Cgil immigrazione, obiettivo reali diritti senza frontiere
“Siamo indietro nel rendere le politiche sulle migrazioni strutturali, i governi che si sono alternati hanno pensato solo a cambiare le cose fatte nella legislatura precedente per aumentare il consenso". Per l’Italia è il tempo delle scelte e Sonia Dosti, della Camera del Lavoro di Roma sud e mediatrice culturale albanese prende in prestito lo slogan della terza conferenza regionale sull’immigrazione “Diritti senza frontiere” organizzata il 16 dicembre dalla Cgil Roma e Lazio nella sala Soldini in piazza Vittorio Emanuele.
Osservatorio romano sulle migrazioni, deficit e contraddizioni
“Per continuare la vocazione internazionale di Roma l’immigrazione è fondamentale, è uno stimolo all’apertura verso nuovi orizzonti”, Franco Pittau, coordinatore del dossier Caritas-Migrantes, introduce così il nono rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni, condotto dal Centro Studi e Ricerche Idos per Caritas, Camera di Commercio e Provincia di Roma e presentato la mattina del 13 dicembre presso la stessa Camera di Commercio in via de’ Burrò. “Il mondo globalizzato è un grosso sostegno per il benessere dei nati sul posto e dei nuovi cittadini”. “I migranti sono finestre aperte sul mondo, ma è bello immaginare che guardino anche nel cortile di Roma”, aggiunge Rando Devole, sociologo albanese di Tirana e ormai trapiantato nell’Urbe da diversi anni. ”Chi è innamorato vede solo gli aspetti positivi, ma da studiosi riconosciamo le problematiche. In questa città la diversità riesce a far sentire tutti a proprio agio”. I dati relativi al 2011 confermano come l’area della capitale si sia confermata quella a maggiore presenza straniera, con un aumento anche degli aventi impiego, mentre rispetto al 2007 il tasso di disoccupazione è salito di 2,4 punti percentuali. Sale invece l’imprenditoria immigrata, segno di una crescente integrazione nell’economia locale, base su cui far forza per venire a capo della crisi.Gli stranieri residenti nel Comune di Roma sono 352.264, con un’incidenza del 12,2% del totale ben superiore al 7,5% nazionale. L’incremento è dell’ 1,9%, pari a 6517 unità, in relazione al 2010. I permessi di soggiorno rilasciati hanno superato quelli scaduti, per un totale dell’11,7% di tutto il paese. Il 56,9% ha un permesso di lavoro, solamente 2 su 5 detengono un permesso a tempo indeterminato, probabilmente per l’alto numero di religiosi, studiosi e ricercatori che soggiornano per un periodo limitato. Oltre 2500 le nuove cittadinanze acquisite, con un regresso di 8,5 punti, mentre i nuovi nati sul territorio sono stati 6653. La principale provenienza resta l’Europa, per il 47,2% - 36,5% comunitari e 10,6% extracomunitari – ma aumentano Asia (+3,3%) e Sudamerica (+1,6%), a fronte di un calo dall’Africa (-9,6%). Le maggiori collettività rappresentate sono i romeni, quasi 80 mila, seguiti da filippini (36 mila), bengalesi, poco meno di 20 mila, 15 mila polacchi e circa 13 mila da Cina e Perù. Gli incrementi più rilevanti sono stati tra i moldavi, +17,7%, bengalesi, +16,3%, e ucraini, +11,7%. La percentuale totale di donne sfiora il 52%.Il mercato del lavoro Gli occupati immigrati in tutta la provincia sono stati 232.576, di cui 162 mila nella sola capitale, con un incidenza rispettivamente del 13,7% e del 14,1%. La quota femminile ha raggiunto il 51,4%, ben più alta del 42,6% statale. L’ammortizzazione degli effetti della crisi sembra essere stata maggiore per gli stranieri, che registrano un tasso di occupazione vicino al 72% contro il 62,5% degli italiani, anche se dall’analisi qualitativa emerge una specularità molto significativa. Se i nostri concittadini svolgono per il 46,8% professioni qualificate e solo per il 5,5% mansioni minori, i dati si ribaltano considerando chi proviene da oltre i confini nazionali, con un corrispondente 8,8% e 