L’Asp dice: lo screening è per tutte le donne straniere

foto di Christian Coigny

I percorsi di screening mammografico e citologico sono rivolti alle donne straniere, residenti e non residenti. Per quest’ultime sono messi a disposizione i numeri verdi delle singole Asl di appartenenza attraverso i quali si può concordare la prima visita di controllo. La Guida Rosa multilingue è infatti una strategia di comunicazione legata proprio all’estensione del diritto allo screening a tutte le donne straniere, avvenuta nel Lazio nel 2008. “Abbiamo registrato un aumento dei flussi migratori, riscontrato che le donne straniere sono ‘soggetti fragili’ e abbiamo seguito l’esempio di altre regioni come l’Emilia Romagna che lo aveva fatto già nel 2006 “ spiega l’ASP.

La Guida Rosa per le straniere non è uguale a quella italiana. Pubblicata e distribuita in più lingue esclude le non residenti solo nella versione italiana: “scelta editoriale in quanto il programma di screening si rivolge a tutte le donne, ma per le italiane il requisito della residenza non è eludibile, così come è previsto dall’organizzazione della sanità pubblica del nostro Paese. Le fasce d’età coinvolte nei diversi programmi di prevenzione invece sono fisse e valide per tutte”. Cercare soluzione alla risposta esigua delle non italiane ha fatto emergere il problema della lingua. Chiarificatore è stato il fatto che “molte donne straniere residenti non rispondessero agli inviti per posta e che allo stesso tempo più delle italiane accedessero spontaneamente al servizio. Sappiamo che ci sono straniere che parlano italiano, ma l’informazione tecnica è sicuramente facilitata nella propria lingua” spiega il responsabile della comunicazione dell’ASP. I dati confermano che la copertura non è ancora totale, nel 2010 l’invito avrebbe dovuto raggiungere 350mila donne residenti nel Lazio, ne sono state contattate il 68% per lo screening mammografico e il 71% per quello citologico. Di queste hanno fatto i test rispettivamente il 41% e il 27%.

Lo screening non è solo un test, punto e basta. Il legame con la residenza o il domicilio e quindi con l’ASL di riferimento è necessaria: “non stiamo parlando di una semplice visita, ma di un percorso di prevenzione strutturato in controlli cadenzati nel tempo e in livelli di approfondimento, diagnosi e intervento. Al primo appuntamento il 6% delle donne risulta positivo e deve andare avanti nei successivi step” sottolinea Alessandra Barca, Responsabile U.O. S. sistemi di screening presso l’ASP. “Sempre in riferimento allo screening cerchiamo anche di coordinare le situazioni più delicate, dalle disabilità mentali alle vittime di violenza per le quali stiamo studiando nuove strategie di comunicazione e intervento”.

Grafico sull’accesso allo screening alla cervice uterina presentato il 27 marzo 2012 a Viterbo dall’ASP

Ma la lingua non basta. Serve una rete tra operatori ASL e le comunità straniere. Oltre l’aspetto linguistico esistono differenze culturali e religiose. Le cinesi sono molto chiuse all’interno della loro comunità e richiedono una particolare mediazione per via delle barriere linguistiche; le indiane hanno mariti che mediano e parlano con il medico per loro conto; per le bengalesi è necessaria una maggior diffusione di informazione presso la comunità. Le donne rom alla parola ‘tumore’ scappano, parola tabù. Ed ancora, le musulmane per esigenza religiosa di solito preferiscono medici di sesso femminile mentre le filippine hanno paura, si vergognano e preferiscono effettuare i test nel loro paese. Solo le donne dell’Europa centro-orientale aderiscono volentieri a questi test, a loro già noti. “Quest’ultime sono più numerose delle italiane nell’accesso allo screening alla cervice uterina. Abbiamo così compreso che è necessaria un lavoro di sinergia tra gli operatori delle ASL, i mediatori culturali e le comunità religiose o le figure carismatiche di riferimento dei singoli gruppi etnici” racconta Alessandra Barca.  Iniziative che però richiedono agli operatori di intraprendere attività di vero e proprio volontariato. “Con i filippini abbiamo avviato un dialogo proprio partendo da un incontro presso la Basilica di Santa Pudenziana di Roma punto di riferimento per tutta la comunità della provincia. Oltre alla Guida Rosa abbiamo creato la Guida multilingue per lo Straniero reperibile anche sul web”.

