Dati immigrazione 1970-2020: mezzo secolo di accoglienza

Lo sbarco dalla nave Vlora nel porto di Bari 8 agosto 1991 (foto ANSA/ UFFICIO STAMPA)
Non sarà un caso se uno dei capisaldi fra i libri dell’infanzia per chi, in Italia, ha più di cinquant’anni sia stato “Dagli Appennini alle Ande” di Edmondo De Amicis che narra di Marco che parte da Genova, a tredici anni come clandestino su una nave, destinazione Argentina. Il ragazzo va alla ricerca della mamma andata due anni prima in Sud America a lavorare. Un racconto emblematico in un paese come l’Italia che fino agli anni ’70 del novecento è stata terra di emigrazione più che di immigrazione.Questo è il primo di una serie di articoli con cui Piuculture ripercorre mezzo secolo di immigrazione in Italia,  il filoconduttore sarà vedere come questa sia mutata negli anni e scoprire le motivazioni, il tipo di emergenza, che hanno spinto le diverse comunità ad abbandonare il proprio paese e a raggiungere l’Italia.

Dati immigrazione: gli anni ‘60

Solo dal 1973 coloro che partono dall’Italia diventano meno degli italiani che rientrano in patria attratti dalle maggiori opportunità che si creano grazie alla eccezionale crescita economica del paese che ha preso il via all’inizio degli anni ’70.  Il reddito pro capite che nel ’50 era pari al 76% del reddito medio dell’Europa occidentale, nel ’73 sale al 92%. La conseguente diffusione del benessere nella penisola e delle trasformazioni sociali rende l’Italia meta di immigrazione perché la disponibilità di maggiori redditi e l’aumento della scolarizzazione comporta il sorgere di lavori rifiutati dagli italiani, soprattutto in agricoltura, nella pesca, nel lavoro domestico e poi anche nell’industria, e quindi disponibili per i cittadini provenienti da paesi con redditi medi più bassi. Solo più avanti nel tempo inciderà, nel aumento dell’immigrazione, la scarsa crescita demografica dell’Italia.

 In realtà già all’inizio degli anni ’60 del novecento arrivano in Italia le collaboratrici domestiche straniere provenienti inizialmente dal corno d’Africa, Eritrea, Etiopia, Somalia, ex-colonie italiane; da Capoverde e dalle Filippine, tramite l’intermediazione di religiosi in quanto provenienti da paesi cattolici, ma anche da Mauritius e dai paesi del subcontinente indiano come India, Sri Lanka, Bangladesh, Pakistan. Una immigrazione poco visibile e che non crea turbative nella comunità ospitante.A loro si aggiungono alla fine degli anni ’60 numerosi studenti stranieri provenienti da altri paesi d’Europa, molti i giovani che arrivano dalla Grecia soprattutto in seguito al colpo di stato dei colonnelli del 1967, seguiti più tardi dagli Iraniani, che lasciano anche loro l’Iran per motivi politici, nel ’79, dopo la rivoluzione di Khomeini.In Sicilia, soprattutto nella zona occidentale intorno a Mazara del Vallo, in provincia di Ragusa, alla fine degli anni ’60 arrivano i tunisini che trovano occupazione principalmente nella pesca, in agricoltura e nell’edilizia, spesso si tratta di lavoratori clandestini, anche se negli anni l’incidenza degli stranieri residenti nella provincia supera il 3% contro l’1,4% nel resto del Sud Italia.

Dati immigrazione: le difficoltà nel conteggio degli immigrati

Per conoscere la presenza e la consistenza delle comunità migranti nel nostro paese bisogna analizzare l’ammontare dei permessi di soggiorno che rappresentano una preziosa fonte informativa non solo per capire l’evoluzione dei flussi nel tempo, ma anche per spiegare come sia nato il progetto migratorio a seconda che la richiesta sia per un permesso di lavoro o per motivi di famiglia. La rilevazione dei permessi forniti dalla questura viene raccolta dal Ministero dell’Interno, ma purtroppo i permessi di soggiorno forniscono una quantificazione incompleta della popolazione straniera regolare perché i minorenni stranieri non hanno un permesso individuale, in genere sono a carico dei genitori. Inoltre un’altra difficoltà è data dal fatto che in questo tipo di rilevazione non si tiene conto degli irregolari. A questi ultimi negli anni sono stati attribuiti, nei diversi studi, valori oscillanti da una grandezza, al suo doppio, al triplo fino ad addirittura a sette volte tanto. In realtà la stima più giusta è quella che più si avvicina alle domande presentate in occasione delle sanatorie. Dal 1986, anno della prima sanatoria, i permessi di soggiorno tendono a crescere a salti in occasione delle regolarizzazioni dei non registrati.

