Dieci domande sull’immigrazione: il fact checking dell’Ispi

 

Fact checking Ispi: dieci risposte sull’immigrazione

La pandemia da covid-19 ha influito sul numero di partenze e sbarchi? La situazione in Libia è migliorata? Ma soprattutto: l’immigrazione in Italia è ancora un’emergenza? A queste e ad altre domande risponde l’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, attraverso il fact checking annuale sulle migrazioni a cura del ricercatore Matteo Villa. A dieci domande corrispondono altrettante risposte utili a sfatare, laddove necessario, alcuni miti legati al fenomeno migratorio ma anche a spiegare le policy italiane ed europee. Inoltre, per ogni notizia confermata o smentita, una serie di approfondimenti sui temi a firma della redazione Piuculture.

Fact checking Ispi su immigrazione: sarà vero o no?

Sbarchi: è di nuovo emergenza? Dipende

Se si provasse ad immaginare una linea temporale di una decade che ripercorre gli sbarchi di migranti in Italia sicuramente i momenti salienti sarebbero:

  • 2011, con le agitazioni delle Primavere arabe e in particolare la Rivoluzione tunisina, durante il quale 60.000 stranieri raggiunsero le coste italiane;
  • 2014-2017, gli anni degli accordi stretti con la Libia dal ministro dell’interno Minniti, durante i quali si registrarono tra i 110.000 e i 180.000 sbarchi ogni anno;
  • 2019 anno in cui si raggiunse un minimo storico di ingressi, 11.000, a causa dell’entrata in vigore dei Decreti Sicurezza.

Nel corso degli ultimi 12 mesi si sono registrate 45.000 persone sbarcate in Italia, un numero sicuramente condizionato dalla pandemia che ha influito sulla qualità della vita nei Paesi di partenza. Secondo una previsione, sembrerebbe che i numeri si siano stabilizzando sulle 50.000 persone l’anno dato che confermerebbe che no, non ci sia da temere una “invasione”.


Per approfondire:
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Fact Checking immigrazione: sbarchi e accoglienza in numeri
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 Il sistema di accoglienza italiano è sotto pressione? No

Nonostante la confusione che può aver provocato il continuo cambio di nome, da Sprar a Siproimi a Sai, il sistema di accoglienza italiano in struttura è ancora lontano dal collasso. Basti pensare che rispetto all’ottobre 2017, quando gli stranieri beneficiari erano 191.000, oggi c’è stata una riduzione degli ingressi del 60% con 76.000 ospiti nelle strutture seppur negli ultimi mesi si è registrato un primo aumento delle presenze. Un dato comunque non preoccupante considerando che anche il sistema di accoglienza diffusa accoglie solo 25.000 persone sulle 76.000 presenti.


Per approfondire:
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L’accoglienza tra attesa di cambiamento e esclusione
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L’aumento degli sbarchi c’entra con le attività delle ONG? No

Che le Ong non favoriscano il numero degli arrivi è stato reso evidente dal numero degli ingressi mensili registrati quando era Ministro dell’Interno Salvini, poi con Lamorgese: gli sbarchi mensili sono stati rispettivamente 1.000 e 2.600. In entrambe le gestioni il ruolo delle Ong è stato molto marginale: arrivano con il contributo delle Ong il 15% sul totale degli sbarchi. Pertanto, 9 sbarchi su 10 si concludono ancora senza l’aiuto delle Ong.


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Aumento degli sbarchi: c’entra il Covid-19?

La pandemia ha inevitabilmente influito sulla qualità della vita nei Paesi di partenza, fornendo un motivo in più per viaggiare irregolarmente alla volta della frontiera sudeuropea. Il numero delle presenze è aumentato sia per l’Italia che per la Spagna. Un ulteriore trend individuato è quello della regionalizzazione delle rotte irregolari, per cui i migranti percorrono dei tragitti più brevi rispetto a prima, in particolare la comunità tunisina in arrivo in Italia si attesta sui 13.000 presenze nel 2020 contro i 2.600 dell’anno precedente.


