamo disponibili a incrementare la nostra attività e pensiamo sia utile offrire ai bambini appena arrivati un sostegno maggiore, anche durante l’orario scolastico, per consentirgli di superare più velocemente l’impatto drammatico con una lingua che non conoscono”.La proposta suscita reazioni diverse. Per Anna Teresa Boschetti, coordinatrice della scuola elementare San Pio X: “L’integrazione si fa in classe, anche attraverso l’interazione ed il confronto con i compagni. Portare fuori un bambino durante le ore di lezione crea disagio perché lo fa sentire straniero”. L’insegnamento della lingua, inoltre: “Richiede competenze e professionalità”. “Nell’ambito del progetto il quartiere siamo noi puntiamo ad aprire la scuola h24 per creare un centro di aggregazione. Ben venga la collaborazione delle associazioni, ma dopo l’orario scolastico”.Di diverso avviso è Loredana Teodoro, dirigente della scuola elementare Mazzini: “Per un bambino che arriva nel secondo quadrimestre, che non ha mai parlato l’italiano in vita sua, essere buttato in una classe in cui segue un’ora di italiano a settimana ovviamente non è molto proficuo. Sarebbe più utile che il ragazzino stesse 4 ore fuori dalla classe a imparare l’italiano per poter poi seguire meglio quello che avviene durante le lezioni e interagire con i compagni”. L’integrazione richiede molte mani. Fortemente condivise le proposte dell’associazione che puntano a rafforzare il rapporto tra volontari e docenti: “In futuro possiamo pensare ad una serie di incontri cadenzati per programmare insieme le attività” afferma Anna Allerhand “Monitorare e modulare nel corso dell’anno gli interventi, effettuare una verifica finale dei risultati raggiunti”. “È necessario prevedere un maggior contatto con i coordinatori di classe e, perché no, una partecipazione periodica delle volontarie ai consigli di classe perché possano offrire il loro apporto” aggiunge Michele Donatacci.L’ulteriore sfida lanciata da Piuculture è la creazione di un osservatorio permanente sugli alunni stranieri del Municipio II, a disposizione di famiglie, istituzioni, volontari: “È nostro dovere raffinare il metodo per essere più pronti ed efficaci possibili” sottolinea Paola Piva, presidente dell’associazione: “Puntando sul radicamento nel territorio che ci permette di seguire i percorsi dei ragazzi vogliamo raccogliere, oltre ai dati numerici, le storie e i casi, dare voce ai diretti interessati, individuare esigenze e fattori di successo”.L’organizzazione di corsi di italiano dedicati ai genitori è, per Anna Allerhand, un’altra buona pratica da estendere e sviluppare: “Il bambino riesce ad inserirsi se tutta la famiglia si integra nella nostra società”. La conoscenza della lingua italiana è uno dei requisiti obbligatori per ottenere la carta di soggiorno di lungo periodo, ma i Centri Territoriali Permanenti, che dovrebbero garantire i corsi gratuiti, non riescono a far fronte all’enorme domanda, come spiega Augusto Venanzetti, coordinatore della Rete Scuole Migranti. Ancora una volta si riconferma il ruolo cruciale del non profit: “Nell’anno scolastico 2010-2011 i 12 CTP di Roma hanno iscritto 6.300 persone. Le scuole del volontariato 9.500 stranieri adulti che vogliono e devono imparare l’italiano per avere la possibilità di restare nel nostro paese”.“A mio avviso la scuola dovrebbe restare aperta nel pomeriggio anche per offrire ai ragazzi attività ludiche e di socializzazione” a sintetizzare il punto di vista delle famiglie è Aziz Darif: “Il doposcuola è fondamentale per aiutare i bambini nei compiti perché spesso i genitori non parlano italiano e non possono seguirli come vorrebbero. Apprezzo molto gli incontri organizzati da Piuculture. A Fidene, dove abito, non esiste nulla del genere”.
Sandra Fratticci(17 maggio 2012)