Una altra rilevazione disponibile è quella della popolazione anagrafica che indica i residenti stranieri cioè la componente stabile dell’immigrazione, che tiene conto anche dei minori. Le informazioni sulla componente regolare del fenomeno migratorio è importante perchè si riferisce alla parte più stabile della presenza straniera  che, nel nostro paese, tende, sempre di più, a essere maggioritaria. Va tenuto presente però che se l’iscrizione all’anagrafe avviene nell’ultimo periodo dell’anno, lo straniero potrebbe non essere conteggiato tra i residenti di quell’anno, mentre lo è nel conto dei permessi di soggiorno.

Nella raccolta di dati sulle migrazioni in Italia più si va indietro nel tempo più dati e informazioni scarseggiano, non sono confrontabili oltre che parzialmente attendibili.  E se ancora alla fine degli anni ’80 del secolo scorso l’lstat era costretto a stime sulla presenza straniera in Italia, a partire dagli anni ‘90 si è stati in grado di fornire informazioni che danno un quado di riferimento  articolato perché, con il passare del tempo, sono cresciute le fonti sia quantitative che qualitative.

Dati immigrazione: dall’Europa

Primi in ordine di tempo: l’immigrazione Jugoslava

Tra Italia e Jugoslavia a metà degli anni ’50 viene istituito un lasciapassare per i confinanti che consente di entrare nel paese  vicino. Questa facile mobilità favorì i lavoratori frontalieri. I permessi di soggiorno nel 1962 erano 416, nel 1971 arrivarono a 6.460 facendo della Jugoslavia il primo paese per numero di permessi. Un incremento nella presenza  di manodopera jugoslava si è avuto nel 1976 in occasione del terremoto del Friuli. A un decennio di distanza, nell’81, la Jugoslavia scende al il secondo con 6.472 permessi di lavoro, superata dall’Iran. Questo paese nel 1979 aveva visto salire al potere l’Ayatollah Khomenini con la conseguente fuga dal Iran di borghesia, studenti e oppositori del regime. Ma la vera impennata della presenza dei cittadini Jugoslavi si ha  in seguito alle guerre dei Balcani dal 1991 al 2001 che hanno portato alla dissoluzione dello stato Jugoslavo e alla richiesta di 22.335 permessi di soggiorno nel 1991 collocando la Jugoslavia al quarto posto per numero di richieste, e al settimo nel 2001 con 40.151.

Primi in assoluto: l’immigrazione Romena

Il 1 gennaio 2007 la Romania entra nell’Unione Europea e l’immigrazione verso l’Italia iniziata da qualche anno si incrementa in maniera esponenziale: da 69.999 nel 2001 i romeni presenti in Italia diventano 834.465 nel 2011 e 1.206.938 al 1 gennaio 2019. La presenza femminile supera il 50%, sono donne che lavorano nell’assistenza familiare, nella ristorazione e nel turismo. Gli uomini trovano occupazione soprattutto nell’edilizia. Sono più di 24.000 le società costituite da cittadini romeni e quasi 50mila le imprese individuali Nelle scuole gli allievi romeni sono oltre 160mila e gli studenti universitari quasi 8mila.

Al di là del mare: l’immigrazione Albanese

La comunità albanese è fra le comunità più radicate in Italia con un’immigrazione che ha preso il via all’inizio degli anni ’90 in concomitanza con lo sgretolarsi del regime comunista che dal dopoguerra aveva governato nel paese sulle rive dell’Adriatico. Gli Albanesi da anni si contendono il secondo posto per numero di regolarmente soggiornanti, 441.027 al 1 gennaio 2019, e permessi di soggiorno 428.322, con la comunità marocchina rispettivamente 434.169 permessi di soggiorno e 422.980 soggiornanti. Quella albanese è una comunità stabile composta in maniera equilibrata da uomini e donne e con un elevato numero di famiglie con figli, più del doppio rispetto alle altre nazionalità non comunitarie. Ma elevato e stabile è anche il numero dei Minori Stranieri Non Accompagnati che vede gli albanesi al primo posto, con il 22% delle presenze a giugno 2019.