51,9%. Scenari ulteriormente diversi per la titolarità d’azienda, al -1,4% per gli italiani contro il +31,6% di quella immigrata. I primi cinque paesi sono Romania (19%) con 5784 imprenditori, Bangladesh, ad oltre 5 mila, Cina, sopra le 2500, Marocco (2200) ed Egitto, con poco meno di 2000. Le donne costituiscono ancora una netta minoranza, attestandosi al 20,5%. Il settore prevalente è il commercio (38%), davanti ad edilizia (24%) e pubblici esercizi (9%). Sebbene solo al 2%, le imprese di telecomunicazioni assorbono il 68% dei titolari totali, particolarmente attivi nel cosiddetto “transnazionalismo connettivo”, comprendente su tutti servizi telefonici internazionali ed internet.Indicatori di integrazione Il Lazio si colloca in posizione media nel quadro statale per potenziale di integrazione, sintesi di un indice attività sul territorio alta, ma di un basso inserimento sociale, specialmente per il forte disagio abitativo che contraddistingue Roma. Oltre 8500 le nozze miste, intese con almeno un partner straniero, celebrate nella capitale, oltre il doppio della media italiana (19% contro l’8,8%). Per quanto riguarda le scuole, gli alunni con altra cittadinanza sono stati 72.619, il 9,6% del contingente nazionale. Le punti regionali sono però Viterbo, con il 10,4%, e Rieti, al 9,1%. Più di 23 mila le seconde generazioni, il 40,8%.
Il ruolo delle donne migranti tra cooperazione e co-sviluppo
Le donne straniere residenti in Italia sono due milioni e 370mila, la maggior parte proviene da Ucraina, Romania e Polonia. “Il nostro Paese quindi è luogo privilegiato per percorsi di sviluppo e integrazione di genere” sottolinea Alessandro Masi, segretario generale della Società Dante Alighieri che mercoledì 12 dicembre ha ospitato "Il ruolo delle donne migranti tra cooperazione, co-sviluppo e processi di ricostruzione dei Paesi di origine
Ricerca e politica, nuovo orizzonte per l’immigrazione
L'integrazione avviene nei territori, "ma è la politica nazionale che deve dare un indirizzo in una prospettiva interculturale nel rispetto del vincolo dei valori costituzionali", così Giorgio Alessandrini, presidente delegato di Onc Cnel, introduce la mattinata di discussione nella sede del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro del 29 novembre, improntata sul tema "come la ricerca può contribuire all'elaborazione di politiche pubbliche più efficaci". L'elemento critico è da troppi anni, per Nicola Sartor, dell'Università degli studi di Verona, proprio la "scarsa attenzione al legame tra ricerca e politica", quest'ultima "più attenta ai mal di pancia dell'uomo comune", tanto da "amplificare i timori anzichè metabolizzarli".Gli ambiti strategici per misurare l'integrazione sono tre agenzie che hanno un ruolo centrale nell'inclusione ma "ora in declino", sostiene Laura Zanfrini, responsabile del settore economia e lavoro della fondazione Ismu - Iniziative e studi sulla multietnicità. Si tratta "della grande fabbrica, fucina di collettivizzazione dei diritti, perequazione salariale e stabilità occupazionale, del welfare e della cittadinanza, come appartenenza e accesso ad opportunità". Le indicazioni che ha dato la ricerca parlano di una trasformazione del mercato del lavoro, sempre più dequalificato, "ci si è sempre atteso dagli immigrati che accettassero mansioni e condizioni generali peggiori, mentre la partecipazione culturale è rimasta sullo sfondo". Questa irregolarità di base si è consolidata anche nei paesi di origine, "dove si pensa solo ad arrivare, che tanto in qualche modo ci si regolarizza". Per quanto riguarda le seconde generazioni, si assiste ad un "approccio europeo schizofrenico , che garantisce solo impieghi inferiori ma pretende di affermare la parità dei diritti ". La sfida per il futuro diventa "valorizzare il potenziale di ognuno per competenze specifiche". Sempre più cruciale