Per approfondire:
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Libia: le cose vanno meglio? No

I numeri di detenuti stranieri nelle carceri libiche ufficiali supera le 5.000 presenze. A preoccupare, però, sono le diverse migliaia di persone bloccate illegalmente nei centri di detenzione non ufficiali. La detenzione non comporta solo un freno alla libertà, quanto l’obbligo di subire torture e violenze che tantissime organizzazioni internazioneli, come Oim e Unhcr, hanno provato a denunciare.


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L’Italia è ancora “lasciata sola” dall’Europa?

Lo scorso settembre è stato presentato in Commissione il Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, criticato per l’apparente assenza di innovazione mentre a giugno l’Italia, in vista del Consiglio europeo, aveva richiesto l’inserimento in agenda del tema con il risultato di non riuscire a portare a casa nuove proposte rispetto la riattivazione degli accordi sui ricollocamenti.


Per approfondire:
Draghi: “nessuno deve essere lasciato solo nelle acque italiane”
Migranti e UE, quale piano per l’integrazione e l’inclusione? 
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Il numero di stranieri in Italia continua a crescere? No

L’attenzione mediatica sugli sbarchi degli ultimi anni ha fatto crescere l’errata idea che gli stranieri in Italia siano aumentati. In realtà, dal 2014 il numero di cittadini è rimasto stabile. Conteggiando anche gli stranieri irregolari la presenza complessiva è passata da 5,27 a 5,56 milioni di persone, con un aumento del 6%.


Per approfondire:
Quanti sono gli immigrati in Italia? I dati 2021 sulle comunità 
Dati immigrazione 1970-2020: mezzo secolo di accoglienza 
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Asilo: proteggiamo ancora come prima? No

Con il Decreto sicurezza del 2018, la protezione umanitaria è stata sostituita dalla “protezione speciale”, una misura molto meno attenta e inclusiva rispetto alla prima. Di conseguenza le richieste di permessi per questo tipo protezione sono diminuiti dal 28% nel periodo 2005-2017 sino all’1% a seguito dell’inserimento della “protezione speciale”. Sono inoltre aumentati i rifiuti per la protezione internazionale, quindi se prima l’Italia concedeva asilo, protezione sussidiaria e umanitaria a quattro stranieri su dieci ora il tasso di protezione è arrivato a due su dieci richiedenti. L’impatto negativo di questa misura è stato il numero di irregolari, circa 40.000, che con le misure precedenti avrebbero ottenuto la protezione umanitaria.


Per approfondire:
Campagna Paradosso all’italiana: l’applicazione del d.l 130/2020
Decreto Sicurezza passa alla Camera. Le conseguenze  
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Integrare chi sbarca è difficile?

I migranti che arrivano in Italia alla ricerca di un lavoro, i “migranti economici” registrano tassi di occupazione alti nei primi due anni dal loro ingresso; l’80% di loro riesce a trovare subito un’occupazione. Allo stesso tempo, i rifugiati e le persone arrivate per ricongiungimento familiare riescono a trovare un’occupazione in un periodo di cinque anni e solo nel 30% dei casi. In particolare, per i rifugiati arrivati da soli la situazione si complica ulteriormente inficiando la possibilità di integrarsi nel mondo del lavoro. Per loro i tempi sino all’occupazione sono ulteriormente dilatati, raggiungendo il livello dei migranti economici solo dopo venti anni dall’ingresso nel Paese.


Per approfondire:
Lavoratori stranieri in Italia: il X rapporto del Ministero del Lavoro
La precarietà dei lavoratori stranieri nella crisi coronavirus 
Un’analisi sul lavoro domestico in Italia e i suoi sviluppi 


Ci sono sufficienti canali regolari? No

I canali regolari che l’Italia adotta per garantire l’accesso nel Paese a cittadini extracomunitari sono i “decreti flussi” annuali, quote di permessi prestabiliti per lavoratori stagionali. Esclusa questa misura, che in ogni caso rischia di non offrire posti sufficienti, i canali regolari nostrani sono ridotti.


Per approfondire:
– Decreto Flussi 2020: ingressi per 30.850 lavoratori non comunitari 
Regolarizzazioni: come valutano il decreto i sindacati?
Contro caporalato e agromafie più cultura della legalità e solidarietà


Per leggere il Fact Checking completo. 

Giada Stallone
(14 luglio 2021)