percentuali di adesione ai programmi di screening, dal Rapporto presentato nel marzo 2012 a Viterbo dall’ASP

L’importanza della prevenzione Il volume I numeri del cancro in Italia 2012, messo a punto dall’Associazione italiana di oncologia medica – Aiom e dall’Associazione italiana registri tumori – Airtum, presentato lo scorso 26 settembre a Roma presso il Ministero della Salute, ha confermato come, a cinque anni dalla diagnosi la sopravvivenza per le donne con un tumore al seno è del 61% grazie alla maggiore adesione ai programmi di prevenzione. Ricordiamo che l’87% dei tumori diagnosticati nelle donne è proprio quello al seno. “L’aumento dell’incidenza dei tumori alla mammella è dovuto allo stile di vita e all’alimentazione,” risaputo che vino, fumo e cibi grassi sono tra i fattori, “ma anche all’avanzamento delle tecnologie. Vengono infatti individuati più casi, diagnosticati prima che questi divengano problematici. Con la felice possibilità di agire senza l’utilizzo di interventi invasivi, necessari in stadi più avanzati della malattia” sottolinea Alessandra Barca.

Soggetti fragili. Le lesioni trovate nelle donne straniere sono a più alto rischio degenerativo. “Tale riscontro è avvenuto soprattutto nelle donne dell’est Europa.” Le cause sono diverse e di ampio raggio: stile di vita, alimentazione, promiscuità sessuale, minore attenzione alla prevenzione. Fattori che incidono sia su italiane che straniere ma che assumono specificità. Le donne senza figli o quelle che affrontano gravidanze in età avanzata sono più esposte al problema, in questi casi rientrano in maggior numero le autoctone. Le straniere fanno più figli – 2,07 figli per donna rispetto all’1,33 per le italiane – con un contributo alla fecondità italiana del 12% come descrive il Dossier statistico immigrazione 2012 di Caritas e Migrantes. “E’ risaputo che l’allattamento stimola la mammella, la rigenera e rinforza”.

Grafico sull’accesso allo screening alla mammella presentato il 27 marzo 2012 a Viterbo dall’ASP

Per lo screening la comunicazione è fondamentale perchè non è una necessità personale: è un diritto. Ed è un lavoro difficile: “rivolgendo attenzione alle residenti, parliamo di 700mila donne ogni 2 anni per quanto riguarda lo screening al seno – dalla mammografia all’intervento – e  per il pap test di 1,5 milioni di donne tra i 25 e i 64 anni solo nel Lazio. Stiamo avviando il programma di screening al colon-retto, anche qui si parla di 1,5 milioni di persone, uomini e donne, tra i 50 e i 74 anni da chiamare ogni 2 anni”. Il tumore al colon-retto è quello più diagnosticato in assoluto, con oltre 50mila nuovi casi registrati (I numeri del cancro in Italia 2012).“Ci sono degli indicatori che valutano l’andamento del programma di prevenzione: se una Asl ottiene risultati al di fuori di un determinato range, viene contattata per capire qual è il problema. Anche un numero di richieste di analisi di secondo livello troppo alto ci insospettisce, potrebbe essere il risultato di un macchinario obsoleto. L’ASP coordina il programma; le singole strutture devono attuarlo nei territori di competenza”.

Perché si specifica che aumentare gli screening o farli prima della fascia d’età prevista non aumenta la prevenzione? “Capisco il fraintendimento, una brochure è breve, necessita di nozioni chiare e concise. Il motivo è medico. La mammografia su un seno giovane non sarebbe abbastanza sensibile. E nelle diagnosi non si ammettono sfumature, c’è un si o un no. Si recherebbe disagio; mettere  una persona nell’ipotesi che possa avere un tumore ha un forte impatto emotivo. La fascia d’età 50-69 anni è quella che registra una maggiore incidenza e i risultati sono più sicuri. Altrimenti si tratterebbe di fare un altro tipo di programma che dev’essere altrettanto efficace. Percorso a cui stiamo pensando: coinvolge donne dai 45 ai 49 anni ed ha altri tempi, 12-18 mesi tra uno screening e l’altro”.

Alice Rinaldi(8 novembre 2012)

Le diverse Guida Rosa:

guida_rosa_italianoguida_rosa_cineseguida_rosa_araboguida_rosa_franceseguida_rosa_ingleseguida_rosa_tagalogguida_rosa_spagnologuida_rosa_rumeno