Il Decreto Immigrazione è legge: cosa cambia e cosa manca

Il Decreto Immigrazione è legge: nella seduta di venerdì 18 dicembre 2020 il Senato ha approvato in via definitiva la conversione del DL numero 130 del 21 ottobre con 153 voti favorevoli, 2 contrari, 4 astensioni e l’assenza dell’opposizione.

La legge numero 173, pubblicata il 19 dicembre 2020 in Gazzetta Ufficiale, modifica in maniera sostanziale in alcuni punti i Decreti Salvini. Il testo è stato confermato con poche novità rispetto all’impianto originario, tra le più importanti:

  • la convertibilità dei permessi di soggiorno viene estesa anche al permesso di soggiorno per cure mediche;
  • i tempi di attesa per la cittadinanza vengono ulteriormente ridotti: da 48 passano a 24 mesi, prorogabili a 36.

Per la prima volta dopo 20 anni, viene approvata una legge sull’immigrazione con un ampliamento e non una riduzione dei diritti. Nonostante gli elementi positivi, manca ancora un cambiamento importante: l’immigrazione continua ad essere una questione di sicurezza.

photo credit UNICEF

“Ci sono degli elementi sostanziali che sono certamente positivi”, questo il commento di Augusto Venanzetti, referente della scuola di italiano dell’Associazione laica di volontariato FOCUS – Casa dei Diritti Sociali. “Detto questo, tra queste modifiche, restano punti in cui sarebbe stato necessario avere più coraggio per fare un passo più in avanti”.

Quali sono gli elementi che consideri positivi rispetto a queste modifiche?
“In assoluto il primo degli elementi è quello che ha recuperato l’abolizione del permesso per motivi umanitari. Le commissioni territoriali normalmente bocciavano le richieste di asilo nel 60% dei casi. Il  40% dei casi accolti era rappresentato sopratutto dal permesso per motivi umanitari, il 15% si ripartiva tra protezione internazionale e status di rifugiato. Quindi quest’abolizione era stata particolarmente penosa. Ora è stata ripresa e allargata la logica complessiva delle motivazioni per concedere questa protezione speciale, che prima nei decreti Salvini era molto rara e contenuta nella descrizione”.

“Una riflessione va fatta sul concetto di Paese sicuro, e che a nostro parere sarebbe stato opportuno rivedere: per chi proviene infatti da quei paesi deputati sicuri, come Albania, Algeria, Bosnia, Kosovo la richiesta di asilo è reputata infondata, cosa che mette in condizione il richiedente di dimostrare che non è tanto la provenienza la motivazione della sua richiesta, quanto piuttosto condizioni di discriminazione personale, cosa che rende l’onere della prova molto complicato”.

“Altra novità importante e positiva è la proroga per la protezione speciale del periodo da uno a due anni che ora è rinnovabile e – cosa importantissima – è convertibile in permesso per lavoro”.

Soccorsi in mare: cosa cambia?

“Quanto ai soccorsi in mare, la multa è stata riportata a un importo congruo ed è stata eliminata la confisca della nave con una opportuna precisazione sulla tipologia delle operazioni: se queste sono coordinate e comunicate al centro competente della marina e se si osservano le disposizioni, la violazione praticamente non c’è. Da un punto di vista politico, un punto importantissimo riguarda le decisioni in merito alle violazioni, che ora vengono riportate al giudice ordinario e non al prefetto, soggetto nominato direttamente dal governo. Questo è stato un recupero importante e interessante”.

Cosa cambierà nel sistema di accoglienza?
“Altra modifica rilevante è la revisione del sistema di accoglienza, la cui logica era stata completamente stravolta, dall’hotspot al centro di prima accoglienza fino ai CAS e agli SPRAR. Con i decreti Salvini è stato smantellato il sistema SPRAR e creato il SIPROIMI. Ad oggi, con questa modifica c’è un cambio nominale: il SAI, di cui sono stati creati due livelli diversi: un primo livello per richiedenti di protezione che hanno così accesso a tutta una serie di servizi – sanitari, legali, psicologici, di mediazione e integrazione linguistica – e un secondo livello dove ci sono i titolari di permesso definitivo. Quindi è stata perfezionata e migliorata la variazione che era stata apportata dal Decreto Salvini. Una critica che mi sento di fare è che tutto questo è un errore: nel precedente sistema il modello era lo SPRAR. Aver riprodotto due SAI, uno di primo e di secondo livello, non lo trovo particolarmente positivo”.

