Sudan: nuova guerra nel Paese tra conflitti civili e sfollati

Sudan: secondo l’UNHCR sono oltre 50 000 i profughi e 75 000 gli sfollati in fuga dai combattimenti che dal 15 aprile infiammano i territori settentrionali di uno Stato funestato da decenni di conflitti civili, dittature, accuse di genocidio e crisi umanitarie. Ma cosa sta succedendo nel Paese africano cui l’Unione Europea dal 2014 ha elargito 27 milioni di euro in fondi di cooperazione allo sviluppo – il “Processo di Khartoum” siglato proprio a Roma, seguito dal memorandum d’intesa Italia-Sudan del 2016 – in cambio del controllo delle rotte migratorie dal Corno d’Africa?

sudan guerra
Rifugiato sudanese nello sgombero di via Scorticabove del 2018. Foto di GMA per Piuculture

Sudan: chi sta combattendo e perché

Il 15 aprile scorso nelle regioni settentrionali del Paese sono scoppiati gli scontri tra l’esercito regolare (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF), eredi della famigerata milizia Janjaweed impiegata in Darfur, guidati rispettivamente dal generale Abdel Fattah al-Burhan, attuale presidente della Repubblica del Sudan, e il suo vice Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”.
Gli scontri di queste ultime settimane, che hanno causato fino ad ora 528 morti e 4 599 feriti, si inseriscono in un contesto politico complesso, contrassegnato da ben due colpi di stato attuati negli ultimi 4 anni: il primo nel 2019, guidato dal tenente Ahmed Awad Ibn Auf, in cui è stato deposto il presidente al-Bashir; e quello del 2021, che ha portato al potere il generale al-Burhan, con l’appoggio proprio del suo attuale rivale.
Tra le cause che hanno scatenato il conflitto, oltre al disaccordo sulla direzione politica del nuovo governo (Hemetti accusa al-Burhan di essere manovrato dai fondamentalisti islamici, ndr), anche il destino dei 100 000 miliziani RSF che Hemetti vorrebbe includere nell’esercito regolare, di fatto per controllarlo.

Profughi e sfollati

Il conflitto in corso ha già generato massicci spostamenti di persone provenienti principalmente dagli Stati di Khartoum, Nilo Azzurro, Kordofan settentrionale, Darfur settentrionale, Darfur occidentale e Darfur meridionale. I 75 0000 profughi segnalati fino ad ora da UNHCR si sono diretti principalmente negli stati limitrofi:

  • 20 000 in Ciad;
  • 16 000 in Egitto;
  • 13 292 in Sudan del Sud;
  • 1 300 in Repubblica Centrafricana.
sudan guerra
Il conflitto in Sudan. Fonte: Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA)

Si tratta di cifre destinate rapidamente a salire: l’UNHCR stima che circa 270 000 persone potrebbero fuggire solo in Sud Sudan e Ciad, due Paesi anch’essi contraddistinti da un contesto umanitario decisamente complesso.
In Etiopia, secondo l’OIM, tra il 21 e il 26 aprile sono stati registrati più di 4 700 arrivi a Metema. Coloro che arrivano in Etiopia dal Sudan sono di oltre 45 diverse nazionalità, poiché insieme ai cittadini sudanesi veri e propri fuggono anche gli stranieri presenti nel Paese: il gruppo più numeroso sono i cittadini turchi (32%), seguiti da etiopi (16%), sudanesi (9%) e somali (8%). Il quattordici per cento degli arrivi è rappresentato da minori.

Un Paese dipendente dagli aiuti umanitari

Nello stesso Sudan prima dello scoppio del conflitto, comunica l’Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), vivevano 16 milioni di persone bisognose di aiuti umanitari, un terzo dell’intera popolazione nazionale, assistite a vario titolo da agenzie ONU che, dopo lo scoppio del conflitto, hanno dovuto interrompere o rimodulare i propri progetti. Sono già stati 3 i morti tra gli operatori del programma alimentare mondiale durante un conflitto a fuoco nel Darfur settentrionale.
A rischio, secondo l’OMS, la rete sanitaria dell’intero Paese, anche se particolarmente grave è la situazione nella capitale Khartoum, dove il 61% delle strutture sanitarie è chiuso e solo il 16% funziona normalmente. Nelle zone interessate dagli scontri si registrano generalmente gravi carenze di cibo, acqua, medicine e carburante, e un accesso limitato alle comunicazioni e all’elettricità. Il prezzo degli articoli essenziali – così come il trasporto – è salito alle stelle.

La chiusura delle scuole ha costretto milioni di bambini a lasciare le loro classi, aggravando la situazione di un Paese in cui prima dell’inizio del conflitto 7 milioni di bambini non frequentavano la scuola e circa il 70% dei bambini di 10 anni non era in grado di leggere, come si legge nel comunicato congiunto di UNICEF, Save the Children e la dichiarazione di World Vision.

