“I corridoi umanitari: cosa sono? Perché sono importanti?” Questo il tema dell’ultimo appuntamento del ciclo di incontri online organizzati in vista della Giornata internazionale del rifugiato del 20 giugno dalla “Rete Lazio per i diritti di rifugiati e migranti”– di cui fa parte Piuculture assieme ad altre organizzazioni attive in materia di migrazioni. I corridoi umanitari sono la storia di Firas e Miriam, maestri siriani in fuga da Homs, di Abir che ha riabbracciato in Italia suo nipote, di Miracle, nato sulla nave Aquarius o del piccolo Joud e di suo padre, ma anche di Diya che, a 11 anni, sotto le bombe, ha perso una gamba, ma non la voglia di scoprire il mondo. Tre relatori, Gian Matteo Sabatino e Valeria Gutterez, per la Comunità di Sant’t Egidio e Ilaria Masinara, Manager campagne Amnesty per l’Italia sono intervenuti per fare il punto della situazione.
Corridoi umanitari: le origini di un modello di inclusione sociale
“Il progetto “Apertura dei corridoi” è un caso europeo ed originale di sponsorship, (…) la cui applicazione realizza un modello di inclusione sociale basato sulla partecipazione di reti solidali sparse su tutto il territorio nazionale”, spiega Sabatino: si tratta di una procedura che consente l’ingresso dei migranti nei Paesi di destinazione in modo legale e sicuro, attraverso voli di linea e visti di ingresso. L’avvio dell’iniziativa risale a circa 6 anni fa: “il 15 dicembre 2015 è stato firmato il primo protocollo di intesa tra i Ministeri dell’interno e degli esteri, la Comunità di Sant’ Egidio, la Federazione delle chiese evangeliche italiane e la Tavola Valdese” per accogliere i profughi siriani. Il risultato è stata la creazione di un nuovo approccio alle migrazioni, replicato anche in altri Paesi, come la Francia e il Belgio.
Corridoi umanitari: storia, dati e risultati
“Il varco per il raggiungimento dell’intesa con il governo italiano è stato l’art. 25 del reg. 2009/810 CE, che consente agli Stati dell’Ue di emettere, per motivi specifici, dei visti con validità territoriale limitata allo Stato di rilascio”, spiega Gutterez. Questo modello di accordo è stato replicato anche a livello nazionale: con il coinvolgimento della Conferenza Episcopale Italiana, è stato stipulato un protocollo di intesa per far fronte all’emergenza dei campi profughi in Etiopia; la CEI, poi, ha portato avanti altri corridoi umanitari dal Niger e dalla Giordania. “Ad oggi circa 4000 profughi sono arrivati in Europa grazie ai corridoi umanitari”. Nel 2020, però, le cose sono diventate più complesse: “dopo che 86 profughi siriani sono arrivati a gennaio, gli arrivi sono stati bloccati fino a ottobre, a causa della pandemia; nello stesso anno, però, abbiamo firmato un protocollo che consente l’arrivo di circa 300 migranti dai campi profughi della Grecia e tra loro ci saranno anche dei minori non accompagnati”.
Corridoi umanitari: l’economia di una formula riuscita
“È difficile entrare in un campo profughi e stabilire a chi dare la priorità”, ammette Gutterez. “Per selezionare i profughi da far arrivare in Italia, la Comunità di Sant’Egidio ha scelto il criterio della vulnerabilità: le persone a cui diamo la priorità sono soggetti con patologie, disabili, famiglie con più bambini, mutilati di guerra, vittime di torture e disertori (per questo in pericolo di vita)”. “La premessa di ogni accordo”, però, “è che tutti gli oneri economici della sua realizzazione, dal viaggio all’accoglienza, ai percorsi di integrazione sono a carico delle organizzazioni partner del governo”. Per questo, per la concretizzazione del progetto dei corridoi umanitari è stato essenziale il contributo della società civile: si tratta di parrocchie, associazioni, gruppi di persone che si sono offerti di partecipare all’accoglienza. “Il modello che proponiamo è quello adottivo”, spiega Gutterez: “chi decide di accogliere una famiglia si occupa interamente del percorso di integrazione: dall’apprendimento della lingua italiana all’inserimento scolastico e lavorativo. E i risultati sono ottimi”. C’è, poi, una “restituzione”, da parte dei profughi che spesso, in seguito, si offrono come mediatori culturali nei campi profughi o partecipano alle iniziative di solidarietà in Italia.
Solidarietà: migrazioni come valore aggiunto
“L’immigrazione è un fenomeno e non una crisi”, sottolinea Masinara, rispetto al quale la risposta non può essere l’esternalizzazione, che pure si sta diffondendo nei Paesi europei. In questo contesto, l’esperienza dei corridoi umanitari è una storia di successo che si basa su una rete valoriale che percepisce la migrazione come fonte di valore aggiunto per la società che accoglie: questo può essere il punto di partenza per elaborare un approccio strutturale al fenomeno migratorio, tenendo conto delle opportunità che esso genera sul piano economico-lavorativo e su quello della multiculturalità.
Valeria Frascaro
(13 giugno 2021)
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