Il XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021 è stato presentato dalla Fondazione ISMU venerdì 11 febbraio alla Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi.
Tre questioni fondamentali
Vincenzo Cesareo, Segretario Generale della Fondazione ISMU, richiama l’attenzione dei partecipanti su tre questioni fondamentali che hanno caratterizzato l’anno appena trascorso. La prima riguarda la crisi umanitaria vissuta dall’Afghanistan. Per Cesareo i gravi avvenimenti occorsi nel 2021 fanno presumere che i flussi di richiedenti asilo afgani aumenteranno, ma il grande interesse per le sorti del paese mostrato dall’opinione pubblica mondiale a ridosso della disfatta americana e occidentale potrebbe rischiare di affievolirsi nel volgere di breve tempo, se non addirittura di scomparire. Cesareo sottolinea allora “la necessità di tenere viva l’attenzione nei confronti della catastrofe umanitaria afghana, come è stata giustamente definita dalle Nazioni unite”.
Vi è poi la situazione, altrettanto drammatica, del confine nord orientale dell’Unione tra Polonia, Bielorussia e Lituania. “Quanto sta accadendo in quei territori mette in luce due criticità interconnesse. Da un lato i migranti vengono cinicamente utilizzati come arma per minare la coesione europea e ricattare l’Unione da parte di uno stato autoritario, la Bielorussia, in cerca di legittimazione, sostenuto ancora una volta in questo bieco gioco dalla Russia che mira a indebolire l’Europa. D’altra parte tale strumentalizzazione dei migranti è resa possibile, ancora una volta, dall’incapacità degli Stati europei di dotarsi di una politica migratoria comune che rispetti i diritti umani”.
Il terzo aspetto preso in considerazione dal segretario ISMU riguarda l’impatto della pandemia sulle dinamiche dei flussi migratori globali. “Contrariamente a quanto si potrebbe ipotizzare la diffusione del Covid-19 non ha fermato i flussi migratori. Nel 2021 i migranti forzati nel mondo hanno infatti raggiunto la cifra record di 84 milioni. Allo stesso tempo, in Italia e non solo, il mancato arrivo di lavoratori stagionali ha innescato una acceso dibattito sulla necessità di manodopera fornita dai migranti nonché di canali di accesso regolari e stabili per i lavoratori, in grado cioè di prevenire i pericolosi attraversamenti del Mediterraneo”.
XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021: migranti in Italia
“Al 1 gennaio 2021 gli stranieri in Italia sono 5.756.000, di questi il 91% sono migranti regolari – spiega Livia Elisa Ortensi, responsabile del settore statistica della Fondazione ISMU –. Rispetto all’anno precedente e per il secondo anno consecutivo c’è stata una variazione negativa nel numero di stranieri (167.000 unità in meno rispetto al 1 gennaio 2020), dovuta sia all’acquisizione di cittadinanza italiana da parte di circa 131.000 persone, sia per la riduzione dei nuovi ingressi. Infatti i nuovi permessi di soggiorno emessi si sono ridotti di circa il 40%. La popolazione irregolare è rimasta sostanzialmente stabile intorno ai 519.000 individui, questo perché gli esiti della sanatoria del luglio 2020, nonostante fosse stata presentata come un provvedimento estremamente urgente che nell’83% dei casi ha avuto esiti positivi, al 1 gennaio 2021 non sono ancora visibili. Dal 2009 la presenza irregolare si mantiene al di sotto del 10% della presenza straniera complessiva”.
XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021: cittadinanza
Il gruppo nazionale più numeroso tra i residenti continua a essere quello dei rumeni (1 milione e 138mila residenti, il 23% del totale degli stranieri residenti), seguito da albanesi (410mila) e marocchini (408mila). I cittadini dei paesi terzi coprono circa il 70% del totale (3 milioni e 543mila unità, includendo anche il Regno Unito). Per quanto riguarda le acquisizioni di cittadinanza 1,5 milioni i nuovi italiani presenti al 1 gennaio 2021. Tra le persone di origine straniera il 23,1% è italiano. Ortensi solleva però una questione: “questi dati sono il risultato di elaborazioni complesse, perché bisogna capire se queste persone non abbiano lasciato l’Italia. Se ne parla poco, ma spesso l’acquisizione della cittadinanza è un passaggio per lasciare l’Italia. Infatti avere un passaporto forte come quello italiano permette di lavorare in altri paesi dell’Unione Europea senza limitazioni”.