Le guerre civili sudanesi

Il Sudan è stato funestato da ben due lunghi conflitti civili nel corso del Novecento fino ai primi anni Duemila: si è protratta dal 1955 al 1972 la prima guerra civile sudanese, combattuta tra il governo centrale del Nord e le forze separatiste del Sud con circa mezzo milione di morti, seguita da una seconda guerra civile, 1983-2005, combattuta dalle stesse parti in conflitto, che ha causato quasi 2 milioni di morti e 4 milioni di profughi.
Il conflitto tra Nord e Sud del Paese affonda le sue origini fino al periodo della dominazione coloniale britannica, cessata nel 1955. Il governo coloniale, infatti, aveva privilegiato la parte settentrionale del Paese, di tradizione e cultura musulmana, rispetto al Sud animista e cattolico, pur dotato di ingenti giacimenti petroliferi e risorse idriche.
Soltanto con il referendum del 2011 il Sud Sudan è riuscito a ottenere l’indipendenza.

Darfur: tra conflitto interno e genocidio

Nell’aprile 2003, nel pieno della seconda guerra civile sudanese, ha inizio quello che viene definito da molti come l’ultimo genocidio dei nostri giorni, compiuto dal governo sudanese appoggiato dalle milizie di etnia araba Janjaweed, “demoni a cavallo”, contro la popolazione non araba e di etnia africana del Darfur. Le atroci e sistematiche violenze commesse nel conflitto dalle milizie Janjaweed, che hanno comportato un numero impressionante di morti e sfollati, hanno portato nel 2006 le Nazioni Unite e l’Unione Africana (UA) a intervenire con una missione congiunta di peacekeeping condotta da Caschi blu e da militari dell’UA, denominata United Nations–African Union Mission in Darfur (UNAMID).
Nel caso del Darfur, a differenza della coeva seconda guerra civile sudanese, il conflitto ha riguardato soltanto popolazioni musulmane. Con la Risoluzione 1564 del 2004 è intervenuto anche il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che ha istituito una Commissione d’Inchiesta sul Darfur per esprimere valutazioni sul conflitto in corso.

Nel luglio 2008 il procuratore della Corte Penale Internazione (CPI) ha accusato il presidente al-Bashir di essere il responsabile di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel Darfur del 2003, per aver dato supporto logistico alle milizie Janjaweed  e aver “ideato e implementato un piano per distruggere una parte consistente dei gruppi Fur, Masalit e Zaghawa, sulla base della loro etnia, manifestando un intento genocidario, mascherato con l’alibi della ‘controinsurrezione’ contro i tre gruppi di insorti”. Il mandato di arresto è stato emesso nel 2009 ma al momento Al-Bashir risulta ancora ricercato dalla CPI, seppure recluso nel carcere sudanese di Kober, a nord di Khartoum, dopo il golpe del 2019.

Soltanto con l’Accordo di Juba del 2020 si è arrivati a instaurare un processo di pace. Le rivalità tra i vari gruppi etnici della regione e l’instabilità politica cui è sottoposto l’intero Paese rendono tuttavia la pace decisamente precaria.