Lavoro e protezione internazionale: l’immigrazione Ucraina

La comunità Ucraina si muove in controtendenza rispetto a quelle degli altri paesi: è composta prevalentemente da donne, quasi l’80%, di età medio alta, oltre il 40% ha più di 50 anni. Nel 2011 i permessi di soggiorno erano 209.681, al 1 gennaio 2019 sono più che raddoppiati essendo 234.058. I flussi migratori avviati con il crollo dei regimi nell’Europa Centro Orientale hanno portato povertà e sviluppato scelte migratorie soprattutto femminili, numerose donne sono emigrate da sole e ora svolgono lavori domestici o di cura e spesso alloggiano presso le famiglie dove lavorano. Ma dall’aprile 2014, in seguito allo scoppio della guerra del Donbass e alla conseguente guerra civile, si sono incrementate sensibilmente le migrazioni, non solo per lavoro ma anche per fare domanda di protezione internazionale, una richiesta  che coinvolge in egual misura donne e uomini.

Avanti le donne: l’immigrazione Moldava e Polacca

I primi permessi di soggiorno relativi alla comunità moldava risalgono al 1998, quando il paese attraversò una pesante crisi economica e in seguito alla transizione politica dovuta all’acquisita indipendenza dal URSS, si tratta quindi di un’immigrazione relativamente recente, prevalentemente femminile con alto tasso di scolarizzazione che al 1 gennaio 2019 si attesta su 129.666 permessi di soggiorno. La contrazione, riscontrabile negli ultimi anni, delle presenze della comunità moldava è riconducibile non solo a una diminuzione degli ingressi, ma anche al numero crescente di cittadini moldavi che hanno acquisito la cittadinanza italiana.

Nel 1971 i Polacchi occupano il quarto posto con 1.504 permessi di soggiorno, spinti ad espatriare dopo le crisi del 1956 e del 1968 che avevano colpito i paesi del blocco sovietico. Ma più consistente furono la fuga, agli inizi degli anni ’80 di attivisti di Solidarnosc dopo il colpo di stato del generale Jaruzelski e quella dopo il crollo del blocco sovietico, da allora l’emigrazione polacca non ebbe più carattere politico, ma economico e portò i polacchi a occupare, nel 1991, l’ottavo posto con 10.933 permessi di soggiorno.

 

Dati immigrazione: dall’Africa

Primi extracomunitari: l’immigrazione Marocchina

La comunità marocchina è da anni la prima, tra i paesi extracomunitari, per titolari di un permesso di soggiorno con 434.169 al 1° gennaio 2019. È fra le comunità straniere presenti da tempo in Italia e tra le più radicate sul territorio. Localizzata soprattutto in Lombardia e nel Nord Italia, all’inizio era prevalentemente una migrazione maschile, ma oggi si è raggiunto un equilibrio fra i generi. L’elevata quota dei minori testimonia la presenza di famiglie dove generalmente lavora solo l’uomo.

Andamento ondivago: l’immigrazione Tunisina

La comunità tunisina che nel 1991 era la seconda come numero di permessi di soggiorno, 31.881, nel 2001 scende al sesto posto con 45.972, nel 2011 ha 116.651 soggiornanti. Nello stesso anno viene firmato un accordo Italia Tunisia su sbarchi e rimpatri e nel 2019 i tunisini escono dai primi dieci posti per numerosità di presenze. Come si diceva è presente in Sicilia fin dagli anni ’60, gli uomini prevalgono ed è rilevante l’incidenza dei minori che arrivano ad essere quasi al il 30% della comunità.

Furono fra i primi: l’immigrazione Egiziana

Nel 1973 è l’anno in cui Anwar El Sadat, presidente dell’Egitto, vara la politica di apertura verso l’Occidente con uno spostamento dei rapporti internazionali dall’Unione Sovietica, fino ad allora privilegiata, agli Stati Uniti. Di conseguenza le migrazioni, che fino a quel momento erano state di personale qualificato che si spostava verso gli altri paesi arabi diventano prevalentemente di lavoratori privi di qualifiche che si dirigono in Europa. Nell’81 gli Egiziani sono al quinto posto gli fra gli extracomunitari presenti in Italia con 3.139 presenze, un flusso regolare nel tempo che porta la comunità egiziana a 110.171 residenti al 1 gennaio 2019, una popolazione prevalentemente maschile anche nell’occupazione, impegnata in maggioranza nel commercio e nella ristorazione.