l'esigenza di transnazionalizzare le politiche sociali, "dalla previdenza ai ricongiungimenti familiari", così come "investire nell'educazione alla cittadinanza".Laura Ronchetti del CnrLa struttura produttiva italiana, prosegue Sartor, attrae una manodopera con determinate caratteristiche, "magari gli stessi paesi dell'Europa dell'est agli Stati Uniti forniscono fisici ed economisti". La visione su come trattare la questione dei lavoratori stranieri può essere duplice, "o alla tedesca, detta gast arbeiter (letteralmente lavoratori ospiti)", per cui la situazione è temporanea e si aspetta un ritorno al paese d'origine, "o si pensa di avere a che fare con potenziali cittadini". Chiaro come a seconda della prevalenza dell'una o dell'altra si abbiano diversi modelli di integrazione. Sbagliato pensare in termini utilitaristici, considerando i contributi forniti a livello pensionistico, di welfare o demografico, per contrastare l'invecchiamento della popolazione. "Nel lungo periodo, con le seconde generazioni che hanno e avranno difficoltà ad avere un reddito pari a quello degli italiani, gli effetti andranno riducendosi".Competenze e conflitto Stato-regioni Dalla riforma del Titolo V della Costituzione, le regioni si sono trovate ad intervenire sulle forme di convivenza, "con lo Stato, competente in materia, sempre più costretto ad impugnare le leggi regionali, anche perchè non implicavano distinzioni tra immigrati regolari ed irregolari", riporta Laura Ronchetti, della divisione Issirfa - Istituto di studi sui sistemi regionali, federali e sulle autonomie - del Cnr. La Corte Costituzionale ha però rigettato i ricorsi in tal senso, negando la possibilità, per quanto riguarda i diritti fondamentali, di disparità di trattamenti. Ma ci sono state contestazioni per disposizioni al contrario troppo restrittive per l'accesso a benefici e servizi, soprattutto legati alla residenza. "Molte leggi richiedevano un'anzianità di residenza sul territorio, discriminatoria anche per molti italiani, con l'iscrizione anagrafica terreno di battaglie per ridurre l'inclusione". Bisognerebbe quindi "identificare forme alternative per l'integrazione sul territorio".Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche SocialiUn nuovo impulso per le politiche pubbliche La necessità è sempre la stessa, "superare il concetto emergenziale dell'immigrazione, legato al consenso più che a scelte utili", l'opinione di Mario Morcone, capo di Gabinetto del ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione. Pur riconoscendo che "il ministero avrebbe potuto fare di più", Morcone rivendica comunque l'eliminazione dell'imposta sulle rimesse, stimate in 7,4 miliardi di euro nell'ultimo anno, con un incremento del 12% rispetto al precedente, e l'ultima sanatoria, che ha portato alla regolarizzazione di circa 135 mila lavoratori irregolari, nonostante "l'ostilità di tutti, media compresi, che hanno parlato di flop ancora prima che iniziasse la procedura". Un altro obiettivo è "la stabilizzazione degli occupati", aggiunge Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle politiche sociali, "compromessa in questo periodo di crisi". Va visto in questo senso il prolungamento del permesso di soggiorno con la compresenza di ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione. "Stiamo anche favorendo l'imprenditorialità con diversi progetti, mettendo a frutto le relazioni con i paesi d'origine". La comunicazione resta fondamentale per la conoscenza e la comprensione, "bisogna scardinare gli stereotipi". Ma la causa prima della mancata inclusione è l'assenza dei diritti, "bisogna ribaltare la concezione per cui solo una volta raggiunta l'integrazione si procede all'approvazione di norme. Non ci si rende conto che sono proprio le differenze ad essere la barriera più grande".
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