L’urgenza di andare oltre gli sgomberi: Amnesty International Italia e i diritti dei rom

Nel 2008 venne dichiarato lo stato di emergenza nazionale sui nomadi, giudicato poi illegittimo dal Consiglio di Stato. Nel febbraio 2012 il governo Monti ha presentato una strategia nazionale per l’inclusione dei Rom in Italia, che è ancora oggi in attesa di attuazione. La conclamata volontà dell’attuale esecutivo di differenziarsi positivamente rispetto alle precedenti amministrazioni rimane così solo una dichiarazione coraggiosa cui ancora non seguono dei fatti tangibili. Questa la breve storia dallo stato di emergenza del 2008 ad oggi delineata da Christine Weise, presidente di Amnesty International Italia in occasione della presentazione del nuovo rapporto  “Ai margini: sgomberi forzati e segregazione dei rom in Italia” presentato il 12 settembre 2012 in conferenza stampa, presso la sede di Amnesty International Italia di via G. B. De Rossi a Roma.

“Il rapporto è parte di una campagna di ben più ampio respiro di Amnesty sugli abitanti delle baraccopoli, lavoro iniziato nel 2006 e che ha interessato numerosi paesi tra i quali la Serbia e la Francia” afferma Elisa De Pieri ricercatrice sull’Italia, Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International. In particolare, il rapporto in questione copre un arco di tempo che va dal 2011 ad oggi e palesa come la situazione non accenni a mostrare il minimo miglioramento: gli sgomberi forzati continuano e gli alloggi sostitutivi non sono disponibili, o meglio non lo sono per loro. E’ dell’11 settembre la discussa dichiarazione del vicesindaco di Roma, Sveva Belviso, secondo la quale i rom “si possono scordare le case popolari.”

Mancano sia il rispetto delle norme internazionali che delle azioni di governo mirate alla risoluzione del problema” prosegue la De Pieri elencando le violazione riscontrate da Amnesty : “Innanzitutto gli sgomberi dei campi sono forzati e manca la possibilità di consultare i documenti che gli hanno autorizzati”. In secondo luogo la chiusura dei campi autorizzati o tollerati prosegue in maniera discriminatoria, ovvero non fornendo delle alternative abitative valide. Infine “la segregazione etnica abitativa dei rom continua, in aperto contrasto con le direttive europee e gli obiettivi nazionali”.

Basti pensare che il campo della Barbuta è stato allestito persino con un sistema di videosorveglianza interno ed esterno e si trova a ben due chilometri dal comune di Ciampino, per altro il più vicino per quanto riguarda i servizi. La gravità della situazione è conclamata dalla sentenza del giudice del TAR che ha rifiutato alcuni trasferimenti di rom in questo campo ritenendo che tali spostamenti “potrebbero determinare l’isolamento e la separazione dal restante contesto urbano e compromettere così la parità sociale degli individui coinvolti”.

È una battaglia a lungo termine, “ma siamo abituati, anche per l’abolizione della pena di morte è stato lo stesso” ricorda Giusy D’Alconzo direttrice dell’Ufficio campagne e ricerca di Amnesty International Italia “abbiamo iniziato questa campagna in Italia due anni e mezzo fa e ci rendiamo conto che la risposta da parte dei cittadini è reale e tangibile, le firme dimostrano che non c’è un pensiero unico anti rom né in Italia né in Europa, ed è bene ribadirlo”. Di fatto gli sgomberi forzati sono condotti dalle autorità locali ma è certo tutto il governo ad avere una responsabilità condivisa di fronte a queste realtà.

Interviene infine Gzamila, attivista rom per i diritti del suo popolo “Ho iniziato a lavorare a 18 – 19 anni ma potevo solo fare le pulizie o badare ai bambini. Nessuno però si fidava a darmi un lavoro, perché ero una rom, anche se c’era un sacerdote a garantire per me. C’è la crisi in Italia è vero, ma per gli sgomberi i soldi non mancano mai”.

Infatti, secondo l’Associazione 21 luglio (fondata nel 2010 per il fine esclusivo della solidarietà sociale, umana, civile e culturale) sono circa 7 milioni di euro i soldi spesi per gli sgomberi. Un ingente quantità di denaro che potrebbe risollevare le sorti abitative di intere famiglie invece che ridurre in ammassi di lamiere i luoghi dove abitavano fino a poche ore prima.

Piera Francesca Mastantuono

(17 settembre 2012)