Il Sudan raccontato da Piuculture

Il Sud Sudan nella cooperazione Africa-Europa

AFRICA/EUROPA: due continenti, un futuro

I migranti sudanesi accolti da Baobab

Baobab la sentenza: assolti perché il fatto non sussiste

Le proteste seguite al golpe del 2019

Denunciare la violenza in piazza: il Sudan di cui nessuno parla

Lo sgombero dello stabile di via Scorticabove a Roma

Via Scorticabove: i 60 rifugiati sudanesi non vogliono separarsi

Il viaggio di Sunday, giovane sudanese

Centro A28: l’accoglienza dei minori diventa racconto

La storia di Omer Hassan, sudanese del Darfur

MedFilmFestival: Omer Hassan, identità e pace

“Michele Ricci school for life” per i bambini del Sud Sudan

Ricordare Michele, costruire il futuro del Sud Sudan

Cronologia

  • 1° gennaio 1956: indipendenza del Sudan dal Regno Unito.
  • 1955-1972: prima guerra civile sudanese, nord musulmano contro sud cristiano e animista.
  • 1969: “rivoluzione di maggio”, colpo di Stato militare del generale Ja’far al-Nimeyri con l’appoggio dei comunisti.
  • 1972: accordo di pace di Addis Abeba, con relativa autonomia delle regioni del Sud
  • 1983: al-Nimeyri impone la Shari’a su tutto il territorio sudanese.
  • 1983-2005: seconda guerra civile sudanese, governo centrale del Nord contro le forze indipendentiste del Sud.
  • 1985: nuovo colpo di stato ad opera del generale ‘Abd al-Rahman Suwwar al-Dhahab.
  • 1986: eletto presidente Sadiq al-Mahdi.
  • 1989: colpo di stato ad opera del colonnello Omar Hasan Ahmad al-Bashir, imposizione della legge islamica  e messa al bando tutti gli altri partiti politici
  • 1996: Omar al-Bashir è l’unico candidato alle elezioni politiche. Il Sudan diventa un sistema monopartitico guidato dal Partito del Congresso Nazionale (NCP) di forte impronta islamista.
    L’ONU sanziona il Sudan per il supposto coinvolgimento nell’attentato al presidente egiziano Mubārak dell’anno precedente.
  • 2000: scoppio di una grave siccità e conseguente carestia nel Sud del Paese.
  • 2002: con il Sudan Peace Act il governo degli Stati Uniti accusa -il Sudan di genocidio per l’uccisione di oltre 2 milioni di civili dal 1983 nel sud durante la guerra civile.
  • 2003-2020: conflitto nel Darfur tra governo centrale del Sudan e milizie Janjaweed contro gli insorti del Movimento per la Liberazione del Sudan (SLM) e del Movimento Giustizia ed Uguaglianza (JEM).
  • 2004: con la Risoluzione 1564 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU istituisce una Commissione d’Inchiesta sul Darfur, incaricata di esprimere valutazioni sul conflitto in Sudan.
  • 2005: con l’Accordo di Naivasha, o Comprehensive Peace Agreement (CPA), viene posta fine alla seconda guerra civile sudanese. Il Sudan del Sud godrà di autonomia per 6 anni, cui farà seguito un referendum per sancire o meno l’indipendenza.
  • 2006: missione congiunta UNIMAD, tra Caschi blu ONU e forze militari dell’Unione Africana.
  • 2008: il procuratore della Corte Penale Internazionale accusa al-Bashir di essere il responsabile di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
  • 2009: mandato di arresto per al-Bashir e i capi Janjaweed.
  • 2011: il referendum sancisce l’indipendenza del Sud Sudan, che diventa Stato autonomo membro dell’Assemblea Generale ONU.
  • 2019: sommosse popolari portano alla destituzione di al-Bashir, colpo di stato a opera del Tenente Generale Ahmed Awad Ibn Auf. Il giorno dopo il golpe nomina come suo successore il generale Abdel Fattah Abdelrahman Burhan alla guida del Consiglio militare di transizione.
  • 2019-2021: governo di Abdalla Hamdok.
  • 2021: il 25 ottobre un nuovo golpe organizzato dal generale Abdel Fattah Abdelrahman Burhan destituisce il primo ministro Hamdok. Il generale al-Burhan è Presidente della Repubblica del Sudan.
  • 2023: il 15 aprile iniziano gli scontri tra le forze armate regolari (SAF) guidate dal generale al-Burhan e le Forze di Supporto Rapido (RSF) di Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, ex-vice di al-Burhan.

Alcuni dati

Popolazione: 41 682 000 abitanti su un territorio di 1 844 797 km².
Etnie: arabi con minoranze nilotiche. Le popolazioni del Darfur si suddividono nelle quattro etnie più numerose degli Zagawa, Mazalit, Tama e Fūr.
Religione: Islam, professata dal 97% della popolazione.
Lingua: arabo e inglese, con minoranze linguistiche nubiane.
Economia:
esporta principalmente petrolio e prodotti petroliferi, cotone, sesamo, arachidi, gomma arabica, zucchero e bestiame verso Cina (40,9%), Arabia Saudita (17,2%) e gli Emirati Arabi Uniti (5,4%). Importa invece prodotti alimentari, manufatti, attrezzature meccaniche per la raffinazione e il trasporto, medicinali e sostanze chimiche, tessili e grano da Arabia Saudita (16,3%), Cina (14,2%), Regno Unito (5%), Germania (4,9%), India (4,8%), Francia (4,1%).
Sudanesi in Italia: 2 444, in prevalenza uomini – dati ISTAT aggiornati al 1° gennaio 2022. Rappresentano lo 0,05% dei cittadini stranieri in Italia.
Richieste di asilo presentate in Italia: 350 richieste di asilo presentate nel corso del 2021, secondo i dati forniti dalla Commissione Nazionale per il diritto di asilo. Il 52% ha ottenuto un diniego, il 28% lo status di rifugiato, il 17% la protezione sussidiaria, il 3% la protezione speciale.


👉Il Processo di Khartoum avviato nel 2014 tra UE e Sudan
👉Il Memorandum d’intesa Italia-Sudan del 2016


Silvia Proietti
(30 aprile 2023)

Leggi anche: