Marocco a porte aperte per la festa dell’Indipendenza

festa dell'indipendenza Marocco

“Abbiamo pensato questa festa per incontrare la comunità marocchina, italiana e quelle straniere per fare vedere cosa è un matrimonio, come balliamo, come mangiamo, come parliamo. Gli intervenuti ci hanno dato la forza di creare un ponte tra le due sponde: l’Italia e il Mediterraneo. Ho portato anche i miei figli che invece oggi dovevano andare a studiare arabo: loro sono nati a Roma, devono imparare le tradizioni e icostumi”,  racconta Aziz Darif,  presidente della consulta cittadina delle comunità straniere del comune di Roma e organizzatore della manifestazione Marocco a porte aperte, svoltasi il 30 novembre all’Aranciera di San Sisto. Insieme a Lia Lucci, Khadija Kansala Atika Et Tafs e tanti collaboratori e amici, Aziz si è proposto nella giornata in onore della cultura marocchina di “ricreare l’atmosfera ricca di profumi, colori e sapori di una terra che “noi” abbiamo nel cuore. La più grande comunità di stranieri in Italia è quella marocchina, malgrado la quantità delle persone, ci sono pochi problemi: il marocchino quando arriva nel nostro paese impara subito l’italiano e riesce a comunicare, a vivere e convivere in pace e armonia,  un sentimento che vogliamo trasmettere ai nostri amici, ai vicini e ai compagni di classe” italiani.

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La festa è iniziata con i colori di una scenografia tipica marocchina che ha ospitato alla fine una simulazione del matrimonio ricco di rituali con la preparazione del tè alla menta, i tatuaggi all’hennè e l’elegante portamento delle donne che indossavano i kaftani, un elemento fondamentale nell’abbigliamento tradizionale, insieme alle scarpe cucite e ricamate a mano, rigorosamente abbinate al vestito. Ai  ritmi della musica e della voce del cantante Chab Kadil e del suo gruppo, tra una foto con gli sposi e uno sguardo alla mostra fotografica sul Marocco, man mano che si riempiva la sala, il pubblico ha assaggiato i pasticcini, i datteri e il tè caldo offerti dagli organizzatori. “La bellezza di questi posti era talmente grande che non riuscivo a parlare e ad esprimere sia per barriere linguistiche, che per barriere emotive, quello che vedevo, ho deciso di trasmettere tutto tramite la fotografia nella mostra Spazi di silenzio, curata da Marco Etnasi”, dice Lidia Angelini, che nonostante si trovasse per la prima volta in un paese arabo, è andata nella ricerca delle città piccole, della bellezza locale per trasmettere tramite oltre venti scatti un Marocco inedito e inusuale, inaspettato.

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L’onore dell’apertura ufficiale l’hanno avuto gli allievi della comunità marocchina della scuola Pisacane con l’intonazione dell’inno nazionale italiano, seguito da quello del Marocco, dai ritmi più vivaci, cantato da tutti i suoi cittadini. La poetessa Dalila Hiaoui ha letto le sue opere in arabo e poi ha passato la parola ai suoi allievi della scuola araba che hanno recitato le sue poesie in italiano. Scontenti di aver intonato l’inno senza i ritmi della band, i piccoli hanno ripetuto il brano accompagnati da una base musicale. Questa iniziativa ha dato coraggio a tutti i marocchini presenti che hanno iniziato a ballare al suono della musica tradizionale. Il ballo e il divertimento è stato interrotto da una piccola rappresentazione teatrale sul Multiculturalismo dei bambini della scuola Pisacane.

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“La scuola Pisacane, sopranominata degli immigrati e o dei neri, si confronta ancora con il problema degli italiani che non vogliono portare i figli qui: adesso ci sono 50% italiani e gli altri sono stranieri, ma 4 anni fa c’era una classe con un solo bambino italiano. Assieme ai genitori abbiamo fatto un lavoro duro per contrastare i pregiudizi:  dall’ idea che i bambini immigrati portino malattie o virus, che siano sporchi oppure che la scuola crolli da un giorno all’altro. Oggi la cosa bella è che i piccoli italiani imparano le lingue dei loro colleghi: più di 18 nazionalità, giocano, studiano insieme, fanno corsi di teatro e cultura, si parla di altri paesi, fanno la danza indiana o quella del Bangladesh, c’è uno scambio culturale tra loro. In realtà la maggior parte dei bambini sono nati e cresciuti qui, si sentono italiani”, i bambini marocchini – più di 40 in questa scuola – spiega Abdelfatah Zibar, presidente dei genitori scuola Pisacane e  della comunità marocchina a Roma, costumista e scenografo nel cinema.

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“Quelli che nascono in Italia, dovrebbero diventare italiani”, questa è l’idea che traspare dai discorsi degli ospiti, tra i rappresentanti delle varie associazioni e le autorità diplomatiche. L’idea sottolineata anche da Rokia Alovan, in attesa della cittadinanza italiana, arrivata a Roma a 6 anni, cresciuta qui e che oggi frequenta il quinto anno di ragioneria. Ha scelto questo indirizzo perché vorrebbe arruolarsi nell’esercito italiano: le piace combattere, difendersi, in ricordo dei pesanti attacchi subiti alle medie dove i bulli italiani del Laurentino 38 l’hanno minacciata per hanno alzato le mani. E’ stata la preside a consigliarle di cambiare la scuola. “Li mi sono sentita respinta,  diversa,  inferiore, mi sono sentita di non fare parte assolutamente dell’Italia. Alle superiori, invece, mi sono trovata bene, ci sono tanti stranieri come me”. marocco matrimonioLa simulazione del matrimonio per lei significa tanto: “ti senti come nel tuo paese. La mia cultura non la dimentico anche se sono cresciuta qui. Non frequento la comunità perché nella mia scuola non ci sono connazionali, per quello è importante essere alla festa”. Nonostante viva da tanto tempo in Italia, Rokia si sente meno italiana come cultura e modo di ragionare. Sua madre, Khadisa Kansala, presidente del Comitato Donne e diritto, lotta per i diritti dei marocchini, contro la violenza sulle donne e per sistemare i senzatetto in un residence messo a disposizione dal comune di Roma.

Dopo la Sfilata di kaftani, tanti balli e musica, gli ospiti hanno assistito al matrimonio marocchino, hanno visto le differenze di cultura e cibo, hanno assaggiato il cous-cous con le verdure speziate, l’immancabile tè alla menta. Tantissimi amici, amanti del mondo arabo, si sono sentiti per un giorno nel paese magico, dove un giorno andranno a vivere direttamente queste emozioni.

Raisa Ambros
(04 dicembre 2013)

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