Storie di ordinaria….comunità cinese a Piazza Vittorio

Ragazzi cinesi a Piazza VittorioLa comunità cinese di Piazza Vittorio Emanuele, nel cuore di Roma, è stata la protagonista dell’itinerario professionale svolto insieme alle giornaliste Alessia Cerantola e Dora Haller, responsabili di un progetto giornalistico focalizzato sulle comunità cinesi a Roma e a Parigi selezionato e finanziato dal programma Mediane del Consiglio d’Europa.

Nei giardini di Piazza Vittorio, punto nevralgico della comunità cinese romana e non solo, attorno al canestro, un gruppo di ragazzi, gli zaini gettati in un unico mucchio, fremono per iniziare la partita. Gli improvvisati cestisti sono tutti di origine cinese, ma timidi come pochi. Non parlano volentieri, sussurrano qualcosa a mezza voce e, dopo essersi scambiate rapide occhiate, designano il malcapitato che spediscono a parlare con noi. È una breve chiacchierata, racconta di essere nato in Italia, di trovarsi bene qui, quasi rivela ciò che presuppone noi volessimo sapere: la timidezza è umana.

Yan Yan Lin
Yan Yan Lin

Decisamente più loquace è Yan Yan Lin di ExtraBanca, sotto il porticato della piazza. È contenta di potersi raccontare “Sono arrivata in Italia nel 2003 con il ricongiungimento familiare.  Ho studiato Economia e Commercio alla Sapienza di Roma. Nel frattempo ho potuto anche insegnare, in quanto madrelingua cinese, è stato possibile perché i ritmi di studio in Italia sono molto diversi da quelli cinesi, meno stressanti.”  Oggi è sposata con un italiano, ha conservato la sua cittadinanza e la sua quotidianità si compone anche della trasmissione della propria cultura “la mia bambina ha tre anni, le parlo in cinese e lo capisce, più avanti le insegnerò anche a scrivere. La calligrafia cinese poi è una delle mie passioni” I progetti sul tornare o meno in Cina non sembrano avere particolare importanza “non vedo differenza tra vivere in Italia o in Cina. Qui frequento persone provenienti da tutto il mondo, anche cinesi.” Con chiarezza ci espone la sua opinione sulla chiusura della comunità cinese “per molti miei connazionali il grande problema è vivere e lavorare solo tra cinesi, fatto che sedimenta una barriera linguistica.” Ormai vado in Cina solo un paio di volte l’anno, per lavoro o per la famiglia, che vive a poca distanza da Shangai, appena un’ora e mezza di Freccia Rossa” ed anche nella traduzione a nostro beneficio dell’Alta velocità in italiano c’è integrazione.

Allievi Scuola Isacco Newton
Allievi Scuola Isacco Newton

Poco distante su Via Manzoni, l’Istituto Isacco Newton ospita una lezione di cinese a studenti sinofoni nati in Italia. Come i coetanei del parco anche loro sono particolarmente timidi, osservano con curiosità le nuove arrivate ma svelano poco di se, “amo la pizza non il cibo cinese” è la scottante rivelazione di uno dei più piccoli “lo sport mi piace ma non più di tanto” insomma, dicono senza dire. L’insegnante li guarda bonaria e poi, avvicinandosi a noi rivela quello che per lei è il problema principale e che divide i 15enni italiani da quelli cinesi “c’è molta libertà sessuale tra gli italiani, mentre per i cinesi è diverso, qui sono consentite più cose”.

Ultima tappa il ristorante cinese di Piazza Vittorio Hang Zhou, uno dei più celebri della

Daniele Ye
Daniele Ye

zona, dove abbiamo appuntamento con Daniele Ye, il genero della proprietaria. È sinceramente divertito e incuriosito dalle nostre domande “essendo nato e cresciuto qui non saprei dire quali differenze ci siano, mi sento italiano a tutti gli effetti”. Le difficoltà ci sono state soprattutto alle elementari “mi veniva fatto notare di più che fossi cinese, mentre alle scuole medie ho trovato un amico che mi ha fatto sentire accolto, semplicemente disinteressandosi dei miei occhi a mandorla”. Complesso è stato anche il rapporto con i genitori, impegnati quotidianamente con il lavoro al punto da potergli dedicare poco tempo “oggi vorrei veder crescere i miei figli, anche perché credo che quei tempi di sacrificio così grande siano finiti.” Tornare in Cina non è tra i suoi programmi “non mi trovo a mio agio in Cina, per me è il posto dove andare in vacanza, perché mi mancano le mie abitudini ed i miei ritmi qui in Italia.” C’è stato un momento della vita in cui la differenza tra un approccio italiano ed uno cinese si sono sentiti “è stato più o meno verso i 17 anni, ai miei amici piaceva andare a ballare, discoteca e simili, mentre a me no, e oggi non mi piace bere, o fumare, sono un tipo noioso!”. L’adolescenza è stato il periodo della vita nel quale si è avvicinato maggiormente ai suoi coetanei cinesi che comprendevano di il suo disagio e tra loro ha deciso di formarsi una famiglia, di lavorare. “A 20 anni sentirmi diverso dai ragazzi italiani, a 20 anni gestivo il locale, una ragazza italiana non avrebbe capito i miei ritmi di lavoro e di vita, dovevo trovare una persona che potesse capirli. Ho fatto la mia scelta sposando una donna cinese.” La fortuna che Daniele rivendica, di essere cinese, nato in Italia e cresciuto qui è che “ho potuto scegliere quello che pensavo fosse il meglio da entrambe le culture e questo mi piace”.

Piera Francesca Mastantuono

(27 marzo 2014)

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