Aumento della mortalità
Un altro aspetto presentato da Ortensi riguarda l’aumento della mortalità che nel 2020 fra gli stranieri è aumentata del 23% contro un 17% osservato tra gli italiani, nonostante siano mediamente più giovani rispetto alla popolazione italiana. Questo dovrebbe esporli a meno rischi davanti a una pandemia, ma “già nel maggio 2020 i rapporti dell’Istituto Superiore di Sanità suggerivano maggiori rischi di ospedalizzazione da parte degli stranieri, i quali sono anche fortemente impiegati nella sanità come infermieri o assistenti in ospedali e quindi estremamente esposti”.
Effetti della pandemia
La pandemia ha determinato una cesura nelle provenienze delle popolazioni che richiedono asilo, “nel 2019 c’era stata una fortissima crescita di domanda dall’America Latina. È chiaro che arrivare dall’America Latina richiede il poter prendere un aereo e con la pandemia questi flussi sono si sono ridotti moltissimo. Abbiamo avuto un incremento molto forte di domande d’asilo dal Nordafrica e una crescita moderata delle domande dall’Africa subsahariana. Il cambiamento legislativo che ha introdotto la possibilità di ottenere un permesso di protezione speciale ha determinato una riduzione dei dinieghi che sono passati dal 76% del 2020 al 57% dei primi due trimestri del 2021”. Tuttavia Ortensi fa notare come le forme di protezione speciale introdotte non compensino, almeno in questa prima fase, l’effetto dell’abolizione della protezione umanitaria.
Aumento degli sbarchi
Ortensi si sofferma sugli sbarchi, cresciuti nel 2021 (67.040 sbarcati, +96,3% rispetto al 2020) ma con numeri lontanissimi dalla “crisi dei rifugiati” degli anni 2014-16 (170.100 persone sbarcate nel 2014, 153.842 nel 2015 e 181.436 nel 2016). “Nel 2021 tra gli sbarcati sono tornati a crescere i cittadini che provengono dalla sponda sud del Mediterraneo, al secondo posto ci sono per esempio gli egiziani (12,5% sul totale) che non erano nemmeno tra i primi dieci negli anni precedenti (primi i tunisini con 23,3%). Questo perché la sponda sud del Mediterraneo ha sofferto moltissimo durante la pandemia e la risposta di molte persone è stata quella di cercare una vita nuova attraversando il mare. Interessante anche osservare come ogni 100 sbarcati dalla Tunisia solo 8 fanno richieste di asilo, quindi per molte persone che arrivano l’Italia è ancora un paese di transito. Diverso è il dato del Pakistan, perché i pachistani arrivano molto più frequentemente da terra e chiedono asilo in Italia perché questa il più delle volte è la loro meta finale, quindi osserviamo più richieste di asilo (5.515 nel 2020) che sbarchi (1.400 persone)”.
La forza dell’imprenditoria migrante
Alla presentazione del XXVII Rapporto ISMU sulle migrazioni 2021 anche Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. “Le migrazioni sono un fenomeno universale e in continuo cambiamento che caratterizza tutte le società, una sfida e nello stesso tempo una opportunità che richiede un approccio sovranazionale sul piano della governance”. Sangalli sottolinea l’importanza dell’imprenditoria migrante in Italia: “a livello nazionale rappresenta una realtà che controlla oltre 630.000 aziende, vale a dire un’impresa su 10. Negli ultimi anni c’è stato un trend di crescita positivo, una forte capacità di iniziativa economica dell’imprenditoria migrante soprattutto nei settori delle costruzioni, del commercio e dai servizi”.