 

Dati immigrazione: dall’Asia

Furono le prime: l’immigrazione Filippina

La comunità filippina occupa il terzo posto sia nell’81 che nel ’91 rispettivamente con 4.107 e 26.166 permessi di soggiorno, nel 2001 scende al quarto posto con 65.073 permessi e al sesto nel 2011 con 125.025, e cala di un posto nel 2019 con 161.829 permessi, una presenza costante nel tempo segno di una comunità radicata e di antica tradizione. Non è un caso che un terzo dei Filippini presenti in Italia abbia più di 45 anni e che siano prevalentemente donne con un alto tasso di occupazione. Il limitato incremento di  filippini deve tener conto del numero crescente di cittadini filippini che hanno acquisito la cittadinanza italiana negli ultimi anni.

Il più basso tasso di disoccupazione: l’immigrazione Cinese

Il 90% degli immigrati cinesi viene dallo Zhejiang meridionale, l’immigrazione è stata incoraggiata dalla nuova politica migratoria adottata dal governo dopo le riforme e dall’apertura economica del 1978.  Nel 1991 quando la comunità cinese entra per la prima volta fra le dieci principali comunità presenti in Italia conta  12.998 presenze. Oggi è al terzo posto per numero di presenze con 318.003 titolari di permessi di soggiorno al 1 gennaio 2019, con un incremento di poco meno di 100mila unità rispetto al 2011, in cui erano pari a 216.036. Con un equilibrio perfetto tra la componente maschile e femminile, la comunità cinese si caratterizza per il più basso tasso di disoccupazione  fra gli extracomunitari  ed è la seconda comunità per titolarità di imprese individuali, ma prima per il numero di imprenditrici donne.

In incremento: l’immigrazione Bangladese

La comunità bangladese rappresenta la settima comunità per numero di presenze tra i cittadini non comunitari in Italia,  è in continuo incremento di presenze, si è passati da 85.366 permessi di soggiorno nel 2011 a 145.707 al 1 gennaio 2019. Comunità prevalentemente maschile, più giovane della media degli extracomunitari, che si attestano sui 34 anni. I Bangladesi arrivano in Italia per lavoro e negli ultimi anni anche per fuggire dalla Libia che per alcuni anni è stata meta degli immigrati bangladesi. Localizzati prevalentemente a Roma, lavorano nel commercio e oltre il 30% è titolare di attività commerciali individuali. Buona parte dei  proventi del lavoro viene inviato a casa al punto che il Bangladesh è il paese che riceve maggiori rimesse dall’Italia.

Da paese di immigrazione a paese di asilo: l’immigrazione Giordana

L’inserimento estemporaneo della Giordania al settimo posto nell’81 con 2.411 permessi di soggiorno si può far risalire alla guerra scoppiata nel 1980 tra Iran e Iraq che vede la Giordania schierata con gli iracheni. Negli ultimi anni, in seguito alla guerra in Siria, la Giordania da paese di emigrazione è diventato paese di immigrazione e ospita 744.795 rifugiati(UNHCR dicembre 2019).

 

Dati immigrazione: dal Sud America

Se si escludono Argentina, Venezuela e Brasile che tra i permessi richiesti nel ’71 risultano ai primi posti, segno delle migrazioni di ritorno che dal secondo dopoguerra hanno contraddistinto l’Italia e si sono andate esaurendo negli anni ’70, nessun paese del Sud America entra, dal ’71 al 2019,  nelle prime dieci posizioni per numero di permessi di soggiorno. I latino americani tuttavia sono in crescita, soprattutto la comunità peruviana e ecuadoriana, in entrambe la componente femminile è prevalente ed è occupata nei servizi pubblici, sociali e alla persona. Sia la comunità peruviana che quella ecuadoriana sono localizzate prevalentemente in Lombardia.

Dati immigrazione: nuove comunità in crescita

Il numero di regolarmente soggiornanti in Italia al 1° gennaio 2019 è 5.255.503 pari all’8,7% della popolazione totale. L’immigrazione in Italia vede stabilizzarsi le presenze consolidate anche attraverso l’acquisizione della cittadinanza a fronte di una trasformazione dei flussi di ingresso. Aumentano i titoli di soggiorno legati alla richiesta o titolarità di una forma di protezione e quelli per motivi familiari. Queste dinamiche stanno mutando la geografia delle provenienze che vedono in crescita Nigeria, Gambia e Guinea. L’Italia è sempre più spesso vista, da chi fugge da situazioni di emergenza, come un paese che possa garantire protezione. (1.continua)

 

Nicoletta del PescoInfografiche Rosy D’Elia(18 marzo 2020)

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