Queste novità rappresentano dei passi in avanti? Quali sono ancora gli altri passi da compiere?
“Non si tratta tanto di passi in avanti. È la logica di questo sistema che va modificata: questo paese non è mai riuscito a costruire un piano organico di accoglienza e di inserimento sociale e quindi si prosegue trovando soluzioni frammentarie. Adesso è stato recuperato quello che era stato tolto con i decreti Salvini, ma solo con l’abolizione si sarebbe eliminata anche la logica che sottende a questi decreti, cioè il fatto che l’immigrazione alla fine è un fastidio, è qualcosa che va gestita soltanto in termini di sicurezza e quindi soltanto con la repressione”.

Cosa avevano tolto i Decreti Salvini?
Con i Decreti Salvini è stata bloccata un’azione di integrazione che iniziava già nel momento in cui veniva fatta richiesta di asilo. Con Salvini l’integrazione poteva iniziare solo nel momento in cui il richiedente aveva ottenuto l’asilo. Ora si è recuperata la formula precedente, ma permane una differenza tra i due livelli.

Cosa manca a tuo parere a queste modifiche?
Un piano di integrazione deve essere completo: quello che manca qui è proprio il fatto che ancora oggi non si pensa a costruire per i migranti un percorso che possa essere anche di formazione professionale indagando la sfera di scolarizzazione e di istruzione in una dimensione attitudinale. Quindi rimane sempre un vuoto, non è stato costruito un sistema di inserimento, se confrontato con quello che succede in altri paesi europei.

Quali sono i punti negativi che andavano secondo te modificati?
Un elemento su cui andava assolutamente apportata una modifica è quello relativo ai centri per il rimpatrio, che sono rimasti praticamente intatti. Questo è assurdo, perché sappiamo, e i numeri lo confermano, che sono un totale fallimento: è vero che hanno ridotto la permanenza nei centri a 90 giorni rispetto ai 180 del Decreto Salvini, però oltre questo non è stato fatto nulla. I rimpatri non vengono fatti. Salvini ne aveva fatto una bandiera propagandistica e in un anno ha rimpatriato meno del suo predecessore Minniti (che ne aveva rimpatriati 8000 in un anno). Salvini si è fermato a 7500 ma in base ai numeri attuali, per completare un rimpatrio, premettendo che non arrivi nessun altro, ci vorrebbero quasi 80 anni. Sappiamo che non può avvenire una cosa di questo tipo. I rimpatri non si fanno e non sono la soluzione.

Altro punto non proprio positivo è la tempistica per l’ottenimento della cittadinanza che è stata portata da 48 a 24 mesi, prorogabili al massimo fino a 36, si poteva fare certamente di meglio, calcolando i tempi sono molto lunghi, visto che per ottenere la cittadinanza bisogna avere una permanenza di dieci anni.

photo credit: Medici Senza Frontiere. (F. Cobelo)

C’è un elemento negativo di fondo, che è sistemico: finché saranno in vigore leggi come la Bossi Fini che impediscono la regolarizzazione, l’esercito degli irregolari – pensiamo alle badanti che sono attestate a 500.000 – crescerà. Se io sono un gestore di un bar e voglio assumere un lavoratore, cosa che rappresenterebbe anche un interesse economico a livello collettivo, non lo posso fare. Serve un decreto flussi e non solo per gli stagionali e quindi il sistema è bloccato. La Bossi Fini è stata pensata per ostacolare il processo di integrazione, eppure su quella legge non ci si mette mai mano. Con una legislazione di fondo che non è adeguata al contesto, è ovvio che tutto quello che si costruisce sopra riesce sì a gestire il quotidiano un po’ meglio, ma rimangono elementi di fondo che non funzionano.

Per te che sei prima linea, quali sono stati gli effetti dei Decreti Salvini che hai riscontrato sulle vite delle persone?

Come prima cosa abbiamo riscontrato una forte diminuzione degli arrivi, più difficoltà per trovare alloggio, difficoltà sui servizi, un numero più alto di persone che non potevano registrarsi neanche da un punto di vista anagrafico e che erano diventati gli invisibili.

Elisabetta Rossi
(21 dicembre 2020)