Le criticità della regolarizzazione
Per Ennio Codini di Fondazione ISMU la regolarizzazione avviata nel 2020 e che ora si sta faticosamente completando presenta certo aspetti positivi, come far uscire le persone dall’irregolarità, ma anche evidenti criticità: disparità di trattamento, esclusioni di categorie, tempi lunghi, costi non trascurabili sul piano organizzativo. “Quest’ultima regolarizzazione ha creato non pochi problemi di tipo organizzativo che poi hanno in parte determinato lunghi tempi di svolgimento della procedura. Allora dobbiamo chiederci se questa delle periodiche regolarizzazioni di massa sia una via ancora auspicabile per il futuro. Non è forse venuto il tempo – domanda Codini – di abbandonare la logica delle regolarizzazioni di massa prevedendo nel diritto concernente l’ingresso e il soggiorno degli stranieri una qualche regola che preveda la regolarizzazione caso per caso. In Francia e in Spagna non ci sono regolarizzazioni di massa, ma un meccanismo continuo di regolarizzazione che consente ogni anno ad alcune migliaia di persone con determinati requisiti di ottenere un permesso di soggiorno”.
Il decreto flussi
Codini passa poi al decreto flussi: “Si torna a prendere atto del fatto che l’immigrazione per lavoro è un dato strutturale che quindi deve essere governato. Tuttavia anche questo decreto flussi sconta un limite legato alla legislazione concernente l’ingresso e il soggiorno degli stranieri. Il decreto flussi rimane infatti ancorato alla logica del nostro diritto per cui una persona dovrebbe trovare prima un lavoro e poi venire nel nostro paese. Questo tipo di regolazione negli anni si è rivelato del tutto irrealistico. Non a caso, in passato i decreti flussi spesso sono stati utilizzati non da aspiranti immigrati ma da persone che erano già qui, cioè sono stati utilizzati in funzione di sanatoria. E allora sorge un interrogativo, se non sia il caso finalmente di pensare a una qualche regola che preveda l’ingresso per ricerca di lavoro in Italia”.
Lavoro e povertà
Anche Laura Zanfrini di Fondazione ISMU porta l’attenzione sul tema del lavoro: “Sta crescendo ancora una volta, proprio come dopo la crisi del 2008, il lavoro sottopagato a bassa qualificazione. Il reddito medio di un immigrato regolare è di 12.000 € all’anno, assolutamente inadeguato e del 38% inferiore dei redditi già molto bassi degli italiani. Il 29% degli stranieri sono poveri, rispetto al 7,5% degli italiani. Ma il dato che colpisce di più è che il 25% di stranieri poveri sono in realtà lavoratori. Abbiamo un’immigrazione femminile sempre più inattiva, dei 456.000 posti di lavoro che si sono persi tra il 2019 e il 2020 un quarto è da attribuire alle sole donne straniere. Vi è poi una quota di giovani stranieri (36% sul totale) che non studiano né lavorano. La pandemia ha amplificato le disuguaglianze anche nei sistemi educativi, i rischi di dispersione scolastica e di abbandono precoce dei percorsi formativi sono aumentati. Infine un terzo delle famiglie immigrate vive solo grazie al lavoro irregolare. Tutto questo significa che l’immigrazione da essere la soluzione ai problemi del nostro mercato del lavoro sta diventando una parte del problema”.
Il PNRR e l’immigrazione
“In molti – conclude Zanfrini – hanno notato che il PNRR non cita mai la parola immigrazione. Ma io voglio volgere questa assenza in positivo: forse è il segnale della volontà di andare oltre l’immagine di una società duale, in cui gli immigrati sono coloro che fanno i lavori che per qualche ragione a noi non piace più fare. Occorre gestire l’immigrazione e i percorsi di inclusione dentro un ridisegno complessivo dei nostri regimi di accumulazione, delle catene globali di produzione e distribuzione del valore, dei nostri modelli di riproduzione sociale”.
Link alla presentazione del XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021
Link al XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021
Vincenzo Lombardo
(16 Febbraio 2022)
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